La Lacrima di Pietra

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  • #4189
     Elan 
    Partecipante

    L’ALLEANZA
    Re Varian Wrynn non era mai stato un uomo pacato. Da quando aveva preso il suo legittimo posto sul trono di Stormwind, a capo dell’Alleanza, aveva intrapreso più e più volte con successo diverse campagne contro i nemici più disparati.
    Onyxia e suo fratello Blackwing, i malvagi draghi dello Stormo Nero le cui teste scheletriche decoravano ancora le mura della Capitale, Illidan Stormrage, il traditore, e persino il decaduto Principe Arthas. Si era occupato personalmente della campagna nel Northrend, ma quando quei pazzi dei Forsaken erano caduti sotto l’influsso demoniaco di Varimanthras era dovuto rientrare velocemente a Stormwind, così da trovare una soluzione per limitare i danni.
    Aveva affidato a Jaina Prodmourne la campagna contro il Re dei Lich ma, nonostante il vittorioso risultato, né lei né gli eroi che la affiancavano avevano ancora fatto ritorno.

    Ed ora questo.
    Era la terra il suo nemico, questa volta, una terra per cui tanto aveva lottato e che tanto aveva difeso, e che ora si rivoltava contro di lui, uccidendo la sua gente, massacrando le speranze di tutti coloro che tante volte si erano rivolti a lui per un’ultima disperata difesa.
    Ma come poteva difenderli da un nemico del genere?
    Erano questi i pensieri del Re di Stormwind, mentre nervosamente camminava nell’immensa sala del concilio, ascoltando i resoconti dei suoi più fidati consiglieri.
    Il druido Malfurion e la Sacerdotessa Tyrande sembravano i più preoccupati per tutti quei disastri climatici, comprensibilmente visto il loro intenso legame con la natura, ma anche il Profeta Velen era turbato da ciò che stava accadendo.
    “Ho visto una distruzione del genere solo una volta, Sire…” disse con la sua voce sempre calma “Ed è stato quando Draenor è stata distrutta. Ma nulla di ciò che è avvenuto lì è stato naturale, e ritengo che anche in questa occasione la colpa sia da attribuire ad un nemico che non riusciamo ancora ad identificare.”
    Il Re annuì stancamente.
    Non era nuova questa teoria: molti dei villici delle zone colpite più duramente avevano parlato come di una gigantesca ombra nera che era calata sopra le loro teste, poco prima che la terra si spaccasse di fronte a loro. Nessuno era stato in grado di identificarla, ma la sensazione che avevano provato era per tutti la stessa: terrore, impotenza, e la certezza che la morte sarebbe sopraggiunta a breve.

    “Dovremo preoccuparci più dell’Orda che di questi terremoti!” sbottò Greymane. Il protettore di Gilneas non aveva mai accettato la tregua con l’Orda, al contrario di molti dei suoi Worgen. “I Forsaken hanno dato attacco alla mia città, hanno straziato la mia gente…”
    “Basta così Genn!” tuonò potente Varian, facendo calare il silenzio nella sala “L’Orda ha cacciato i Forsaken dai propri ranghi, e Thrall stesso è venuto in tuo aiuto quando la tua città è stata presa d’assedio! I Forsaken verranno puniti per ciò che avranno fatto, ma non è lottando contro l’Orda che otterrai la tua vendetta, adesso.”
    Il Worgen, l’aspetto di lupo perennemente celato forse per vergogna, sbuffò seccato, ma non ebbe più il coraggio di parlare.
    Varian sapeva bene che quella calma non sarebbe durata a lungo. Unire le forze con l’Orda, dare vita a quella tregua, era stata una mossa azzardata. Ma nonostante gli iniziali dubbi i vantaggi erano stati evidenti, e non si sarebbe rimangiato la parola data nemmeno se Genn Greymane fosse arrivato a minacciarlo direttamente.
    “Sire, se permettete…” era stato Magni Bronzebeard a prendere la parola. Il Sovrano dei Nani sembrava particolarmente stanco e preoccupato, ma il Re di Stormwind rispettava moltissimo il suo parere, e gli fece cenno di prendersi il suo tempo prima di parlare.

    “Questo Cataclisma sta affliggendo moltissimo la mia gente. So che in diverse parti di Azeroth la terra si sta spaccando, ma a Loch Modan sta succedendo qualcosa di… insolito…”
    Varian Wrynn alzò un sopracciglio perplesso, esortandol a proseguire.
    “Una strana nebbia ha iniziato ad alzarsi dalle acque del lago.” spiegò dunque il nano. “Inizialmente nessuno ci ha dato troppa importanza, molti pensavano fosse via di questo calore innaturale, ma adesso…” scosse la testa.
    “Coloro che abitano più vicini alle rive del lago hanno iniziato a trasformarsi in statue di pietra! Persone, animali, piante… l’intera Thelsamar si è trasformata in un cimitero di pietra.” quella rivelazione fece calare il silenzio nella sala.
    “Loch Modan è una terra di condadini e pescatori, Sire, gente semplice, forse un po’ troppo superstiziosa… ma se la nebbia non verrà arresata potrebbe spazzare via l’intera regione! E forse tutta Azeroth!”
    Dal silenzio che si era venuto a creare si alzò un intenso vociare.
    Dovevano sigillare la zona, innalzando una barriera che l’avrebbe tagliata fuori dal resto del mondo!
    Dovevano prosciugare il lago, sicuramente la colpa era delle acque infette!
    Dovevano sterminare i murloc che vivevano sulle sue rive, e che sicuramente erano la causa di quella tragedia!
    Varian fu sommerso da tutte queste proposte dettate dal panico, ma nessuna sarebbe stata accettabile senza prima un’adeguata analisi di ciò che stava succedendo..

    “Lord Varian…” nella confusione generale che si era creata, la voce di Tyrande Whisperwind improvvisamente risuonò più forte della altre. La Sacerdotessa di Elune sembrava sempre avvolta da un aura di mistero e di pace, sicuramente grazie alla benedizione della Dea che non la abbandonava nemmeno un secondo.
    “Lasciate che mandi un gruppo di uomini fidati ad analizzare cosa sta accadendo nella zona. Hanno lavorato spesso insieme, e sono certa che saranno in grado di gestire qualsiasi minaccia nella maniera più appropriata. La Luce di Elune li accompagna, e non condanneranno inutilmente la gente di Loch Modan.”
    Fece un cenno alle sue spalle, e due Elfi della Notte e due Draenei si fecero avanti, inchinandosi prontamente di fronte al Re.
    “Alliria e Thaidan Feathersong, sacerdotessa di Elune e druido cresciuto con gli insegnamenti del saggio Cenarius, Gahain Firebrand e Nathaniel, entrambi superstiti di Shattrath.” presentò prima i due Elfi della Notte, un uomo ed una donna, e poi i Draenei. Velen era rimasto in silenzio durante tutta la presentazione, ma una volta terminata annuì seriamente, come se avesse valutato personalmente la questione insieme alla Somma Sacerdotessa di Elune.
    Il Re di Stormwind valutò il piccolo gruppo in silenzio. Sembrava una soluzione ragionevole, ma sarebbero stati veramente in grado di affrontare le minacce che avrebbero potuto trovare in quella zona? Sarebbero stati in grado di diventare i nuovi eroi dell’Alleanza?

    I pensieri di Re Varian Wrynn vennero bruscamente interrotti dalla più potente esplosione che avesse mai sentito.
    L’intera Stormwind prese a tremare, fiamme e calore pervasero l’aria, rendendola irrespirabile e, dalle finestre, il sole si oscurò come se la notte fosse improvvisamente calata sulla città.
    “La morte è arrivata anche a Stormwind…” sussurrò Genn Greymane, allontanandosi dalle finestre terrorizzato.
    Re Varian corse allora fuori dalla sala, seguito dai suoi consiglieri, e si bloccò solo una volta raggiunta la piazza di Stormwind.
    La Capitale era stata devastata!
    L’ala mercantile della città era stata spazzata via, come se la lava fosse piovuta dal cielo, sommergendola, e le alte mure splendenti erano ridotte quasi interamente in macerie.
    L’oscurità sembrava non dover passare mai, ma dopo lunghissimi minuti sentirono il boato come di un potente tuono, ed il sole riprese a splendere in cielo. La gente di Stormwind era terrorizzata, ferita… gli uomini chiamavano le loro famiglie, e già i sacerdoti si riversavano nelle strade per curare i feriti, mentre i maghi erano all’opera per contenere i danni dell’ala mercantile, sollevando macerie e detriti nella speranza di poter ancora salvare qualcuno.
    Ma il Re dell’Alleanza era stato colpito da ben altro dettaglio, ed il suo volto era pallido e spaventato: le teste scheletriche di Onyxia e Blackwing erano sparite, sostituite da corpi inanimati di creature di pietra…
    “Manda a Loch Modan i tuoi uomini, Tyrande…” disse con un filo di voce. “E che la Luce possa proteggerci tutti.”

    L’ORDA
    Da quando Thrall aveva lasciato Orgrimmar, richiamato dal Circolo della Terra per studiare il precario equilibrio in cui si trovava il Maelstorm, l’aria stessa sembrava essere cambiata.
    Cairne Bloodhoof, il nuovo capo dell’Orda, avvertiva più di tutti questo cambiamento e non poteva che esserne turbato. Tutti avevano accettato la sua guida senza problemi, acclamandolo come nuovo Warchief con rispetto ed orgoglio… tutti tranne uno.
    Il Tauren era certo che non avrebbe mai potuto dimenticare lo sguardo di fuoco di Garrosh Hellscream: non l’aveva minacciato, non aveva messo in discussione la sua autorità, ma i suoi occhi erano piedi di odio quando aveva lasciato la capitale… e, prima o poi, quell’odio sarebbe dovuto esplodere…

    Il nobile Tauren non riusciva a togliersi quei pensieri di testa nemmeno in quel momento, nemmeno ora che la Madre Terra tremava, scossa da un dolore che sembrava tormentarla dall’interno.
    “Dobbiamo trovare una soluzione per ciò che sta accadendo, Boss Mon” disse Vol’Jin, il leader dei Troll, con la sua strana cadenza.
    La tribù dei Darkspear era stata forse quella che più aveva sofferto per gli ultimi eventi. Con fatica erano riusciti a impossessarsi nuovamente delle isole Echo, cacciando i Naga che le avevano infestate. Ma quei terribili terremoti avevano spaccato la terra sotto i loro piedi, e le acque si erano riversate sopra di loro, spazzando via chiunque non fosse riuscito a mettersi in salvo per tempo.
    Cairne aveva dato rifugio ai sopravvissuti, riservando loro una zona nella Valle degli Spiriti, ma i danni per la tribù erano stati incalcolabili.
    “Anche nell’altro continente le cose vanno male, Boss Mon. Le montagne si spaccano, e il fuoco esce dalla terra. Azeroth sta morendo.”
    Azeroth sta morendo…
    Quelle parole erano talmente preoccupanti che il Warchief grugnì, chiudendo gli occhi come se fosse stato personalmente ferito. Potevano combattere gli avversari più temibili, ma come avrebbero potuto affrontare la morte del loro pianeta?

