Sono capitato per caso su questo film di guerra del 2006, una relativamente sconosciuta produzione olandese diretta però dal regista del quarto uomo e di Robocop (Paul Verhoeven) e che ha come attrice protagonista Carice Van Houten (più nota come Melisandre nel Trono di Spade). Avendomi incuriosito, ho deciso di guardarlo: premetto che ho guardato il film da storico e posso quindi avere delle lamentele (o degli apprezzamenti) che solo qualcuno che ha studiato il periodo può cogliere; ovvero, detto come va detto, sono estremamente puntiglioso sulla filologia storica, un elemento ultimamente bistrattato (per non dire stuprato senza ritegno) dal cinema americano (Dunkirk è l’esempio più becero e spregevole di questa tendenza, ma anche Darkest Hour, il film biografico su Churchill).
Detto questo, veniamo al film: devo parlare bene sia della colonna sonora che della fotografia. Probabilmente a causa di un budget non eccessivo, il regista ha preferito una fotografia asciutta, che favorisce il ritmo serrato della narrazione, inserendo canzoni dell’epoca per dare al film un taglio unico o comunque particolare. C’è una chiara ispirazione a “Il Pianista”, il film di Polanski del 2002, ma il film va in una direzione diversa, quindi non sembra una scopiazzatura ma piuttosto un omaggio. C’è anche una profonda differenza di stile: la fotografia è piena di colori brillanti ed è complessivamente molto gradevole alla vista, e gli ambienti sono spesso ricreati pari pari da foto o filmati dell’epoca, e come storico posso apprezzare l’attenzione filologica al dettaglio.
Parlando della trama, il film narra le vicende di Rachel Stein (personaggio immaginario), cantante ebrea nell’Olanda occupata dai nazisti e di un complotto spionistico tra la Resistenza olandese, gli occupanti nazisti e gli Alleati. Il film drammatizza eventi storici però lo fa in modo rispettoso (contrariamente al sopra citato Dunkirk) mostrando un impietoso e cinico ritratto dell’Olanda e della complicità nazionale nell’Olocausto (senza però ridurre né i Tedeschi né gli Alleati a stereotipi). Il film ha ricevuto una meritata nomination a un Bafta e ha assicurato una carriera non solo all’attrice protagonista ma anche a Sebastian Koch (che interpreta Ludwig Muentze) e a diversi comprimari.
Devo però parlare di alcuni difetti, in primis il film è decisamente troppo lungo: se durava mezz’ora di meno non sarebbe morto nessuno, ed è tutto dire considerando la quantità di morti che c’è nel film 😀 Seriamente, l’attenzione ai personaggi e alla drammatizzazione degli eventi non è sempre integrata bene con il ritmo della narrazione, risultando in eventi scontati (come la bella famigliola ebrea che si ritrova insieme tutta felice a metà del 1944 e al ventesimo minuto di film, sicuramente arriveranno alla fine del film, anzi con loro ci saranno anche Han Solo dal Risveglio della Forza e la guardia mangiatrice di ciambelle a poche dalla pensione di Jurassic World 😀 ) o in scene che tirano molto per le lunghe (come la prima volta in cui lei va a fare la spia, la scena non finisce mai).
Infine, c’è una scena alla fine che non mi è piaciuta: evitando spoiler, è una scena di umiliazione gratuita per la protagonista che, oltre a essere (nuovamente) troppo lunga, è anche vagamente compiacente dell’orrore. Capisco l’intento morale, ma è un punto in cui il film va troppo, troppo oltre. Non ha rovinato il film per me, ma è stato decisamente un elemento di fastidio, ed eccessivo, stereotipato rispetto al tono generale del film, che invece, come ho detto sopra, è abbastanza bilanciato.
In conclusione, ne raccomando la visione, è un film di guerra girato e recitato in modo competente, e con una trama divertente e piena di soprese, per quanto un po’ lunga. Contrariamente a Operazione Valchiria (2008), non narra eventi realmente accaduti ma si ispira ad essi, eppure, come Operazione Valchiria, mostra un inequivocabile rispetto per i fatti storici.
Voto: 7,5
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