La Lacrima di Pietra

Questo argomento contiene 299 risposte, ha 6 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Elan 6 anni fa.

  • Autore
    Articoli
  • #4832
     Rilwen 
    Partecipante

    Quanto si divertiva. Lui, quantomeno. Lei si divertiva un po’ meno. E lasciamo perdere, per pietà, della Forsaken.
    Ma l’importante era tenerla occupata, fare sì che si “distraesse”. O quello che era, non era proprio sicura che un Forsaken si potesse distrarre.

    … a differenza di lei.

    Con la coda dell’occhio vide quello che stava succedendo, quello che non si capiva – una strana freccia, o qualcosa del genere. Provò a capire se la magia le diceva qualcosa, se c’era qualcosa nell’aria, se qualcosa vibrava in qualche mondo (a parte i propri ormoni. Sh.).

    “Ma quanto parli,… essere… per essere sospesa nel vuoto con un demone che ti tiene.”
    L’aveva volutamente chiamata così, non perché aborrisse la loro razza (beh, un filino), ma proprio per darle fastidio. D’altra parte, sempre femmine erano, e tutte e due, alla fine della fiera.
    “Che cos’hai fatto? Parla. Chi è il lupo. Chi è. A che ti serve? Come vuoi… vivere?”
    Avrebbe anche usato la propria magia per torturarla. Proprio zero problemi a riguardo.

    #4834
     Ba 
    Partecipante

    Le parole di Zatanja e il suggerimento di Rikr fecero riflettere il possente tauren.
    Dovevano occuparsi della creatura. Quando il tempo l’avesse concesso, avrebbe ragionato su cosa quelle parole significassero veramente e avrebbe condiviso con Zatanja la sua storia.

    Lo sguardo gelido ebbe l’effetto desiderato. Notando lo sforzo di Zatanja capì l’urgenza della situazione, ma rimase freddo e impassibile.
    Gungnir parlò lentamente, tenendo il tono di voce neutro e basso.
    «Dragonkin, abbiamo un paio di domande per te. Sono bravo in tante arti» sfiorò con noncuranza l’elsa dello spadone «ma non in quella della pazienza.» Dal petto, ad ogni parola, sorgeva un suono profondo e cupo: il suono della terra che ringhia e trema.
    Lo sguardo freddo, la voce appena udibile e il ringhio parevano essere totalmente in contrapposizione l’uno all’altro. Rikr sosteneva che apparire imprevedibile facesse paura a tutti quanti.
    «Per prima cosa: chi è questo Lui cui ti riferisci? E cosa stavi facendo dentro quel lago?»
    Non distolse lo sguardo dalla creatura neanche per un istante, cercando di imporsi di non sbattere le palpebre.
    Non era bravo nelle domande o nel capire le cose giuste da dire.
    Doveva interpretare il mostro spaventoso che non voleva essere, ma non poteva fingere di essere quello che non era.
    Non si soffermò sulle implicazioni di un simile pensiero e si augurò che Urok non lasciasse tutto in mano sua.

    #4835
     Elan 
    Partecipante

    – DAELLEN e GAHAIN –
    Thaidan sembrava soffrire come non mai, il corpo di pantera riverso a terra e scosso da spasmi di dolore. Solo quando l’acqua fluì sulle sue ferite parve lentamente calmarsi: il suo respiro si fece più regolare, i suoi occhi si chiusero ed i suoi muscoli si rilassarono. Tanto era la felicità di Alliria che buttò le braccia al collo del Draenei.
    “Gli hai salvato la vita!!” esclamò, in lacrime.
    Ma Virion non sembrava altrettanto tranquillo.
    “Non esserne così sicura, elfetta. Quello che i Forsaken vogliono non è uccidere ma… trasformare…”

    “Oh, vedo che abbiamo fatto i compiti per casa allora…” esclamò la non morta, che tacque solo all’ennesimo tentativo del Demone di farla cadere a terra. Fissò i suoi occhi gialli e innaturali su Daellen, squadrandola con quello che all’Elfa del Sangue parve puro disprezzo.
    “Voglio la vita, Elfa. La vita per la mia razza… quello che per te è tanto scontato da disprezzarlo, probabilmente.”
    Si stava guardando attorno, e ad un rapido esame magico Daellen individuò altre creature attorno a loro, che probabilmente stavano solo aspettando un segnale per attaccare.
    “Quando tu morirai, i tuoi figli potranno ancora crescere. O se non avrai tu figli, lo faranno quelli dei tuoi fratelli, dei tuoi vicini.” la voce della non morta sembrava quasi triste. “Ma noi siamo morti. Non possiamo avere figli, e quando l’ultimo di noi sarà scomparso, la nostra razza morirà con lui.