    “Warchief… la situazione è molto più grave nelle Terre Occidentali…” Cairne aveva capito, nel tempo, che Lor’Themar Teron, il Reggente di Silvermoon, non parlava mai molto spesso. Era un leader pacato e silenzioso, riflessivo, che pensava molto prima di agire.
    Per questo Cairne lo rispettava, ma non potevano occuparsi dei problemi di entrambi i continenti, ed era certo che l’Alleanza si fosse mobilitata a sua volta.
    “Non possiamo occuparci anche del Continente Occidentale, Reggente.” spiegò il Warchief con voce tranquilla. “Le nostre terre sono altrettanto in pericolo, e se non troviamo una Cura per il nostro pianeta, potrebbe essere la fine per chiunque.”
    Lor’Themar scosse la testa.
    “Non è così semplice, Warchief. Le notizie dal Circolo della Terra sono preoccupanti. Il Generale Saurfang ha riferito che uno dei loro Shamani oggi è giunto ad Orgrimmar in cerca di aiuto…” disse, esitando.
    Il tauren alzò un sopracciglio, perplesso, e lo invitò a continuare.
    “Sembra che il Maelstorm non sia l’unica minaccia al nostro mondo…” spiegò il Reggente “A Loch Modan, nel Continente Occidentale, dalle acque del Lago ha iniziato ad alzarsi una nebbia malsana. Nessuno vi ha inizialmente fatto caso, credendo fosse colpa di questo caldo innaturale. Ma adesso la situazione sembra essere precipitata… l’intera Thelsamar si è tramutata in una città di statue di pietra…”
    Cairne tacque.
    Capiva l’urgenza delle parole di Lor’Themar Teron, e capiva ciò che quella nebbia poteva rappresentare: se si fosse espansa, tutta Azeroth sarebbe stata condannata…

    “Warchief, se mi permette…”
    Era stato il piccolo goblin Gallywix a parlare. Tra gli ultimi arrivati nell’Orda, le altre razze non provavano particolare simpatia per lui, troppo legato al denaro per preoccuparsi veramente per altro. Anche in quel momento, stava giocando con una monetina che faceva correre tra le dita.
    “Le mie spie mi hanno riferito una notizia interessante, sì sì!” esclamò.
    Sembrava divertito, più che realmente preoccupato, e Cairne dovette esortarlo a continuare.
    “Sapete le teste di Nefarian e Onyxia, no? Certo, le conoscete, quei dragoni hanno dato qualche noia anche a voi vero? Beh, sì, dicevo, quella bella testa decorava le mura di Stormwind fino a qualche tempo fa. Ecco, qui arrivano le mie spie! Le mie spie hanno occhi ovunque, ovviamente anche a Stormwind, e hanno detto che quelle belle testoline sono sparite, proprio così!”
    Sghignazzò, come se l’idea lo divertisse.
    “Ah, e non è tutto! Al posto di quelle belle teste, il loro simpatico Re ha trovato il corpo di un nano, proprio così! Solo che non era un nano di carne, era un nano di pietra!”
    Rise di nuovo, una risata che mal accompagnava l’espressione truce che era apparsa sul volto di Cairne.
    “Riferisci all’emissario che la sua richiesta verrà accolta, e riceverà aiuto nel controllo di Loch Modan. La Cacciatrice che ha preso rifugio tra la mia gente andrà con lui.”
    “Se mi permettete, Warchief, raccomanderei anche la presenza di un’esperta di demoni. Non escluderei la presenza di quelle creature infernali dietro questi fatti.” aggiunse Lor’Themar Teron.
    “Anche la mia gente contribuirà a queste indagini, Boss Mon.” la voce di Vol’Jin era preoccupata. “Nessuno di noi dimenticherà mai la protezione che ci avete dato. E aiuteremo Azeroth in qualunque modo. Queste sono cose Voodoo, e bisogna contrastarle. Zatanja è una dei nostri migliori arcanisti, e combatterà per questa causa.”
    Il Nobile Tauren annuì ancora una volta.
    “Riferisci all’emissario che avrà i suoi uomini. Voglio essere aggiornato su ogni novità riguardante questa nebbia. Se non c’è altro, ora, potete ritirarvi…”

    “In verità, Warchief, non è tutto…” era stato nuovamente Lor’Themar a prendere la parola, e Cairne lo guardò, stupito.
    “Si tratta di Theramore, Warchief…”
    La città degli umani situata nel loro territorio era sempre stata motivo di contrasto, ma Jaina era sempre stata una buona amica dell’Orda e ora, in’assenza della potente maga, Rhonin la stava governando in maniera saggia.
    “Theramore non esiste più, Warchief.” continuò il Reggente con voce greve. “Una potente esplosione l’ha completamente spazzata via…”
    Il Tauren era rimasto senza parole.
    “Qual è la causa di questa esplosione? Non avevamo mai perso intere città…”
    Lor’Themar Teron scosse la testa.
    “Non si tratta di cause naturali, Warchief. E’ stata una bomba arcana…”
    Il silenzio calò nella sala del Consiglio di Guerra. I peggiori timori di ognuno di loro si stavano lentamente realizzando…

    #4190
     Elan 
    Partecipante

    DAELENN BLOODFALL
    Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva visto un sorriso? Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva visto suo fratello?
    Da quando era morto, Daelenn aveva dedicato la sua vita allo studio, perché sapeva cosa l’aveva ucciso realmente: il pugnale che gli aveva trafitto la carne, il sangue che si era riversato sul pavimento… no, quelle erano state solo conseguenze di qualcosa di molto più grande.
    E quel qualcosa, quel qualcuno, ora era sottomesso al suo volere.
    Non avrebbe mai pensato che potesse esistere un mondo così vasto, prima di approfondire lo studio sui demoni. Nonostante i libri che li riguardavano fossero ancora incredibilmente pochi, ogni piccola scoperta apriva nuovi spiragli.

    Era incredibile pensare come tutto fosse potuto partire solo da un semplice Imp. Quelle creature erano fastidiose e antipatiche, ma la loro volontà era debole, e non protestavano più di tanto quando gli veniva ordinato qualcosa. Ma, cosa più importante, adoravano parlare.
    Per questo Daelenn aveva chiesto, chiesto e chiesto ancora. Aveva imparato a discernere la verità dalla menzogna, le vuote minacce dall’imponente realtà della Legione Infuocata. Aveva imparato a conoscere la gerarchia dei demoni, e aveva scoperto che anche loro temevano qualcosa: il vuoto infinito del Twisting Nether, le fruste infuocate dei Naztherim, la furia schiacciante di Sargeras…
    Le informazioni erano state talmente tante che più volte la giovane Elfa del Sangue si era trovata persa, a volte pensando di non essere realmente in grado di assimilarle tutte.
    Ma alla fine ci era riuscita e, un tentativo dopo l’altro, aveva richiamato lui.
    Lui, il demone che aveva portato suo fratello alla follia, che aveva spinto le sue mani al suicidio…
    Inizialmente era certa che l’avrebbe offeso, insultato. Aveva pensato forse anche a distruggerlo completamente, ne sarebbe stata in grado, lo sapeva.
    Ma quando si era palesato di fronte a lei l’odio era scomparso, sostituito da un fascino oscuro e pericoloso. Quei lunghi capelli neri come la pelle, gli occhi rossi e lucenti, persino le corna ricurve… tutto in lui sprigionava un potere pericoloso e letale, un potere che avrebbe causato troppi danni se lasciato indisturbato, ma che avrebbe potuto servire una causa migliore se fosse stato soggiogato alla sua volontà.

    Per questo, ora, mentre viaggiava verso Thelsamar, Lui era al suo fianco.
    Era stato Lor’Themar Teron in persona, il reggente di Silvermoon, ad affidarle quell’incarico. Il Nobile Reggente aveva il volto tirato da mille preoccupazioni, e le aveva parlato di una grave minaccia che avrebbe potuto investire l’intera Azeroth.
    Dalle acque del Lago di Modan si era alzata una nebbia malsana, corrotta, dannata, che lentamente aveva trasformato in pietra tutti coloro su cui si era posata. Il rischio della presenza di demoni era tanto, per questo la sua presenza sarebbe stata fondamentale.
    Certo, non sarebbe stata da sola.
    Avrebbe lavorato fianco a fianco con un certo Urok, uno Shamano del Circolo della Terra in persona. Era lui che doveva cercare, una volta arrivata sulle rive del lago.
    “I demoni non si abbassano a contaminare un semplice lago.” le disse Lui, mentre viaggiava sul suo destriero Infernale, le fiamme della sua criniera che le lambivano dolcemente la pelle del volto, senza però poterla ferire. “La Legione non agisce mai senza un piano preciso e trasformare la gente in pietra toglierebbe… molto divertimento…” si passò la lingua sulle labbra con fare suadente, mentre la seguiva senza alcuna fatica.
    Le sue parole avevano un senso, quello che Lor’Themar Teron aveva descritto non era un comportamento da demoni, ma non avrebbe mai disobbedito ad una precisa richiesta del Reggente.

    Per questo, dopo diversi giorni di viaggio, era arrivata infine in a destinazione. Per evitare di essere danneggiati dalla nebbia, Urok la attendeva in un villaggio nella Valle dei Re, un passo difeso dalle montagne. Ma anche lì, lontani dalle rive del lago, si respirava un clima teso e preoccupato tra la gente che camminava per le strade.
    L’Orco la stava aspettando: era una creatura possente, la pelle di un intenso verde smeraldo attraversata da lunghi tatuaggi rossi, che gli decoravano il corpo in maniera precisa e studiata. Ma la cosa che più attirava l’attenzione era i suoi occhi, illuminati da un’intensa energia misteriosa.
    E non era solo.
    Accanto a lui, un’altra Elfa del Sangue, il volto celato da una maschera di lupo, sembrava attendere pazientemente, insieme ad una Troll dai lineamenti gentili ed un Tauren con una strana creatura simile ad un topo sulla spalla, due Elfi della Notte – un uomo ed una donna – e due Draenei. Evidentemente, era l’ultima ad essere arrivata.
    Quando Urok si accorse di lei le fece cenno di raggiungerlo, e dopo essersi guardato brevemente attorno li condusse in una locanda in cui un’ampia sala era stata riservata interamente a loro.
    “Credo che tutti voi sappiate già il motivo per cui siamo qui.” disse l’Orco, senza tanti giri di parole. La sua voce era talmente potente da far vibrare il cuore. “La città di Thelsamar è stata interamente trasformata in una città fantasma, i suoi abitanti tramutati in statue di pietra. Il Circolo di Pietra ha attribuito la causa ad una strana nebbia che si è alzata dalle acque del lago, ma la situazione sembra più delicata di quanto pensassimo inizialmente. Alcuni abitanti, infatti, sono riusciti a fuggire prima che accadesse l’irreparabile, e hanno dichiarato che la nebbia non sembra colpire tutti con la stessa intensità. C’è chi si è trasformato più rapidamente, chi più lentamente… altri, ancora, non sembrano essere stati completamente toccati… almeno per ora…”
    Lo Shamano sospirò con fare rassegnato.
    “Tutti voi sapete quanto sia delicata la situazione in cui verte il nostro pianeta in questo momento, per questo vi chiedo ancora una volta di mettere da parte tutti gli asti che potete provare l’uno per l’altro. E’ necessario scoprire la causa di queste trasformazioni prima che sia troppo tardi.”
    La giovane Troll, i capelli rossi come il fuoco, spostò il peso da un piede all’altro, come se si sentisse a disagio ma non trovasse il coraggio per parlare.

