A Discovery of Witches è una serie tv basata sulla trilogia All Souls scritta da Deborah Harkness, pubblicata tra il 2011 e il 2014. Premetto che recensirò la serie senza avere letto i libri, quindi non coglierò eventuali riferimenti/differenze. La serie parla della protagonista Diana Bishop, ricercatrice in storia della scienza (e dell’alchimia) che durante una ricerca a Oxford scopre un antico manoscritto incantato, che altre creature sovrannaturali (streghe, vampiri e demoni) stavano cercando da secoli. La serie si presenta con la ormai classica (eh si, purtroppo) struttura alla Twilight. Giovane protagonista incontra affascinante creatura della notte di sesso maschile, nasce il grande ammmmore, altre creature della notte disapprovano perché sono malvagie-malvagione, ma l’ammmore trionferà (*Tale as old as Time riecheggia in sottofondo* 😀 ). Quello che si può dire di questa prima stagione è che ci sia stato un concreto sforzo di evitare cliché tipici del genere nonché di prendere le distanze rispetto a problematiche che Twilight ignorava (come ad esempio l’evidente pedofilia dell’ultracentenario Edward nei confronti di una diciassettenne).

Partiamo dai personaggi: la protagonista, interpretata piuttosto bene da Teresa Palmer, è presentata non solo come una persona competente ma anche dalla personalità piuttosto attiva, in contrasto con la passività tipica delle eroine del genere (Twilight, ma anche The Vampire Diaries e Shadowhunters, vedi recensioni sul sito). L’attraente mascolo di turno, Mathiéu de Clairmont, meravigliosamente interpretato da Matthew Goode, è piuttosto aggressivo ma non privo di quella complessità che lo rende interessante. Si tratta di un personaggio che ha molto da dire e che mi ha onestamente sorpreso per la quantità di sfumature che sono riusciti a dargli (e che Matthew Goode è riuscito a far risaltare). I comprimari sono quasi tutti all’altezza della situazione, menzione d’onore alla giovane Malin Buska, che interpreta Satu.

L’ambientazione è forse l’aspetto che distanza maggiormente la serie dai prodotti simili di genere: c’è un tentativo di creare un’ambientazione coerente. L’autrice è una professoressa di storia moderna, e si vede che ha cercato di creare un mondo con una sua coerenza interna: non solo ma è un mondo sovrannaturale in profondo declino, in molte cose ricorda il World of Darkness (Vampiri, ma anche Mage e il discorso sulla fine della magia e il trionfo della Ragione). Questo tema del declino è uno dei motori principali della trama, e ritorna continuamente nelle storie e nei background dei vari personaggi, nonché nelle interazioni tra streghe, vampiri e demoni (le tre tipologie di creature sovrannaturali).

Da un punto di vista visivo, la serie di nuovo si differenzia non tanto per la fotografia, quanto per i luoghi. Dove serie di genere hanno sfondi molto generici (che siano urbani come Shadowhunters o suburbani come The Vampire Diaries), ADOW opta per scenari pieni di atmosfera tra Oxford, Venezia e castelli medioevali. Al di là della innegabile bellezza dello sfondo, luoghi simili aiutano molto l’atmosfera gotica che la serie vuole creare (qui c’è il trailer tanto per darvi un’idea di cosa intendo, i luoghi creano atmosfera quasi da soli: https://www.youtube.com/watch?v=XNWxltj58MQ ).

Ora che ho detto meraviglie della serie, passiamo ai problemi. Innanzitutto la colonna sonora: suggerisco rispettosamente di licenziare chiunque abbia messo insieme quella colonna sonora e metterci qualcuno di competente. Buona parte delle musiche hanno la tendenza ad essere decisamente fuori luogo e in netto contrasto con l’atmosfera che la serie cerca (e in buona parte riesce) a creare. Un secondo problema della serie è nel compiacimento di se stessa: è sicuramente qualcosa di non unico a ADOW (Game of Thrones, Walking Dead, Handmaid’s Tale, e chi più ne ha, più ne metta) ma in certe scene dà un po’ fastidio, e soprattutto danneggia l’esposizione. Evitando spoiler, un evento accaduto nel sesto episodio avrebbe dovuto essere stato spiegato subito, invece viene spiegato dopo (nel settimo e nell’ottavo) per dare spazio a inutili scene di compiacimento, ottenendo l’effetto di confondere oltremodo lo spettatore.
Infine, ho parlato bene dei luoghi, ora parliamo male della fotografia. Capisco i problemi di budget, ma le creature sovrannaturali sono un po’ troppo normali: se non si presentassero come vampiri/demoni/streghe sarebbero persone normalissime. In un certo senso qualcosa che rispecchia una delle tematiche della serie, ovvero che queste creature si nascondono “in plain sight” ovvero sotto il naso degli umani, però avrei preferito un pochino più di inventiva da parte del reparto grafico. Le uniche eccezioni sono i già nominati Mathiéu e Satu (e, questo va detto, alcuni dei comprimari), che hanno quest’aria mistica e vagamente inquietante (per cui, nonostante il loro aspetto mondano, non hai il minimo dubbio che siano creature sovrannaturali), ma tendo ad attribuirlo più alla performance degli attori che a decisioni di fotografia o di regia.

In conclusione, è una serie che raccomando: si, ci sono dei problemi ma la serie è comunque piuttosto divertente, c’è tensione nel corso delle otto puntate, e anche la storia d’amore, che ovviamente riceve molto spazio, è comunque carina e non eccessivamente stucchevole, restando comunque ancorata a una trama principale più importante. La serie è stata per il momento rinnovata per una seconda stagione.

Voto: 7,5

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