    “Str***ate!” la voce di Virion tuonò quasi in un ringhio. “Vi divertite a torturare la gente, questa è l’unica verità.”
    La non morta emise quella che parve una risata amara, e terribilmente inquietante.
    “Parla molto il vostro lupacchiotto.” era evidente, ormai, che stesse parlando proprio di Virion.
    “Facciamo un patto. Tenetevi il lupacchiotto. Ma lasciatemi il gatto nero. Vi lasceremo andare, e forse noi potremo continuare a vivere… un vantaggio per tutti.”

    – GUGNIR –
    Il Dragonkin sembrava terrorizzato dal fare del Tauren. Lo guardava senza mai distogliere gli occhi da lui, ma Gugnir vedeva che, nel mentre, i suoi muscoli si contraevano per cercare di sottrarsi a quelle catene magiche che lo tenevano saldamente bloccato. Se fosse fuggito sarebbe stato tutto sprecato.
    “Lui!!” ringhiò la bestia alle sue domande. “Lui è la grande ombra nera, il Distruttore, la Morte Incarnata! Lui vi divorerà, vi consumerà nel suo fuoco!!!”
    Pareva quasi un pazzo invasato, o forse solo un pazzo.

    Rikr gli si appallottolò sulla spalla, osservandolo attentamente, e gli fece notare che, in effetti, nessuno di loro sapeva molto bene come nascessero… o venissero create… quelle cose. Forse era davvero pazzo per sua natura.

    “I sasssssssi!!” esclamò ancora. “Lui vuole i sasssssssssi! Dobbiamo trovare quello giussssssto, che lui ha fatto cadere!!”

    – LA CACCIATRICE –
    Nathaniel annuì alla sua spiegazione, senza giudicarla o commentare in alcun modo. Non stava cercando il litigio, né di mettere in discussione il suo modo di vivere, ma era incuriosito dalle sue parole.
    Furono però le sue domande a strappargli un sorriso triste.
    “Immagino che abbiano pensato la stessa cosa. Il sacrificio di molti per la salvezza di pochi… non è stato un prezzo molto onesto da pagare, ma tutto ciò che posso fare ora è onorare il ricordo di chi mi ha preceduto. Quindi sì, Cacciatrice. E’ per questo che volevo proteggere quei bambini. Per questo, e perché non è giusto che siano loro a pagare per i crimini di qualcun altro.”

    Le riservò una lunga occhiata, ma non la interrogò oltre sulla sua risposta, e procedettero per qualche altro minuto in silenzio. Solo alle sue ultime parole lui alzò la testa, ridendo.
    “Finché non metti in pratica quella minaccia, non vedo perché farti soffrire inutilmente il freddo.”
    Si fermò un attimo, guardandola.
    “Mi rendo conto che sei una persona pratica, Cacciatrice. E per quanto non capisca il tuo desiderio di soffrire, non ho intenzione di scavare nel tuo passato. Ma se muoriamo congelati in questa grotta non saremo d’aiuto a nessuno.”

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 2 mesi fa da  Elan.
    #4838
     Meeme 
    Partecipante

    L’Elfa del Sangue era una buona osservatrice e nascosta dietro la maschera di bestia era in grado di studiare il suo interlocutore senza destare sospetti. Il sorriso triste di lui diceva più di tante parole sul sacerdote. Si sentiva in colpa e provava dolore per essere vivo.
    “Ricordare ti provoca dolore, ma ti ho visto sorridere davanti ai cuccioli cercando di consolarli. Indossi anche tu una maschera, sacerdote…” fece un sorrisetto velenoso e spietato. “Dovresti goderti la vita ricordando coloro che ti hanno salvato. La felicità chiama felicità…” C’era stato un tempo in cui anche lei era stata felice, ma ormai quel passato sembrava distante come un’ombra oscura che aveva risucchiava ogni luce e speranza.
    “Il mondo è un luogo spietato per dei cuccioli indifesi. Proteggili per insegnare loro ad essere felici, coraggiosi e forti, ma devi essere tu il primo a credere in queste cose. I cuccioli capiscono quando qualcuno mente e davanti alla morte non vogliono bugie…” alzò le spalle arrendendosi a quei discorsi senza senso.