    GAHAIN FIREBRAND
    Quando la nobile Tyrande l’aveva informato che avrebbe dovuto accompagnarla alla Sala del Concilio, di fronte a Re Varian Wrynn in persona, Gahain non avrebbe mai pensato che avrebbe assistito alla quasi distruzione della leggendaria città di Stormwind.
    Un’ombra era calata sopra di loro, un’ombra di cui il Draenei aveva già sentito parlare altre volte, ma che nessuno era ancora riuscito ad identificare.
    Era un’ombra portatrice di Morte, la Terra stessa sembrava temere la sua presenza, ed il Fuoco accompagnava il suo passaggio.
    Quando era calata su di loro, distruggendo la quiete di quella giornata di sole, gli Elementi erano impazziti nella sua testa, urlando come se stessero venendo straziati da un artiglio invisibile.
    Lui stesso era caduto a terra.
    Aveva sentito il loro dolore, lo aveva provato come se fosse stato sulla sua pelle, e solo dopo lunghi istanti di sofferenza era riuscito ad alzarsi di nuovo.
    Le mura della città erano state distrutte, un’intero quartiere era stato spazzato via da una colata di lava, e ancora le urla di agonia della gente si alzavano dalle strade.
    Niente avrebbe potuto prepararlo a tutto quello ma, nella sua mente, immaginava che quando Shattrath era stata invasa e massacrata, l’orrore fosse stato lo stesso…

    Erano dovuti intervenire Thaidan, l’Elfo della Notte con cui aveva passato molte avventure, ed Alliria, sua sorella, per farlo riprendere.
    La situazione era drastica, e forse sarebbe precipitata ancora di più… e la cosa peggiore era che non avevano idea di come fermare quella devastazione che sembrava non avere intenzione di abbandonare Azeroth. Sarebbero potuti esplodere tutti da un momento all’altro, e nessuno avrebbe avuto idea del perché…
    Ma lui, così come i suoi compagni di viaggio, erano stati portati a Stormwind per un motivo ben preciso.
    Loch Modan, la regione lacustre vicino alla patria dei Nani, era stata colpita da una minaccia altrettanto grave e preoccupante: le genti tranquille di Thelsamar erano state trasformate in statue di pietra!
    “Re Wrynn e Lady Whisperwind non possono impiegare tutte le loro forze per analizzare questo caso. La situazione è talmente grave che la maggior parte delle forze dell’Alleanza sono impiegate nel tentativo di tamponare i danni di quell’orribile ombra nera!” Stava spiegando Alliria, con la solita decisione nella voce, mentre erano in viaggio. Parlava sempre di Varian e Tyrande come se fossero gli unici due leader che contavano nell’Alleanza, cosa che aveva più volte fatto storcere il naso ad alcuni conoscenti. “Ma non per questo la nostra missione deve essere presa più alla leggera, anzi! Qualsiasi cosa sia successo a Thelsamar potrebbe dilagare in tutta Azeroth, e allora sarebbe veramente la fine!” scosse vigorosamente la testa, con fare un poco teatrale.
    Suo fratello Thaidan, trasformato in un’agile pantera per muoversi più rapidamente, aveva emesso un sonoro ruggito infastidito.
    “Smettila Alliria. Non stiamo andando ad una recita. Il pericolo è concreto, e non sappiamo nemmeno cosa doverci aspettare… potrebbe essere successo qualsiasi cosa in quella città.”
    Alliria storse il nasino delicato.
    “Qualsiasi cosa sia successa, la Luce di Elune ci guiderà e ci proteggerà, vedrete!!”
    L’unico ad essere rimasto in silenzio era stato Nathaniel. Il paladino, silenzioso e pacato come sempre, teneva per sé le sue idee ma sembrava molto più preoccupato del solito.

    Impiegarono appena un giorno di viaggio a raggiungere Loch Modan.
    Lady Tyrande aveva detto loro che, si sarebbero dovuti recare in un villaggio nella Valle dei Re, un passo difeso tra le montagne, per evitare di essere danneggiati da qualsiasi cosa avesse devastato Thelsamar. Lì sarebbero stati contattati da Urok, Shamano del Circolo della Terra.
    Fu con una certa delusione che notarono come si trattasse di un Orco: era già sul luogo, e listava aspettando. Si trattava di una creatura possente, la pelle di un intenso verde smeraldo attraversata da lunghi tatuaggi rossi, che gli decoravano il corpo in maniera precisa e studiata. Ma la cosa che più attirava l’attenzione era i suoi occhi, illuminati da un’intensa energia misteriosa.
    E non era solo.
    Accanto a lui, si trovava un’Elfa del Sangue, il volto celato da una maschera di lupo, sembrava attendere pazientemente, insieme ad una Troll dai lineamenti gentili ed un Tauren con una strana creatura simile ad un topo sulla spalla. Ma non erano ancora tutti, Urok spiegò loro che attendevano un’altra persona, e dovettero attendere ancora diverse ore prima di essere raggiunti da una seconda Elfa del Sangue, accompagnata da una creatura demoniaca dalla pelle Nera come la notte.
    Quando Urok si accorse di lei le fece cenno di raggiungerlo, e dopo essersi guardato brevemente attorno li condusse in una locanda in cui un’ampia sala era stata riservata interamente a loro.
    “Credo che tutti voi sappiate già il motivo per cui siamo qui.” disse l’Orco, senza tanti giri di parole. La sua voce era talmente potente da far vibrare il cuore. “La città di Thelsamar è stata interamente trasformata in una città fantasma, i suoi abitanti tramutati in statue di pietra. Il Circolo di Pietra ha attribuito la causa ad una strana nebbia che si è alzata dalle acque del lago, ma la situazione sembra più delicata di quanto pensassimo inizialmente. Alcuni abitanti, infatti, sono riusciti a fuggire prima che accadesse l’irreparabile, e hanno dichiarato che la nebbia non sembra colpire tutti con la stessa intensità. C’è chi si è trasformato più rapidamente, chi più lentamente… altri, ancora, non sembrano essere stati completamente toccati… almeno per ora…”
    Lo Shamano sospirò con fare rassegnato.
    “Tutti voi sapete quanto sia delicata la situazione in cui verte il nostro pianeta in questo momento, per questo vi chiedo ancora una volta di mettere da parte tutti gli asti che potete provare l’uno per l’altro. E’ necessario scoprire la causa di queste trasformazioni prima che sia troppo tardi.”
    La giovane Troll, i capelli rossi come il fuoco, spostò il peso da un piede all’altro, come se si sentisse a disagio ma non trovasse il coraggio per parlare.

    GUNGNIR LIGHTKEEPER STORMWALKER
    Prima c’erano stati i demoni, poi i non morti.
    Gungnir ricordava bene ogni minaccia che aveva colpito Azeroth. Non era mai stato un mondo tranquillo ma, in un modo o nell’altro, erano sempre riusciti a sconfiggere i nemici che li avevano afflitti.
    Sua madre gli aveva raccontato molte volte dell’esodo dei Tauren, del giorno in cui Cairne Bloodhoof, il loro leader, aveva conosciuto Thrall il giusto, il giorno in cui erano fuggiti insieme da una terra devastata, il giorno in cui avevano fondato una nuova Patria in una terra da poter chiamare casa.
    Erano stati giorni difficili, in cui molti Tauren avevano perso la vita.
    Ma, in ognuno di quei casi, il nemico era concreto, fisico… avevano potuto vederlo, avevano potuto affrontarlo e sconfiggerlo…
    Ma ora, in questo momento in cui la stessa Madre Terra sembrava voler distruggere tutti loro, cos’avrebbe potuto fare un solo Tauren per salvare la sua gente?
    Questi erano i suoi pensieri mentre Rikr saltellava allegramente sulle sue spalle.

    Erano rimasti bloccati nei Continenti Occidentali da diversi giorni ormai. La sua caccia ai non morti rimasti li aveva portati nelle terre di Westfall, vicino alla capitale umana di Stormwind. Rikr gli aveva consigliato di non avvicinarsi troppo alla capitale – nonostante la tregua tra Alleanza ed Orda alcuni umani non apprezzavano ancora molto i Tauren, e li chiamavano mucche, tori, o in altri modi simili – ma in alcuni villaggi avevano trovato una piacevole ospitalità, ed il grosso Tauren si era intrattenuto facendo divertire i bambini umani che adoravano il suo piccolo compagno.
    Era stato un intermezzo piacevole, ma quando l’ombra nera si era allungata sopra il cielo, anche Rikr si era spaventato, rifugiandosi tra i suoi vestiti e squittendo per dirgli di mettersi al sicuro.
    Era una minaccia, quell’ombra nera, una minaccia che puzzava di morte e di fuoco, una minaccia che non aveva un nome, non aveva una forma, e aveva solo un nome: terrore.
    L’ombra era passata così com’era arrivata, ma il suo passaggio non era stato innocuo, e le terre di Westfall si erano spaccate. La lava era fuoriuscita dal terreno, inghiottendo un intero villaggio, uccidendo uomini, donne e bambini senza alcuna distinzione.
    Gungnir era stato in quel villaggio, aveva giocato con quei bambini, e aveva pianto la sua sparizione come tutti gli altri abitanti del luogo…
    Ma quando l’ombra era passata, molti uomini avevano iniziato ad additarlo come la reale causa di quell’orrore, e l’avevano cacciato con le pietre e col fuoco.
    Gungnir non voleva far loro del male, Rikr gli aveva spiegato che la loro era soltanto paura, e che trovavano in lui solamente un capro espiatorio. Per questo il Tauren ed il suo piccolo amico avevano lasciato quelle terre, andando verso Nord, nella speranza prima o poi di raggiungere Silvermoon e poter da lì tornare a Thunderbluff grazie all’aiuto di qualche incantatore.

    Ma nella sua strada verso la splendente città elfica, aveva incontrato qualcuno di inaspettato.
    Una giovane Elfa del Sangue accompagnata da un imponente leone nero ed un Orco dalla pelle di un intenso verde smeraldo attraversata da lunghi tatuaggi rossi, che gli decoravano il corpo in maniera precisa e studiata. Gli chiesero cosa ci facesse in quei luoghi tanto lontani dalla sua patria, e si presentarono come Urok, del Circolo della Terra, e La Cacciatrice. Lei era una ragazza tranquilla e solitaria, e mentre l’Orco gli spiegava cosa stesse accadendo, lei rimase tutto il tempo in disparte, senza dire una parola.
    I due si trovavano in quelle terre per raggiungere Loch Modan. La regione lacustre, infatti, era stata colpita da una strana piaga, che aveva trasformato gli abitanti delle città vicino al Lago in statue di pietra. Ogni aiuto sarebbe stato sicuramente prezioso, e quando Rikr insistette per andare con loro, anche Gungnir si accodò a quella strana compagnia.

    Non ci misero molto a raggiungere Loch Modan: si trovavano già piuttosto vicini alla terra dei laghi, ma prima di iniziare le loro indagini avrebbero dovuto attendere delle altre persone. Presero alloggio presso un villaggio nella Valle dei Re, un passo difeso tra le montagne, per evitare di essere danneggiati da qualsiasi cosa avesse devastato Thelsamar, e attesero qualche giorno.
    Fu dopo non molto tempo che iniziarono ad arrivare gli altri. La prima a raggiungerli fu una giovane Troll dai capelli rossi. L’energia arcana fluiva attorno a lei, ma il suo viso era gentile e delicato. Il giorno seguente li raggiunsero due Elfi della Notte – un uomo ed una donna – e due Draenei e, appena poche ore dopo, un’altra Elfa del Sangue chiuse il gruppo, accompagnata da uno strano demone dalla pelle nera come la notte.
    Quando si furono tutti riuniti, Urok li condusse nella locanda dove avevano alloggiato in quei giorni, in cui un’ampia sala era stata riservata interamente a loro.
    “Credo che tutti voi sappiate già il motivo per cui siamo qui.” disse l’Orco, senza tanti giri di parole. La sua voce era talmente potente da far vibrare il cuore. “La città di Thelsamar è stata interamente trasformata in una città fantasma, i suoi abitanti tramutati in statue di pietra. Il Circolo di Pietra ha attribuito la causa ad una strana nebbia che si è alzata dalle acque del lago, ma la situazione sembra più delicata di quanto pensassimo inizialmente. Alcuni abitanti, infatti, sono riusciti a fuggire prima che accadesse l’irreparabile, e hanno dichiarato che la nebbia non sembra colpire tutti con la stessa intensità. C’è chi si è trasformato più rapidamente, chi più lentamente… altri, ancora, non sembrano essere stati completamente toccati… almeno per ora…”
    Lo Shamano sospirò con fare rassegnato.
    “Tutti voi sapete quanto sia delicata la situazione in cui verte il nostro pianeta in questo momento, per questo vi chiedo ancora una volta di mettere da parte tutti gli asti che potete provare l’uno per l’altro. E’ necessario scoprire la causa di queste trasformazioni prima che sia troppo tardi.”
    La giovane Troll, i capelli rossi come il fuoco, spostò il peso da un piede all’altro, come se si sentisse a disagio ma non trovasse il coraggio per parlare.

    LA CACCIATRICE
    La Cacciatrice aveva trovato la pace a Thunder Bluff. La città dei Tauren era un luogo tranquillo ed armonioso, a contatto con la natura ed in cui regnava un equilibrio che raramente aveva visto in altri luoghi.
    Nemmeno la nomina di Cairne Bloodhoof a nuovo Warchief aveva intaccato quell’equilibrio, e la gestione della città era stata affidata a Baine, il suo giovane figlio, che nonostante la giovane età si meritava tutto il rispetto che suo padre gli aveva riservato.
    Anche Humar sembrava aver trovato la pace in quel luogo. Il possente leone nero non spaventava i Tauren, che l’avevano accolto con la stessa gentilezza che avevano riservato a lei. A loro non importava la loro razza: erano tutti figli di Madre Terra, e come tali in quella città sarebbero stati trattati.

    Per questo, quando il Nobile Cairne chiese il suo aiuto per indagare su una strana nebbia che aveva colpito la regione Lacustre di Loch Modan, la Cacciatrice non aveva esitato un solo istante.
    Non possedeva alcun bene, la sua vita appesa ad un filo non le consentiva di affezionarsi a nulla, ma avrebbe dato tutta se stessa per quella gente che tanto aveva fatto per lei.
    Il giorno seguente, infatti, era già pronta a partire.
    Abituata a viaggiare in totale solitudine, tuttavia, fu un disagio per lei essere accompagnata da uno degli Shamani del Circolo della Terra. Si trattava di Urok, un Orco dalla pelle di un intenso verde smeraldo attraversata da lunghi tatuaggi rossi, che gli decoravano il corpo in maniera precisa e studiata. Ma contrariamente a quanto temeva, lo Shamano le lasciò i suoi spazi, senza invadere la sua necessità di solitudine, senza pretendere un dialogo che lei sicuramente non gli avrebbe concesso.
    Si muovevano velocemente, lei sul possente Kodo, unico ricordo di Thunderbluff, lui su un maestoso lupo bruno, ma quando raggiunsero i Continenti Occidentali il loro passo si arrestò, come il loro respiro.
    Avevano sentito molto parlare entrambi della distruzione che aveva portato il Cataclisma, ma Kalimdor non era ancora stata toccata in quel modo orribile.
    Lì, infatti, in più di una regione la terra era orribilmente spaccata, lasciando fuoriuscire la lava sottostante senza più alcun contegno. E niente sembrava essere stato risparmiato…
    Le Montagne di Alterac, le Terre di Arathi, le Wetlands… più scendevano a sud, più la devastazione sembrava intensa.
    Era come se una mano artigliata avesse scavato l’essenza stessa della Terra, stravolgendola e distruggendola per sempre.
    Qualsiasi cosa fosse successa, Azeroth non sarebbe mai più stata come prima..

    Avevano quasi raggiunto Loch Modan quando incontrarono un Tauren solitario. Fu Urok a fermarlo, per chiedergli chi fosse.
    Si presentò come Gungnir Lightkeeper Stormwalker ed, insieme a lui, presentò anche un piccolo scoiattolo con delle strane membrane tra le zampe posteriori e quelle anteriori, che rispondeva al nome di Rikr.
    I due viaggiavano insieme un po’ come lei ed Humar e quando Urok gli ebbe spiegato il motivo del loro viaggio il Tauren si unì a loro.
    Pur non essendo abituata a tutta quella compagnia, la presenza del nuovo arrivato non era di fastidio per l’Elfa, perché le riportava alla mente Thunder Bluff ed il periodo sereno che aveva trascorso in quel luogo.

    Non ci misero molto a raggiungere Loch Modan: si trovavano già piuttosto vicini alla terra dei laghi, ma prima di iniziare le loro indagini avrebbero dovuto attendere delle altre persone. Presero alloggio presso un villaggio nella Valle dei Re, un passo difeso tra le montagne, per evitare di essere danneggiati da qualsiasi cosa avesse devastato Thelsamar, e attesero qualche giorno.
    Fu dopo non molto tempo che iniziarono ad arrivare gli altri. La prima a raggiungerli fu una giovane Troll dai capelli rossi. L’energia arcana fluiva attorno a lei, ma il suo viso era gentile e delicato. Il giorno seguente li raggiunsero due Elfi della Notte – un uomo ed una donna – e due Draenei e, appena poche ore dopo, un’altra Elfa del Sangue chiuse il gruppo, accompagnata da uno strano demone dalla pelle nera come la notte.
    Quando si furono tutti riuniti, Urok li condusse nella locanda dove avevano alloggiato in quei giorni, in cui un’ampia sala era stata riservata interamente a loro.
    “Credo che tutti voi sappiate già il motivo per cui siamo qui.” disse l’Orco, senza tanti giri di parole. La sua voce era talmente potente da far vibrare il cuore. “La città di Thelsamar è stata interamente trasformata in una città fantasma, i suoi abitanti tramutati in statue di pietra. Il Circolo di Pietra ha attribuito la causa ad una strana nebbia che si è alzata dalle acque del lago, ma la situazione sembra più delicata di quanto pensassimo inizialmente. Alcuni abitanti, infatti, sono riusciti a fuggire prima che accadesse l’irreparabile, e hanno dichiarato che la nebbia non sembra colpire tutti con la stessa intensità. C’è chi si è trasformato più rapidamente, chi più lentamente… altri, ancora, non sembrano essere stati completamente toccati… almeno per ora…”
    Lo Shamano sospirò con fare rassegnato.
    “Tutti voi sapete quanto sia delicata la situazione in cui verte il nostro pianeta in questo momento, per questo vi chiedo ancora una volta di mettere da parte tutti gli asti che potete provare l’uno per l’altro. E’ necessario scoprire la causa di queste trasformazioni prima che sia troppo tardi.”
    La giovane Troll, i capelli rossi come il fuoco, spostò il peso da un piede all’altro, come se si sentisse a disagio ma non trovasse il coraggio per parlare.

    #4197
     Meeme 
    Partecipante

    C’erano troppe voci in quella locanda e troppi rumori. La civiltà odorava di sudore nascosto abilmente con dei profumi e la Cacciatrice avvertiva gli occhi della gente osservarla così come osservavano il suo leone nero. Urok e Stormwalker erano stati buoni compagni di viaggio perché l’avevano lasciata in pace, ma in quella locanda si erano raccolte troppe persone, troppi odori, troppe voci e troppi respiri. Tutta quella gente intorno la metteva a disagio, lei agiva solitaria, ma per amore di Thunder Bluff avrebbe tollerato tutti quegli estranei perché la missione era più importante dei suoi desideri di solitudine.
    Lo sciamano orco stava spiegando il motivo di quella collaborazione e pregava che tutti mettessero da parte eventuali asti per aiutare. Guardò le sacche di carne che la circondavano e non trovò nessun nemico contro cui scagliarsi, lei non aveva mai odiato le altre razze ed il disprezzo era diverso dall’odio…

    Osservò la troll che si agitava e le labbra si incresparono in una smorfia seccata. “Se vuoi dire qualcosa, fallo, mi stai dando sui nervi…” sussurrò alla maga con la voce roca. Lei non filtrava i suoi pensieri per essere diplomatica, diceva quello che pensava senza l’ipocrisia di falsi sorrisi, non le importava di risultare aggressiva perché lo era, aggressiva e selvatica.

    Accarezzò il manto del suo leone nero, la maschera le copriva il volto tranne le labbra pallide e non era intenzionata a restare in quella locanda troppo a lungo.
    “Il Circolo avrà bisogno di campioni da studiare per rendere innocua la nebbia ed il modo migliore per scoprire cosa sta succedendo è recarsi sul posto.” disse con la voce arrochita guardando verso Urok. Le convenzioni sociali sul presentarsi prima di parlare non facevano per lei e le ignorava. Era già un miracolo che parlasse, ma del resto sarebbe stata la loro guida durante il viaggio e decidere la strada da percorrere sua prerogativa.

    #4209
     Ba 
    Partecipante

    Rikr lo fermò appena prima che la Cacciatrice prendesse parola.
    Stava per rispondere ad Urok che non era necessario mettere da parte alcun astio, sicuramente nessuno ne nutriva reciprocamente. Poi le parole secche dell’elfa rivolte alla strana arcanista e il vivido ricordo dell’ombra e di quanto accaduto dopo il suo passaggio gli rabbuiarono volto e pensieri.
    Il piccolo scoiattolo si mise sulla spalla di Gungnir e il suo brillare rischiarò l’espressione del tauren che gli sorrise porgendogli una piccola ghianda. Il ticchettio felice e rassicurante dei suoi denti si perse nel vociare della taverna.
    Con un cenno Rikr gli suggerì di osservare bene i suoi compagni: sconosciuti uniti dal desiderio di curare la Madre Terra malata.
    Vide la troll incerta e pensò che anche lui sarebbe stato nervoso se qualcuno si fosse rivolto a lui in quel modo, o forse lo era prima che l’elfa parlasse? Non vi aveva dato peso.
    Stava rivolgendo lo sguardo agli ultimi venuti, corrucciando il volto alla vista del demone dalla pelle scura, quando la Cacciatrice interruppe nuovamente i suoi pensieri.
    “Il Circolo avrà bisogno di campioni da studiare per rendere innocua la nebbia ed il modo migliore per scoprire cosa sta succedendo è recarsi sul posto.”
    Notò che Rikr concordava e, anche se Gungnir era un po’ perplesso per i modi bruschi dell’elfa, si ritrovò ad annuire.
    Non aveva bene in mente a che tipo di campioni si riferisse, ma visto che Rikr era d’accordo, sicuramente doveva essere una buona idea.
    Carezzò il piccolo spiritello ancora intento a sbucciare la ghianda sulla sua spalla e osservò incuriosito la donna mascherata e il suo splendido compagno felino, frenando il desiderio di domandarle quale fosse la sua storia.

    Tutti insieme formavano una strana e variegata compagine, ma era certo che sarebbero presto diventati compagni fidati.
    Non espresse a Rikr il suo pensiero, temeva non avrebbe concordato.
    E Rikr aveva sempre ragione.

    #4221
     Rilwen 
    Partecipante

    SaperLo lì con lei era una cosa atroce e bellissima nello stesso tempo. La creatura che avrebbe dovuto odiare più al mondo, quell’abominio che aveva causato la morte del suo fratello minore, era invece accanto a lei, e non sapeva ancora, dopo tutto questo tempo, che cosa li unisse, che cosa dovesse pensare di quella situazione. Era abituata ad averlo accanto, era abituata a sentire la sua presenza calda e fredda, e si rivolgeva a lui, ormai, come un compagno, sia in senso “professionale” che “personale”. Ed era arrivata al punto di non considerarlo nemmeno più un demone nel senso verso della parola, tanto che non gli disse di stare fuori, né lo congedò quando si trovarono in quella locanda dove era stata inviata.
    C’erano modi e modi per reagire al dramma, e lei, imparando a conoscere i demoni, stava reagendo. Non era sempre facile. Suo fratello urlava, ancora, il suo spirito urlava, e non si poteva fuggirne, mai. Eppure Lui era, alla fine, sempre con lei.
    “E’ possibile parlare con questi superstiti? Il problema del male è che è difficile analizzare tutte le sfumature. Non credo…”
    Lo sguardo si posò sul suo Compagno.
    “Non crediamo che sia qualcosa di strettamente demoniaco. Che cos’è questa città? Cosa potrebbe portare il male ad impossessarsene?”
    Era una studiosa, una donna che aveva passato molto tempo in biblioteche, e non amava l’andare alla sprovvista, senza prima aver guardato ogni possibilità, contro qualunque cosa fosse loro davanti.

    E per quanto riguardava gli altri… ci sarebbe stato tempo. Solo una cosa.
    “Il mio nome è Daelenn Bloodfall”, aggiunse l’Elfa del Sangue guardandosi intorno.

    #4227
     Ilmarien 
    Partecipante

    Gahain aveva assistito al rapido susseguirsi degli eventi con un misto di paura e di rassegnazione. Inutile dire che tutto gli risultava stranamente familiare, dato che aveva già assistito alla distruzione di un mondo. Tuttavia man mano che si riprendeva dagli eventi di Stormwind si rendeva conto che forse stavolta c’era la speranza di fermare il cataclisma e impedire la distruzione di questo mondo, contrariamente a quanto era accaduto nel Draenor. “Speriamo che decida di proteggerci, e in alternativa prepariamoci al peggio, tutto quello che ho visto è tristemente familiare” rispose ad Alliria “e il primo che dice una parola sul pessimismo dei Draenei gli faccio ballare il minuetto tra le nuvole, chiaro?” aggiunse in tono autoironico prevenendo l’inevitabile commento di Thaidan. Ma le cose, come Gahain aveva giustamente previsto, non migliorarono.