    Lo guardò a lungo mentre cercava di convincerla a farsi scaldare.
    “Sei proprio un ritardato.” disse di nuovo per offenderlo sapendo che lui non si sarebbe arrabbiato. “Non morirò congelata. Pensa a te stesso e non curarti di me. Ti ho già detto che non sei il mio custode ed io non sono il tuo.” Almeno non le faceva domande sgradevoli. “Prova solo a toccarmi e ti taglierò la gola.” recuperò il pugnale da caccia e lo strinse tra le dita con naturalezza. “Io sono uno scorpione velenoso pronto a fare del male. È nella mia natura scannare quelli della tua razza…” Fece dei passi più ampi per lasciarlo indietro, l’ultima cosa che desiderava era l’essere toccata da qualcuno.

    #4859
     Ilmarien 
    Partecipante

    Non si aspettava l’abbraccio improvviso di Alliria, tanto che dovette fare un passo indietro per evitare di cadere a terra. Era tuttavia molto sollevato quando il respiro del suo amico druido si normalizzò. Ricambiò l’abbraccio un po’ imbarazzato e poi le disse sottovoce: “Ehm, ehm” si schiarì la voce un paio di volte “stai pronta a difenderci, mi sa che ce ne sono altri nel bosco, non vorrei che ci prendessimo altre frecce” aggiunse dicendole di stare attenta all’ambiente circostante. Poi si girò verso gli altri ed evocò le fiamme dalle sue mani, lanciandone una contro la Forsaken prigioniera e una contro Virion. Le aveva calibrate in modo che esplodessero prima di fare loro dei danni o dare fuoco all’ambiente circostante, ma in modo che sentissero entrambi la ventata di calore.

    “Dunque! Preciso, nel caso non fosse chiaro, che siamo appena giunti in questo luogo e non sappiamo nulla delle vostre magagne. Fateci la cortesia di raccontare tutto dal principio, in modo chiaro e succinto, poi decideremo se sarà opportuno scannarci a vicenda” disse in tono stizzito mentre le fiamme sulle sue mani ondeggiavano insieme al suo umore “e uccidere uno di noi non è stata certamente una mossa furba” aggiunse fulminando con lo sguardo la Forsaken prigioniera. “E giusto perché sia chiaro a tutti quanti” aggiunse alzando la voce, in modo che lo sentissero anche quelli nascosti nel bosco “la regione è isolata e se il problema con i malati nel lago non viene risolto, il Kirin-Tor ha intenzione di cancellare l’intera regione dalla faccia di Azeroth! Chiaro? Quindi, vivi, morti o lupetti che siate, vi conviene aiutarci!” concluse mentre dalla mano sinistra divampò una fiammata più alta, che si ridimensionò poco dopo.

    #4861
     Rilwen 
    Partecipante

    Continuava ad osservare la scena di Alliria con la coda dell’occhio. Non per malevolenza, non per cattiveria, non per sai-tu-cosa, ma perché era concentrata sulla Forsaken, e sui suoi discorsi di “siamo tutti vivi, tutti abbiamo diritto alla vita e blablabla”. Erano vere, da un certo punto di vista, ma erano anche decisamente stron***e.
    Ed era a tanto così dal risponderle male a proposito del fratello. Lo giuriamo. Aveva voglia di urlarle contro, e forse Lui lo vide, nei suoi occhi che per un istante diventarono cupi, freddi, disperati.
    Non aveva il diritto, quella tr**a, anche solo a menzionare suo fratello, e probaiblmente ci fu una scarica di energia scura, provenire da lei, una magia che era tutto fuorché rassicurante.

    E per fortuna Gahain cominciò a parlare, e a dire cose sensate, perché altrimenti lei l’avrebbe incenerita, e nemmeno troppo metaforicamente.
    “Non hai il diritto di imporre… essere… Non in questo momento. Non sei in condizione di mercanteggiare. Dicci cosa sta succedendo, e diccelo velocemente.”