    Non solo erano in compagnia di un orco, ma vennero raggiunti da un’elfa del sangue con un demone. Al Draenei non piaceva per nulla quella compagnia, tuttavia era il Circolo della Terra ad occuparsi di queste cose, e, per quanto non si sarebbe mai fidato di un orco o di qualcuno che evoca demoni (e rigorosamente in quell’ordine), si fidava del loro giudizio. Per cui ascoltò controvoglia le parole dell’orco che aggiornavano il gruppo sulla situazione. Che non era bella. Per niente. E anzi poteva peggiorare in ogni momento. E pur tuttavia si trovò d’accordo con le parole di Urok, sulla necessità di mettere da parte antichi asti e rancori.

    Per cui fece un passo avanti, mettendo a tacere la sua usuale ritrosia e disse: “Gahain Firebrand, Discepolo di Caedfaen e… sono d’accordo con Urkok” disse quasi sorpreso dalle sue stesse parole “quando hai detto Circolo della Pietra stavi parlando del Circolo della Terra, presumo” disse all’orco correggendolo, e non senza un certo gusto. “E a questo proposito, ci sono dei precedenti? Ho studiato gli eventi magici di Azeroth, e l’unica cosa che mi viene in mente è la nebbia evocata dal necromante Kel… Thuzad, mi pare? Per corrompere i cittadini di Stratholme?” chiese guardando Thaidan e Alliria per cercare una conferma, dato che non si ricordava bene. “Infine, abbiamo un piano per raccogliere questi campioni di nebbia, per proteggerci da essa? E un piano alternativo, dato che inevitabilmente le cose peggioreranno?” aggiunse dando sfogo al suo abituale pessimismo.

    #4230
     Elan 
    Partecipante

    Il Kirin Tor.
    Poche forze ad Azeroth sono potenti come quella rappresentata dai Sapienti riuniti nelle sale di Dalaran, caposaldo e rifugio di tutti gli studiosi di magia. Tra quelle alte torri, create magistralmente grazie alle arti arcane, sono conservati tomi di potenza incalcolabile. In molti hanno cercato più volte di carpire i segreti di quelle mura, ma i maghi – paranoici e gelosi – hanno innalzato una barriera attorno alla loro città, impedendo a chiunque l’accesso.
    Per anni Dalaran la splendente è rimasta segregata dietro una coltre di mistero. Per anni, nella valle di Alterac, una cupola violacea ha protetto segreti millenari.
    Ma con la minaccia del Re dei Lich incombente su Azeroth, nemmeno quegli orgogliosi dei maghi hanno potuto privare ancora il mondo della loro conoscenza. Distrutta la barriera, hanno sradicato le fondamenta stesse della città, creando un cratere profondo e oscuro, smuovendo la terra per sollevarla nel cielo sopra le distese gelate del Northrend.
    E’ lì, ora, che si trova Dalaran. La meravigliosa Cittadella Violacea sovrasta le distese della Foresta Cristallina, protetta e governata dal Saggio Ronin ed il suo Concilio di Sapienti.
    Jaina Prodmourne, Kaleg, l’Arcimaga Modera, l’Arcimago Vargoth e Khadgar, l’apprendista del misterioso e potente Medivh, sono solo alcuni dei nomi che risaltano tra quelle sale. Ma quali segreti nascondano, ancora oggi nessuno è riuscito a scoprirlo…

    La giovane Troll sembrò presa in contropiede dalle parole acide della Cacciatrice e, con una certa titubanza, fece un passo avanti.
    “Sono… Zatanja, della tribù Darkspear.” si guardò attorno, e sembrava spaventatissima da tutta la gente che la circondava.
    “Porto notizie da… dal Kirin Tor. I Sapienti hanno dichiarato che se non si troverà modo di arrestare la diffusione di questo male, allora sigilleranno l’intera regione…”
    Urok era cupo in volto, ma fu l’Elfo della Notte a prendere la parola.
    “Sigillare? Cosa intendono fare con le loro diavolerie?” la sua voce era ringhiante, come quella di un possente orso, ed anche i suoi lineamenti erano molto più selvaggi di quanto si potesse normalmente immaginare, segno inconfondibile dei suoi studi Druidici.
    La giovane Troll parve ancora più a disagio a quella domanda, e iniziò a tormentarsi le mani.
    “Hanno intenzione di… creare… una barriera magica sopra l’intera Loch Modan. Niente e nessuno potrà più uscire, niente e nessuno potrà più entrare…” spiegò. La sua voce aveva una strana cadenza, che sarebbe risultata piacevole ed esotica in un normale contesto, ma che in quel momento risultava tesa e spaventata.
    L’Elfo della Notte, che ancora non si era presentato, ringhiò nuovamente, ma prima che potesse dire altro fu la sua compagna, l’Elfa della Notte dal volto delicato e quasi etereo, a prendere la parola.

    “Avanti Thaidan, non fare così! Sei sempre talmente drastico! I Saggi del Kirin Tor devono pensare al bene di Azeroth, se la nebbia si diffondesse sarebbe la fine per tutti! Ho tetto bene piccola… Zat… Zatia?”
    La troll storse un poco il naso alla storpiatura del suo nome, ma annuì.
    “Ecco, quindi è tutto chiaro!! Ma non ci sono problemi di sicuro, perché il Kirin Tor lo farà solamente se non si troverà altra soluzione! E noi siamo qui per questo!!”
    Sorrise radiosa. Sembrava una creatura piena di energie, esuberante, irrefrenabile.
    “Dovremo andare direttamente sul luogo, lì potremo trovare la causa di questa nebbia, o qualsiasi altra cosa abbia pietrificato questa gente! Non dovremo tenere gli effetti nefasti di quel male! La Luce di Elune può proteggere tutti noi, ed anche gli incantesimi protettivi di Nathaniel sono in grado di tenere lontane le nebbie che hanno sconvolto questa regione! E anche tu, piccola Zatia, sicuramente conoscerai qualche incantesimo che potrebbe proteggerci!!”
    Esclamò, annuendo convinta a Gahain. Anche a lei, probabilmente, la nebbia ricordava la stessa evocata a Stratholme.
    “Oh, dimenticavo, mi chiamo Alliria Feathersong, e lui è mio fratello Thaidan! Gahain ha già pensato alle presentazioni, mentre il tipo silenzioso lì è Nathaniel!”
    Sembrava un tifone mentre parlava, e l’Elfo presentato come Thaidan fece una smorfia contrariata. Solo il Nathaniel, il draenei dalla pelle quasi violacea, rimase in silenzio, limitandosi ad un breve cenno del capo.

    Urok alzò infine una mano per fermare il flusso di parole di Alliria che sembrava inarrestabile.
    “Grazie, Lady Feathersong. Siamo tutti onorati che una discepola di Elune ci fornisca la protezione della Dea.”
    L’Elfa sorrise tutta felice, rimanendo in silenzio, e l’Orco fece un respiro profondo ora che la calma si era ristabilita. Lanciò uno strano sguardo a Gahain, e concentrò la sua attenzione su Daelenn.
    “Il parere di un’esperta di Demoni è fondamentale, dama Bloodfall.” disse gentilmente. “E le vostre parole sono rassicuranti. Nessuno tra gli Shamani del Circolo della Terra – lanciò un altro sguardo a Gahain, senza però interrompersi – è in grado di riconoscere l’influsso demoniaco. I giorni in cui gli Shamani della mia gente hanno studiato le vie della corruzione sono ormai lontani.”
    Il suo sguardo si fece per un attimo cupo e triste, prima di continuare.
    “Tuttavia è possibile parlare coi superstiti. Alcuni di loro hanno preso rifugio qui nella Valle dei Re. Dovrei però chiedervi di congedare il vostro compagno… ci sono dei bambini tra di loro, e la sua presenza potrebbe turbarli. Spero che per voi non sia un problema.
    Le sorrise, il suo sguardo era buono e caldo, ma nei suoi occhi si poteva leggere tutta la potenza degli elementi che vivevano in Azeroth.

    Si rivolse dunque a tutti gli altri.
    “La decisione del Kirin Tor mi giunge inaspettata, e di certo aggiunge ancora maggior urgenza a questa missione. Posso capire le decisioni dei Sapienti, ma non le condivido. Condannare un’intera regione è eccessivo, e dobbiamo evitare a tutti i costi che questo accada. Vi porterò a parlare coi superstiti, ma dovremo recarci al più presto sulle rive del lago per scoprire qualcosa di più a riguardo. La Cacciatrice ha ragione, dei campioni della nebbia e delle acque del lago potrebbero essere fondamentali. Il Circolo della Terra è convinto che quello che sta accadendo in questa regione possa essere in qualche modo legato al Cataclisma che sta sconvolgendo il nostro mondo. Con un po’ di fortuna, questa ricerca porterà molto più beneficio di quanto immaginiamo.”

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 6 mesi fa da  Elan.
    #4233
     Meeme 
    Partecipante

    La Cacciatrice schioccò la lingua in segno di disapprovazione sentendo cosa avevano in mente i maghi del Kirin Tor, non era sorpresa da quella decisione, anche loro vedevano il mondo solo in bianco e nero del resto e quelle notizie confermavano i suoi pensieri. L’elfa della notte chiamata Feathersong le stava già sui nervi, ci mancava solo si mettesse a ballare allegra da quella situazione. “Ci potremo dividere in due gruppi, io posso guidare il primo gruppo verso Thelsamar. Urok, tu porterai l’altro gruppo dove sono stanziati i superstiti. Ci raggiungerete dopo aver parlato con loro.” spiegò con la solita voce roca. Guardò l’elfa dalla notte e fece una smorfia disgustata. “Puoi tenerti la protezione della tua Dea, gli incantesimi di Zatanja basteranno…” rispose con disprezzo scandendo bene il nome della troll visto che l’altra lo aveva storpiato due volte. “Evita anche di saltellare allegra per questa missione, sono morte molte persone, i superstiti hanno perso tutto e l’ultima cosa che vogliono vedere è una pazza dalla vocina squillante che lancia coriandoli di gioia.” Non era riuscita a resistere, il sangue le era andato alla testa e l’istinto aveva avuto il sopravvento come sempre.

    “Stormwalker, Druido Feathersong, Zatanja, potreste venire con me, ci potremo dirigere subito verso le rive del lago facendo tappa prima dai superstiti con gli altri. Dimostriamo al Kirin Tor che non permetteremo loro di giocare agli Dei con le vite di quella gente. Dama Bloodfall, se preferisci puoi venire con noi, nessuno ti chiederà di nascondere il tuo compagno.” Concluse calmando il sangue che le scorreva come fuoco nelle vene mentre Humar, il suo leone nero, le si strusciava addosso compiaciuto e pronto ad entrare in azione. Era stanca di restare chiusa in quel posto, l’aria era resa rancida dall’odore di tutte quelle sacche di carne e con la notizia sul Kirin Tor non potevano permettersi di perdere tempo lì dentro. Fece un cenno ad Urok perché lei era pronta a muoversi il più rapidamente possibile verso Thelsamar e non temeva affatto i pericoli di quella nebbia…

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 6 mesi fa da  Meeme.
    #4251
     Ilmarien 
    Partecipante

    *Bene, dunque esiste un piano alternativo!* pensò Gahain tirando un sospiro di sollievo *Certo, isolare la regione provocherà infiniti cataclismi e moriranno in moltissimi, ma sarà comunque meglio dell’alternativa*. “Molto bene, faremo il possibile per evitare l’intervento draconiano del Kirin-Tor” disse agli altri anche se non nutriva molte speranze in proposito “Zatanja” proseguì rivolgendosi alla troll “più o meno, quanto tempo abbiamo prima dell’intervento del Kirin-Tor? Giusto per sapere…” chiese in tono pacato. Quando *Com’è che aveva detto di chiamarsi? Urkok? Urdok? I nomi degli orchi si somigliano tutti!* disse che avevano bisogno di un po’ di fortuna quasi si mise le mani tra i capelli: *Quindi non è solo un orco, è pure un ottimista! Dovevo proprio andare in missione con uno scherzo di natura! Di questi tempi un ottimista è più raro di un murlock con una passione per il the allo zafferano…*.