    #4863
     Ba 
    Partecipante

    Il tauren si avvicinò alla creatura.
    «Smettila.»
    Lo afferrò per le braccia e strinse.
    «Smetti di provare a liberarti. Lui ci troverà, ci divorerà e divorerà anche te se continui a strillare e a dimenarti.»
    Il guerriero tenne salda la presa, si girò a guardare Zatanja per controllare le sue condizioni, poi incrociò lo sguardo di Urok.
    Si girò di scatto emettendo una specie di ruggito a pochi centimetri dal volto della bestia.
    «Tu ora devi dirci chi sei e da dove vieni. Poi devi dirci quale sasso cerca questo “lui” di cui parli.»
    Lo sguardo furente del tauren aveva lo scopo di inchiodare il dragonkin all’albero.
    «E poi devi rispondere a quello che ti chiederà il mio amico orco.»
    Non si voltò per vedere la reazione di Urok, sperò che lo sguardo d’intesa di poco prima fosse un chiaro segnale di richiesta di supporto. «Lui ha un po’ più di pazienza, ma io, te l’ho già detto, mi stanco presto. Quindi smettila di blaterare e, se rispondi a tutto quanto, ti ridaremo i tuoi sassi e potrai andare dove stavi andando.» fece una pausa, cercando di non mostrare sorpresa a causa dell’idea che aveva avuto «Prima però ci dirai anche dove stavi andando.»
    Non aveva fatto caso a Rikr mentre portava avanti la sua ‘recita’. Se fosse stato tutto solo frutto delle sue idee probabilmente si sarebbe rivelato un completo disastro.
    Mentre simili pensieri gli balenavano per la testa, si accorse che Rikr era proprio accanto al suo orecchio.
    Dentro di sè sospirò di sollievo.
    Non ci aveva fatto caso, ma gli aveva sicuramente suggerito cosa dire e fare il suo piccolo amico brillante.

    #4864
     Elan 
    Partecipante

    – DAELLEN e GAHAIN –
    Quando la sfera di fuoco gli esplose vicino, Virion fece un balzo indietro, con un ringhio che mostrò dei denti molto poco umani, e molto inquietantemente canini.
    “Sei forse impazzito?!” sbottò il combattente, tra le risate divertite delle forsaken.
    Non sembrava intimidita dalle fiamme. Né dalla situazione in cui si trovava, né dalle loro minacce. Era inquietante, ma nonostante tutto sembrava che fosse lei ad avere il controllo.

    “Via via, non ho ucciso nessuno! Hai sentito il veleno, vero alieno? Ma non è niente di mortale, il vostro amichetto sta bene…” i suoi occhi si illuminarono di puro divertimento. “E, onestamente… di quello che vuole fare il Kirin Tor non ci potrebbe interessare proprio di meno!”
    Il demone di Daellen guardò la forsaken a lungo, in silenzio, poi i suoi occhi si rivolsero alla sua padrona. Era diventato serio in quel momento, e lei sapeva che quando lui era serio, c’era qualcosa di grosso sotto. Fu in quel momento che sentì di nuovo il contatto con la sua mente.
    “Sono già morti. E sono già maledetti. Questa nebbia potrebbe non aver alcun effetto su di loro.”
    Ignara di tutto, la Forsaken continuava a prendersi gioco di loro.
    “Siamo qui solo per il vostro amico lupetto. I worgen…” si passò la lingua sulle labbra, mentre Virion ringhiava, di nuovo. “I worgen sono maledetti, come noi. Ma nel loro sangue potrebbe esserci la chiave per la nostra sopravvivenza.”

    – GUGNIR –
    Il dragonkin fece uno strano urlo soffocato quando Gugnir strinse la presa sulle sulle sue braccia.
    “Starò buono, starò buono, starò buono!!” sembrava soffrire davvero, forse troppo, tanto che il tauren si stupì: non aveva stretto così tanto da rischiare di ferirlo, eppure la sua sofferenza sembrava autentica, come se lo stesse torturando.
    Zatanja sembrava affaticata, ma stava bene, e quando Gugnir si girò verso di lei gli fece cenno di allentare la presa su di lui.