    Scosse la testa e si rivolse nuovamente a tutti: “Direi che prima di separarsi potrebbe essere opportuno andare tutti insieme da questi superstiti nella Valle dei Re, e se la cosa tira per le lunghe mandiamo un gruppo in avanscoperta verso Thelsamar”. “Assicuriamoci anche” proseguì dopo una breve pausa “che ogni gruppo abbia i mezzi magici, o sciamanici” aggiunse lanciando un’occhiata a Urok “per proteggersi dalla nebbia. La mia abilità di manipolare gli elementi, per esempio, potrebbe tornare utile nel creare una sfera protettiva intorno al gruppo” concluse concentrando l’acqua nelle proprie mani e creando con un movimento circolare una piccola sfera di nebbia che si dissipò poco dopo. “Qualcun altro ha capacità simili o che possono offrire adeguata protezione?”

    #4271
     Rilwen 
    Partecipante

    C’erano molte informazioni, e, soprattutto, molte persone. Era praticamente impossibile che se li ricordasse tutti, per cui pensò che avrebbe poi, con calma, fatto una bella lista di chi era chi, chi voleva cosa, e chi andava da che parte.Sicuramente la Cacciatrice con il volto coperto dalla maschera del lupo era snervata e vagamente da prendere a sberle, che le stava facendo venire quasi ansia con tutta quella fretta. Daelenn era una persona di studio, di calma, era una persona che ci metteva quello che ci aveva mettere, e il fatto che avessero una “scadenza” non le piaceva.
    Ma non le piaceva nemmeno tanto l’idea di quella specie di cupola invisibile e insieme tremendamente reale. Non le piaceva non tanto per qualche scrupolo morale che, obiettivamente, non era proprio il top delle sue priorità, quanto per la limitatezza, poi, che sarebbe incorso nella cultura, nello studio, nell’isolamento che avrebbe abbracciato tutto il luogo.

    La Cacciatrice aveva chiaramente deciso di diventare una pseudo capa del gruppo, perché già diceva chi doveva andare dove, ma in fondo non le spiaceva: di nuovo, era una persona di cultura, non di polso, e per lei il combattimento era quello anche morale e mentale, più che altro.
    “Dipende molto anche dalle distanze, e dal tragitto che si farebbe per andare a parlare con questi superstiti: ci allontanerebbe molto dalla zona colpita?”
    Sorrise, poi, verso Urok, chinando un poco la testa di lato.
    “Non è un problema.”, allontanare Lui, tanto per dirne una. Certo, non lo faceva proprio con il massimo della gioia, per quello strano legame che li univa, ma lo faceva: sapeva che era pericoloso.
    “Sono d’accordo con Messer Gahain. Si potrebbe andare dai sopravvissuti, se le cose non si fanno troppo per le lunghe. Altrimenti ci divideremo, più operiamo su fronti diversi più siamo veloci, e più siamo veloci meno tempo avrà il Male, qualunque sia, di avanzare.”

    Diede un’occhiata a Lui: in qualche modo aveva bisogno delle sue parole.

    In quanto alla magia…
    “Io so quello che i miei studi mi hanno insegnato. Sono una Warlock.”
    Quindi, sì, una minima idea di magia ce l’aveva.

    #4273
     Ba 
    Partecipante

    Il messaggio di Zatanja rese cupo l’umore di Rikr.
    Gungnir, che seguiva incuriosito lo scambio di idee dei suoi compagni, borbottò sottovoce il suo dissenso.
    La Cacciatrice sembrava aver preso la situazione in mano, non mancando di lanciare la propria sfida alla strana sacerdotessa.
    A Gungnir sembravano entrambe simpatiche e, dimenticando il malumore del piccolo amico, rivolse ad entrambe un sorriso comprensivo.
    Poi i dubbi e le proposte del cupo ma saggio draenei trovarono l’appoggio dell’elfa dall’oscuro compagno.
    Tutti stavano dicendo la propria sul da farsi, quindi pensò che dovesse farlo anche lui.
    Si schiarì la voce emettendo un cupo suono che sembrava provenire dalle profondità del terreno, si erse in tutta la sua statura e senza rivolgersi a nessuno in particolare, con voce profonda ed incerta, disse:
    «Il mio nome è Gungnir Lightkeeper Stormwalker e sono qui per aiutare chiunque voglia guarire la Madre Terra. Sono felice che ci siano tante persone ricche di proposte, idee e piani d’azione. Ringrazio Zatanja per averci portato la saggezza e i consigli del Kirin-Tor. E’ bello trovarsi in compagnia di tutte queste persone diverse che lavorano insieme con armonia. Io penso che…»
    crack
    Rikr aveva finalmente sbucciato la ghianda e, un attimo prima di iniziare a gustarsela, guardò in cielo e gli suggerì come proseguire con maggiore sicurezza.
    «… Io penso che l’idea di dividersi sia efficace ma rischiosa. Dovremmo avere due guide, due persone in grado di proteggerci da una nebbia di cui non sappiamo nulla e avremmo il doppio delle possibilità di incappare in pericoli ignoti ad essa collegati. D’altro canto, in guerra io e lui» disse indicando il piccolo scoiattolo avvolto da un alone di luce «abbiamo imparato che, a volte, la soluzione migliore è quella più audace. Come dice giustamente Rikr, valutiamo attentamente ma con solerzia il da farsi, perché il tempo non è dalla nostra parte.»
    Gungnir accarezzò il piccolo scoiattolo luminoso sulla sua spalla e aggiunse di testa sua:
    «Il Kirin-tor è come un kodo.» prese spiritello e ghianda annessa tra le mani «E questo è Rikr.»
    Soddisfatto si rivolse al piccolo amico e gli sorrise dicendogli a voce bassa: «I kodo sono buoni e pacifici, ma se provi a minacciarli ti conviene scappare.. Anche se sei una strana nebbia sconosciuta.»

    #4277
     Elan 
    Partecipante

    Sentendo le direttive della Cacciatrice, il druido Thaidan scosse la testa, e sembrò digrignare i denti proprio come un orso.
    “Chi avrebbe deciso che sei tu a dare gli ordini?” disse con una voce bassa e cavernosa, mentre la sorella sembrò riprendere coraggio.
    “Certo, sono morte delle persone, ma i sopravvissuti avranno bisogno di qualcuno che dia loro nuova speranza! La Luce di Elune si diffonde con l’allegria, non di certo con la freddezza che dimostrate voi!” esclamò con un poco di disprezzo nella voce.
    Zatanja, la giovane maga, si guardò intorno sempre un poco timorosa.
    “Il Kirin Tor… ecco… non ha dato un termine. I Sapienti possono essere estremamente lenti prendere decisioni simili… ma se la situazione diventasse troppo grave potrebbero decidere di agire anche domani!”
    Alzò le spalle non sapendo cos’altro aggiungere. Era evidente che fosse solo un’apprendista.
    A quel punto, Urok alzò una mano.
    “Avete ragione tutti e due.” esordì, guardando la Cacciatrice e Gahain. “Dividersi può essere un’ottima soluzione, sicuramente guadagneremo tempo, ma prima raggiungeremo i superstiti tutti insieme. Il loro accampamento si trova esattamente sulla strada per raggiungere Thelsamar, Lady Daellen, e una volta lì potrete decidere con più calma come dividervi.”
    Annuì nuovamente, come se avesse preso una decisione.
    “Preparatevi allora. Partiremo subito.”

    Si misero dunque in cammino.
    Il Druido si era trasformato in una possente pantera, e procedeva a passo deciso accanto alla sorella e a Gahain. L’altro Draenei, che ancora non aveva parlato, si trovava poco più indietro rispetto a loro.
    Daellen ed il suo misterioso compagno procedevano vicino a lui, e l’Elfa della Notte non poteva fare a meno di notare la somiglianza tra i due. Gli zoccoli uguali, la coda, persino le corna erano simili…
    E Lui lo guardava con estremo interesse.
    Chiudevano il gruppo Zatanja e Gungnir.
    In testa al gruppo, al contrario, procedevano Urok e la Cacciatrice. Humar, il possente leone nero, la precedeva di qualche metro, studiando la strada alla ricerca di eventuali pericoli, anche se lei sapeva che non si sarebbe mai allontanato troppo.
    Ma nonostante la richiesta di collaborazione e l’obiettivo comune, in quel gruppo male assortito regnava un silenzio ed un disagio che male si adattavano alla situazione…

    Rimasero in cammino per diverse ore, ore durante le quali il caldo perenne che aveva invaso Azeroth in quegli ultimi mesi sembrò farsi sempre più opprimente. Tutti loro avevano il respiro mozzato, e persino il Demone che accompagnava Daellen sembrava infastidito.
    “Non mi piace che il Kirin Tor abbia deciso di intervenire…” commentò, facendo in modo che solo la warlock potesse sentirlo. “E non mi piace viaggiare con dei paladini. Sono esseri pericolosi, e la puzza della loro… purezza… si sente ovunque…” scosse la testa disgustato. Ma lei sapeva che non avrebbe creato problemi e, cosa ancora più interessante, vedeva in lui una curiosità quasi morbosa verso quella missione.
    Era da poco passato il mezzogiorno, e l’afa innaturale rendeva il cammino più difficile, tanto che avevano deciso di fermarsi per una piccola pausa, cercando un poco di refrigerio all’ombra delle alte montagne che li circondavano.
    Per tutto il tempo, la giovane Zatanja non aveva lasciato neanche per un istante Gungnir, ed ora che si erano fermati trovò il coraggio di avvicinarsi maggiormente, regalandogli un sorriso gentile.
    “Posso chiederti che creaturina è?” domandò, riferito a Rikr. “Non… non ho mai visto nulla di simile in nessuno dei miei studi!”
    Thaidan era rimasto in forma animale, ma si avvicinò a Gahain, colpendolo col dorso per attirare la sua attenzione, per poi indicare col muso verso l’alto. Il Draenei notò immediatamente cosa l’amico volesse fargli vedere: il cielo si era riempito di un denso fumo nero, inquietante, che nulla poteva avere a che fare con la nebbia che tanto temevano, ma che di certo non presagiva nulla di buono…
    In quello stesso istante, Humar tornò di corsa dalla sua padrona, isolata rispetto agli altri, stringendo qualcosa tra le fauci.
    Portava con sé un piccolo peluche a forma di elefantino, un Elekk, macchiato di fango e un poco sgualcito. Ma la cosa più inquietante era la mano che ancora stringeva il peluche… scheletrica, infetta, la Cacciatrice la riconobbe subito… era la mano di un Forsaken.

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 6 mesi fa da  Elan.
    #4280
     Meeme 
    Partecipante

    “Sono la vostra guida nelle terre selvagge, orsacchiotto. Se pensi di poter fare meglio, accomodati.” Sibilò acida facendo una smorfia al druido ed ignorò i vaneggiamenti di Elune dell’altra drogata di gioia. E davvero si chiedevano perché preferiva le bestie alle persone?
    Almeno le bestie non le facevano domande idiote. Sbuffò seccata ad annuì alla decisione di Urok di ascoltare sia lei, sia il draenei chiamato Gahain. “Perfetto, Urok…” concluse e si mise in testa al gruppo come era abituata a fare seguita dal suo leone nero.

    Procedette senza dire una sola parola a nessuno, non le serviva la voce per comunicare con Humar, il possente leone leggeva il linguaggio del corpo della sua compagna meglio di chiunque altro e sapeva quando fermarsi e quando continuare a pattugliare. Lontana dalla locanda, dagli odori umani e dalle sacche di carne si sentiva già molto meglio e nemmeno il clima sballato sarebbe riuscito a fermarla.

    Passato mezzogiorno sembravano già tutti stanchi a causa dell’afa, lei preferiva quel caldo innaturale e non le rendeva difficile il respirare, non più del solito… Erano tutti intenti a fare sosta quando il suo leone tornò con quel pupazzo di pezza ed il braccio di un Forsaken. Lei non temeva l’infezione, recuperò i due oggetti e li osservò da sotto la maschera di lupo. Lanciò il braccio ad Urok così che potesse mostrarlo agli altri, lei aveva già vissuto una volta la Piaga, conosceva il male che aveva flagellato la sua terra natale e causato dolore e morte. Tenne il pupazzo per sé, lo ripulì dal fango e lo ripose al sicuro. Aveva già visto giocattoli simili e le riportava alla mente ricordi tristi e colpe passate. “Siamo vicini all’accampamento, Urok. Vado avanti per controllare che tutto sia tranquillo, voi fermatevi pure a parlare con i superstiti aspetterò al limitare dell’accampamento in caso si decida di inviare un gruppo direttamente sul luogo del disastro.” Spiegò allo shamano orco. Lei sarebbe stata inutile in mezzo ai rifugiati così incitò il suo compagno animale allontanandosi dal resto del gruppo, troppo stanchi per proseguire. “Troviamo il padrone di questo oggetto, Humar…” mostrò al suo leone il pupazzo di pezza e lo spronò a cercare.

    #4285
     Ilmarien 
    Partecipante

    Gahain ascoltò le parole di Urok e assentì con un cenno del capo, l’orco aveva evidentemente deciso che gli ordini li dava lui. Per quanto la cosa non piacesse al Draenei, era chiaro che Urdok, o come Infernal si chiamava, era dotato di materia grigia e non ragionava solo con le zanne, al contrario della stragrande maggioranza degli orchi. Mentre si incamminavano, si rivolse a Thaidan in disparte rispetto agli altri: “Thay, non prendertela, stava solo facendo il suo mestiere di guida, sai come sono gli esploratori, conoscono il terreno e pensano di saperla più lunga di tutti” disse con un sorriso. Poi si rivolse al Alliria: “Ally, non per criticare Elune, anzi, ma per questi superstiti mi sembra troppo presto per parlare di allegria, io proverei con la speranza prima, che già in questo gruppo ne vedo piuttosto poca” aggiunse alludendo a Zatanja “e se non soffochiamo prima dal caldo, si intende” mugugnò protestando contro il clima opprimente.

    Sapeva che Alliria non era entusiasta del suo atteggiamento realista e lo credeva un pessimista inguaribile, ma d’altra parte bisognava riconoscere quando una certa situazione era disperata. “Nathaniel” disse coinvolgendo il suo compagno Draenei nella conversazione: “Tu che ne pensi? Hai qualche idea in più per proteggerci dalla nebbia?” chiese visto che era rimasto zitto. Poi si rivolse nuovamente ai due elfi: “Mi sembra chiaro che la nostra piccola e innocente apprendista da passeggio non ha la più pallida idea di quando il Kirin-Tor potrà agire. Thay, Ally, voi siete qui da più tempo di noi, secondo voi più o meno quanto tempo abbiamo? Perché quando verrà il peggio e sigilleranno la regione io preferirei trovarmi al di fuori della barriera…” concluse in tono ironico, conscio, di presentare la situazione nel peggiore dei modi possibili.

    #4286
     Ba 
    Partecipante

    Lo sciamano si era dimostrato saggio nel prendere in considerazione entrambi i piani d’azione proposti e nel crearne un terzo più efficace. D’altro canto era stato lui a spiegare al tauren quello che stava accadendo ed era sicuramente colui che aveva riunito tutti loro, quindi Gungnir non aveva dubbi nel fidarsi del suo giudizio. Anche perchè corrispondeva a quello di Rikr.

    Il viaggio si dimostrò fastidioso. Il caldo era così opprimente che anche il piccolo spiritello che normalmente svolazzava attorno al guerriero era disteso boccheggiante su una delle sue corna.
    Durante il viaggio chiese un paio di volte a Rikr cosa ne pensasse di tutta questa situazione, ma in risposta ebbe soltanto un brontolio. Lo scoiattolino era troppo accaldato per affrontare lucidamente un tema così complesso e quasi Gungnir gliene fu grato, perchè anche lui era frustrato da quel caldo. Di tanto in tanto si guardava attorno col naso alzato alla ricerca di un bacino d’acqua dove potersi immergere. L’armatura e il grande spadone, inoltre, non davano certo sollievo allo strato di pelliccia che naturalmente lo ricopriva.
    Accolse la decisione di effettuare una sosta con uno sbuffo di sollievo. Si sedette all’ombra di un masso ed estrasse la borraccia contenente dell’acqua con cui riempì un bicchiere di legno che portava nella bisaccia.
    A quella vista Rikr dispiegò braccia e gambe distendendo le membrane che le univano e planò all’interno del bicchiere. Si rigirò un po’ nell’acqua e poi si appisolò a pancia all’aria. Gungnir sorrise e, bevendo un poco d’acqua, si sentì meglio.
    Solo in quel momento il tauren si accorse della giovane che osservava incuriosita il suo piccolo amico.
    «Lui è Rikr. Mia madre mi ha sempre detto che lui è…» si schiarì la voce e assunse una posa solenne «”Uno spirito della terra nato insieme a te dal sangue che ha accompagnato la tua nascita. E’ rimasto sopito tanti anni per imparare ciò che può aiutarti e illuminare le tue scelte e il tuo cammino.”» tornò a rilassarsi e aggiunse «E’ un dono della Madre Terra. E’ unico e speciale ma…» parlò sottovoce coprendo il bicchiere con una mano «Io sono sicuro che non sia davvero l’unico.» aggiunse con fare pensoso «Deve per forza avere altri come lui.»
    Tornò a guardare la ragazza e riprese sottovoce per i suoi standard… «E’ molto saggio e ti consiglia su tutto. Senza di lui… beh, lui è il mio più grande amico e credo che ognuno dovrebbe avere un amico come Rikr, quindi vorrei trovarne altri come lui. Ma non glielo dire, altrimenti mi sgrida perchè dice che non devo dire queste cose agli altri. Dice che possono pensare che sia strano che parli con lui visto che lo sento solo io.»
    Sorrise alla giovane troll e scoprì il bicchiere. Rikr era appeso al bordo del bicchiere e lo osservava con i suoi occhi neri, in netto contrasto con la luce che permeava il suo corpo e che, in acqua, creava dei riflessi mutevoli.
    Gungnir, a disagio per la sgridata implicita, gli disse indicando la giovane: «Ti ricordi Zatanja, è nostra amica, la puoi chiamare Zaty.»
    Il piccolo spiritello inclinò la testa di lato con fare interrogativo fissando il tauren, guardò la giovane e tornò a immergersi nell’acqua scrollandosi ogni volta che tornava in superficie.
    Gungnir fece il gesto di asciugarsi la fronte.
    Preso dai suoi racconti non si accorse subito di quanto stava accadendo. Raggelò alla vista del cielo che virava al nero della morte. Irrazionalmente gli ricordò il villaggio distrutto da cui era stato cacciato.
    Poi il braccio purulento gettato dalla Cacciatrice.
    D’un tratto il caldo divenne il più piccolo dei problemi. Prese Rikr e lo posò sulla sua spalla, si guardava attorno frenetico, come se avesse percepito il pericolo.
    Si alzò, il viso gelido e severo, estrasse lo spadone con un gesto automatico e fece gesto alla giovane troll di stare dietro di lui. Era stata gentile con lui ed era sicuro sarebbero diventati amici. Quindi doveva proteggerla.
    Rikr non era sicuro che il pericolo fosse imminente, ma negli anni avevano entrambi appreso che la prudenza non era mai troppa.

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 5 mesi fa da  Ba.
    #4293
     Rilwen 
    Partecipante

    Decisamente mal assortito, quel gruppo. Proprio sembravano delle persone estratte a caso e messe lì, e, onestamente, pensava che l’unica cosa che sarebbe successa alla fine della fiera – sempre se sopravvivevano e tutto il resto – sarebbe stato un “arrivederci, grazie per il pesce, addio!” o qualcosa del genere. Non che fosse particolarmente sconvolta o distrutta da questo: in fondo era una studiosa, qualcuno che viveva nei libri e sui libri, e già il fatto che fosse fuori da una biblioteca era indicativo.

    Non era scortese, però, anzi: era molto gentile con tutti, sorrideva a questo e a quello con tranquillità: troppo era passato sotto i ponti, troppo aveva visto, e alterarsi per la minima cosa sarebbe stato solo una grande perdita di tempo.

    Ma certo i suoi compagni erano quantomeno particolari, sopratutto il Drenei muto: assomigliava in parte a Lui, eppure era decisamente troppo buono per essere anche solo raffrontabile. E Lui le parlò, in quel modo privato che avevano loro due, qualcosa che si era consolidato nel tempo, a dispetto della memoria del fratello che no, non sarebbe mai andata via. Era il suo fratellino, e si era ucciso senza dirle nulla. Non l’aveva potuto salvare, non era stata abbastanza forte.
    “Non piace nemmeno a me questa misura drastica. Ma quell’Essere è interessante. Ovviamente si riferiva al Draenei. Perché sembri così entusiasta a partecipare a questa missione? Sai che a me puoi dire.
    Ed era paradossalmente vero: si trovava meglio a parlare con lui che con altri, e dire che… e dire che.

    Il caldo e l’afa era soffocante, ma non potevano permettersi di darvi più importanza di quanto non avesse già di loro, per ui quando la Cacciatrice disse che sarebbe andata in avanscoperta non si oppose certo.
    “Urok, ora manderò via il mio Compagno. Che cosa puoi dirci di più su questi sopravvissuti? In che condizioni sono? Come ci dovremmo comportare con loro?”
    Insomma, lei non era proprio Miss Diplomazia, ci dovevano andare con calma.

    #4304
     Elan 
    Partecipante

    – DAELENN, GAHAIN e GUNGNIR –
    I due elfi non sembravano molto entusiasti delle parole di Gahain, Alliria in particolare sembrava essersela presa per il suo commento su Elune, ma Thaidan scosse la testa alla sua domanda.
    “Il Kirin Torn non è gestito da stupidi.” disse con una smorfia, come se gli fosse costato molta fatica ammetterlo. “Sono un branco di vecchi paranoici, ma non prenderanno questa decisione tanto alla leggera. Non è il tempo il nostro nemico, ma la nebbia, o qualsiasi altra cosa la stia causando. Se la situazione rimane così potremo avere tutto il tempo del mondo, ma se dovesse peggiorare…”
    Scosse la testa, senza concludere la frase.
    Nathaniel, l’altro Draenei, ancora non aveva aperto bocca. Sembrava profondamente assorto nei suoi pensieri, e solo quando Gahain lo interpellò direttamente si scosse.
    “Questa situazione non è molto dissimile da ciò che è accaduto a Draenor.” spiegò con voce bassa. “Possiamo proteggerci dalla nebbia senza problemi, io e Alliria possiamo creare barriere protettive, e sono certo che anche la giovane troll potrebbe fare lo stesso. Il problema è se riusciremo a scoprire in tempo cosa è capitato…”
    Alliria sembrava entusiasta delle parole del paladino, annuì con entusiasmo, e stava per aggiungere qualcosa, quando Nathaniel si alzò.
    “Io inizio a raggiungere i superstiti. Recuperate le forze e arrivate al villaggio.” evocò quindi una creatura fatta di luce, e si allontanò rapidamente da loro.

    Il Demone di Daellen aveva osservato quella scena con molta attenzione, e quando il Draenei si era allontanato aveva fatto un sorriso mellifluo. L’Elfa del Sangue sapeva riconoscere quei sorrisi ormai, sapeva che stava progettando qualcosa per lui.
    “Molto interessante…” disse passandosi la lingua sulle labbra. “I paladini sono creature strane… votate alla luce, votate al bene… ma sono davvero incrollabili?”
    La guardò, gli occhi rossi come il sangue brillarono pericolosamente.
    “Sarebbe interessante scoprirlo.” sorrise, con quel sorriso affascinante e pericoloso che gli era proprio, quindi scosse la testa.
    “La Legione non centra con questa nebbia. Il Signore dei Lich è stato sconfitto… mi chiedo, dunque… chi l’ha causata? Perché una cosa del genere non accade così, per nulla…”
    Tacque all’improvviso, solo quando si accorse che Urok li stava osservando. Rivolse all’orco un sorriso strano, ed un piccolo inchino, quindi sparì in una nuvola di fumo. Daellen sapeva che era sempre accanto a lei, ma non vederlo era diventata sempre di più una situazione sgradevole.
    “Vi fidate davvero di quella creatura, dama Daellen?” domandò l’orco. I suoi occhi brillavano intensamente, e per un attimo la warlock fu certa che anche i suoi tatuaggi emanassero una luce arcana. “I demoni sono creature instabili, pericolose… molti shamani, tanti anni fa, si sono affidati a loro abbandonando la via degli Elementi. Ma in cambio abbiamo ricevuto solo morte…” scosse la testa, ricordando quegli eventi dolorosi.
    “Non ho visto personalmente le condizioni dei superstiti.” spiegò quindi, cambiando discorso. “Ma il Circolo è stato molto chiaro a riguardo: hanno perso tutto, e sono pronti a perdere quel poco che gli è rimasto. Da quel poco che hanno potuto vedere, questa nebbia affligge lentamente la gente… molti di loro domani potrebbero non svegliarsi più…”

    Poco lontano da loro, Zatanja era incantata come una bambina alla vista del piccolo Rikr.
    “E’ la creatura più adorabile che abbia mai visto!” esclamò rapita, allungando un dito verso lo spiritello per cercare di fargli una carezza.
    Quindi guardò Gungnir.
    “Sai, durante i nostri studi impariamo a conoscere molte creature. Ci sono libri che raccontano di creature simili a lui a Silvermoon! Il loro aspetto è un po’ diverso, sembrano più dei serpenti, ma anche loro sono fatti… beh, interamente di energia magica!” sorrise di nuovo. Sembrava felicissima di poter essere d’aiuto.

    Ma proprio quando il grosso Tauren aveva appena portato dietro di sé la giovane troll, sentirono un urlo. Era un urlo di dolore e un urlo di rabbia insieme, e Urok si alzò di scatto in piedi. I suoi tatuaggi brillarono, e le sue mani vennero circondate da centinaia di piccoli fulmini.
    Fu questione di pochi istanti.
    Un uomo all’improvviso irruppe nel piccolo accampamento che avevano improvvisato. Era alto e muscoloso, e i suoi capelli erano striati di grigio.
    In mano stringeva una spada e una pistola, ma il braccio della spada aveva una brutta ferita sanguinante ed era inutilizzabile. Senza nemmeno guardare verso di loro, all’improvviso l’uomo arrestò la sua corsa, e girandosi sparò un paio di rapidi colpi verso una dozzina di piccole creature, facilmente identificabili: erano dei murloc.
    Eppure…
    Gahain lo vide istantaneamente, e anche Alliria parve accorgersene: erano stati rianimati come non morti.

    – LA CACCIATRICE –
    Allontanarsi dal resto del gruppo fu decisamente un toccasana per la solitaria Cacciatrice, troppo abituata alla tranquillità delle foreste per poter apprezzare la compagnia umana. Ma per quanto il profumo rassicurante del sottobosco cercasse di nasconderlo, non poté fare a meno di riconoscere l’acre odore della non morte nell’aria.
    Era un tanfo che conosceva molto bene: l’aveva sentito quando ancora viveva a Silvermoon, ed il Principe Arthas – corrotto e dannato – aveva distrutto quella meravigliosa capitale. Le riportava alla mente ricordi dolorosi e trisi…
    Eppure era diverso dal solito, persino Humar sembrava essersene accorto…
    Era più pungente, come se fosse mescolato all’odore del pesce…

    Tuttavia, per tutto il tragitto la Cacciatrice non vide alcuna traccia di non morti.
    L’accampamento non distava ancora molto, Urok le aveva spiegato bene la strada, e quando lo raggiunse notò con una certa tristezza che la gente che vi aveva preso rifugio era veramente disperata.
    Erano state erette delle tende di fortuna, e un bel fuoco scoppiettava allegramente al centro di esse. Ma nessuno pareva sereno.
    La Cacciatrice notò uomini, donne e bambini, di razze diverse, nessuno appartenente realmente ad una famiglia. Moltissimi erano gli umani, ma c’erano anche giovani nane tra loro, e alcuni gnomi.
    Nessuno di loro sembrava particolarmente ferito o malato, ma il suo sguardo attento notò subito un dettaglio strano: quasi ognuno di loro aveva porzioni di pelle del volto, o interi arti, ricoperti da uno spesso strato di pelle indurita, come pietrificata, che talvolta non riuscivano più nemmeno a muovere.
    E infine, soli, in disparte, c’erano due piccoli Draenei.
    Non dovevano avere avuto più di sette, forse otto anni, e a giudicare da come si tenevano per mano dovevano essere fratello e sorella. La gente sembrava occuparsi di loro senza problemi, ma si vedeva che i due erano spaesati e tristi. E, sicuramente, il piccolo Elekk di pezza doveva appartenere a loro…

    Si era avvicinata un poco a loro quando vide arrivare un altro della loro razza, e lo riconobbe come il silenzioso Draenei che faceva parte del loro gruppo. I due bambini gli corsero incontro, felici di vedere un volto familiare, e l’Elfa del Sangue lo vide sorridere calorosamente, prendendo in braccio la più piccola.
    “Dove sono i nostri genitori?” sentì chiedere alla giovane Draenei, in un perfetto linguaggio comune.
    “Mamma e papà ci mancano molto…” era stato il maschietto a parlare questa volta, e il volto del Draenei si fece più triste.
    Si sedette per terra, facendo sedere la piccola su una delle sue gambe massicce.
    “I vostri genitori sono tornati ad Argus, piccoli.” rispose lui. Era la prima volta che la Cacciatrice lo sentiva parlare, e aveva una voce bella e profonda.
    “Cos’è Argus?” domandò di nuovo la più piccola.
    Alzò una mano, e sul suo palmo si crearono dei piccoli fili di luce che disegnarono un pianeta bizzarro, pieno di gemme splendenti ed edifici dalla forma che lei non aveva mai visto. Le luci sembravano danzare sul palmo della sua mano, e presto andarono a creare molti altri Draenei che camminavano pacificamente tra i vari edifici.
    “Argus è il pianeta da cui tutti noi veniamo.” spiegò ancora lui. “E’ un mondo pacifico. Le vedete queste grosse gemme? Loro ci davano la luce, ed il riparo. Erano delle creature vive come me e voi, e come tutto il pianeta. I vostri genitori ora sono di nuovo tra quelle gemme, e grazie ad esse potranno sempre vedervi e proteggervi.”
    La bambina tirò su col naso poco convinta, e il fratellino scosse la testa.
    “Noi siamo nati qui! Non ci vedranno!!”
    Il Draenei a quel punto rise, una risata buona e dolce.
    “Loro vi vedranno sempre, non importa dove siete nati. L’importante è che voi non smettiate mai di ricordarli.”

    #4316
     Meeme 
    Partecipante

    La via era sicura come aveva preventivato, ma quel tanfo innaturale di morte e pesce non la convinceva. Aveva già vissuto un Flagello ed il timore se ne scatenasse un altro la preoccupava, erano stati i non morti a creare quella nebbia? Senza controllare personalmente la zona corrotta non poteva esserne certa, doveva investigare sul posto e lei era brava a trovare tracce. Un tempo avrebbe combattuto a fianco della sua gente contro questo pericolo di corruzione, un tempo passato in cui era stata felice, ma ora era sola nel pozzo ed il suo tempo limitato.

    Il campo profughi assomigliava ad altri uguali visti in passato, Erenion avrebbe odiato quel posto, pieno di gente disperata e malata. Odiava i rifugiati, odiava le altre razze, odiava con tutto l’odio del suo status di Paladino. La malattia della pietra che li tormentava sembrava atrofizzare le zone colpite fino a renderle insensibili ed inutili, la situazione era tale che il gruppo incaricato dal Circolo avrebbe dovuto trovare un antidoto a quella malattia prima che il contagio si diffondesse altrove. I maghi del Kirin Tor avevano scelto la loro soluzione, ma il Circolo non si sarebbe arreso senza lottare contro quel male e lei era d’accordo con loro.

    Girò tutto il campo controllando le condizioni dei superstiti per farsi un’idea della malattia, ma sembrava colpire in modo casuale, alcuni non mostravano segni di pelle pietrificata, mentre altri erano in uno stato avanzato. Sospirò e trovata una piccola fonte d’acqua ripulì l’elefantino di pezza per poi mettersi a cercare il proprietario. Fu facile per Humar individuare due cuccioli draenei, ma mentre si avvicinava a loro si accorse che un adulto della loro razza era arrivato prima. Riconobbe dopo qualche secondo lo strano e silenzioso sacerdote che accompagnava la drogata di gioia, suo fratello orsacchiotto e l’altro draenei.
    Rimase ad una distanza di sicurezza per non disturbare, toccò due volte il dorso del suo leone nero per indicargli di sedersi ed anche lei fece altrettanto.

    In realtà non comprese molto su Argus, su le pietre vive ed anche sul resto, ma apprezzò lo spettacolo di luci ed il tentativo di aiutare quei cuccioli. Non si era mai curata di conoscere la cultura di quegli stranieri alieni così simili a dei demoni, ma ricordava quando erano profughi e la sua gente li cacciava come animali. Recuperò l’elefantino di pezza e si avvicinò approfittando del momento di silenzio che si era creato nella conversazione, non salutò il compagno di gruppo ed in realtà non era intenzionata a parlare nemmeno con i cuccioli. Si chinò mostrando il peluche e mormorò con la voce roca un semplice: “Credo sia vostro…”.

    #4335
     Elan 
    Partecipante

    – LA CACCIATRICE –
    I due piccoli Draenei si erano spaventati alla sua vista, e la bambina si era stretta maggiormente allo strano sacerdote in cerca di protezione. Ma vedendo il piccolo Elekk di pezza, il loro volto si illuminò, e il maschietto lo prese allegramente, per poi portarlo alla sorella che rise, una risata allegra, spensierata e infantile, com’era giusto dovesse essere.
    “Grazie, signora!” esclamò felice il bambino.

    La sorella allora saltò giù dalle braccia di Nathaniel, e le si avvicinò incuriosita.
    “Perché porti una maschera? Sei un eroe vero? Alcune storie dicono che gli Eroi portano sempre delle maschere perché nessuno deve riconoscerli! Perché sono le loro imprese ad essere importanti, non loro stessi!”
    Suo fratello annuì.
    “E’ vero! Non è importante chi ha sconfitto il Signore dei Lich, ma che sia stato sconfitto!!”
    Il Draenei, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, rise di una risata calda e piacevole e si alzò, mettendo una mano sulla testa della ragazzina.
    “Ma lo sapete, vero, che i piccoli gesti possono essere eroici come le grandi imprese?” disse con pacatezza, sorridendo alla Cacciatrice.

    La bambina annuì convinta, e abbracciò forte il piccolo animale di pezza.
    Nathaniel la guardò con un sorriso affettuoso, per poi tornare a guardare la Cacciatrice. Sembrava incuriosito, e per nulla infastidito dalla sua presenza.
    “Questi bambini non dimenticheranno tanto facilmente il vostro gesto. Vi ringrazio, avete donato loro nuovamente un po’ di speranza.”

    #4336
     Meeme 
    Partecipante

    Avevano paura di lei, l’elfa mascherata accompagnata da un feroce leone nero, e non li biasimava affatto. Il pupazzo di pezza però riuscì a fargli superare il timore iniziale donandogli addirittura il coraggio di farle domande. La Cacciatrice scosse il viso quando la piccola chiese se fosse un eroe con il volto celato ed indicò la sua maschera. “Nessuna maschera, questo è il mio volto…” sussurrò sincera con la voce spezzata. Non era un eroe, era una peccatrice, ma lasciò che credessero diversamente perché non aveva importanza la verità, non per dei cuccioli spaventati e soli.

    Si rialzò e fece un gesto di disappunto al commento del sacerdote draenei. “Ho solo riportato un giocattolo ad un cucciolo.” spiegò lei diretta e fece cenno ad Humar di rilassarsi. Si sentiva osservata, lei era in vantaggio perché poteva guardare non vista ed ormai si era abituata agli sguardi sorpresi degli estranei, tutti si chiedevano le stesse cose: chi era, chi c’era sotto quella maschera e perché non aveva un nome?
    La Cacciatrice si limitava ad ignorare le domande e gli sguardi limitandosi a fare il suo lavoro al meglio. L’acqua era pura, almeno il villaggio sembrava sicuro ed anche l’odore di morte e pesce sembrava passato, segno che lì la zona non era contaminata.

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