    Il dragonkin mantenne la promessa, e si mise buono, seduto a terra e impaurito. Faceva quasi pena, a guardarlo bene.
    “Sono un… una progenie di Drago.” disse remissivo, iniziando a rispondere alle domande. “E vengo da Deepholm.”
    Urok si avvicinò, perplesso, sentendo quel nome.
    “Il regno del Guardiano della Terra?” domandò con voce cupa, ed il Dragonkin annuì.
    Deepholm era un luogo misterioso, quasi leggendario, situato sotto le stesse maree. Pochi l’avevano visitato, druidi e shamani in cerca della comunione con la Terra, per lo più. Lì risiedeva Therazane, lo spirito elementare della Terra.
    Il Dragonkin comunque sembrava concentratissimo su Gugnir, come se il suo unico compito fosse diventato rispondere alle sue domande.
    “Lui cerca il sasso viola-nero. E’ un sasso che stava portando con sé, dice che non è molto grande, ma è molto importante. Non ne so altro, lo giuro, lo giuro!!” singhiozzò per un attimo.
    “Noi non sappiamo che sasso sia, non lo abbiamo mai visto. Quindi gli stiamo portando tutti quelli che troviamo!”
    Si guardò attorno.
    Sembrava sinceramente terrorizzato, e Gugnir non riusciva a capire il motivo di questo cambiamento. Prima sembrava una creatura pronta a combattere e a sottometterli tutti… ora, dopo quella presa che tanto gli aveva causato dolore, sembrava lui, quello sottomesso.
    “Andavamo a Grim Batol. Lui ci ha detto di portare lì i sassi.”
    Grim Batol era una fortezza nanica abbandonata, situata a nord di Loch Modan. Un tempo era stata utilizzata come avamposto contro le armata degli orchi corrotti, ma da secoli nessuno viveva più in quelle profonde caverne.

    – LA CACCIATRICE –
    Il draenei annuì alle parole della Cacciatrice, il suo sorriso era gentile anche se nei suoi occhi c’era tristezza.
    “Tutti indossano una maschera. A volte sono fisiche, come la tua. Altre volte sono solo un sorriso, o la rabbia. Ma su una cosa hai ragione… la felicità chiama felicità.” la guardò a lungo, come se stesse valutando attentamente cosa dire.
    “Per questo mi chiedo… perché tu sembri aver smesso di cercare la felicità?”

    Scosse la testa quando lei si rifiutò di essere scaldata, e allungò il passo.
    “Non ho intenzione di toccarti. I miei incantesimi non richiedono altro che la mia volontà” le sorrise, e non sembrava affaticato per l’aumento del ritmo dell’andatura. “Ma se ti congeli per l’acqua fredda sarai meno efficace in combattimento. Io ho già provveduto a me stesso, per questo non ho problemi a trovarmi qui sotto.”
    All’improvviso però si bloccarono entrambi. Si erano addentrati sempre di più nella grotta, seguendo quella luminosità giallognola emanata dalle pietre, e avevano iniziato a sentire come un brusio in lontananza.
    Ma, in quel momento, il brusio si era intensificato, ed entrambi l’avevano potuto identificare meglio: si trattava di un rumore sordo, metallico, come del ferro che battesse ripetutamente sulla dura roccia.

    #4868
     Meeme 
    Partecipante

    Il Draenei era sempre gentile con lei, quella gentilezza priva di secondi fini a cui non era abituata e che la metteva a disagio. “E tu perché non sei felice?” rispose diretta con un’altra domanda. Era assurda quella conversazione, surreale e priva di scopo. “Tu non devi farti domande su di me. Sono una fiera selvatica, non una persona. Parlo la tua lingua, ma devi smetterla di trattarmi come fossi una di voi.” Era troppo curioso e questo la infastidiva e la rendeva sospettosa. “Sei troppo buono per sprecare fiato con una come me.” Offenderlo non serviva ad interrompere quella strana curiosità di lui e la Cacciatrice non riusciva proprio a capirlo.

    Le sacche di carne erano strane, lui il più strano che avesse incontrato…
    Non aveva paura di lei, non pensava potesse davvero tagliargli la gola perché infastidita e si comportava in modo gentile come se lei fosse una bambina sperduta.
    “Non voglio essere toccata nemmeno con la mente…” specificò mostrando i denti in modo aggressivo. “Credi faccia differenza per me un contatto fisico o mentale? Sopporto a malapena l’incantesimo di protezione da questa nebbia.” disse sospirando e lasciando cadere il discorso.
    Il Sacerdote non doveva cercare di capirla, era inutile, uno spreco di tempo e di energie. Lei non era una bambina sperduta, non lo era mai stata.

    Fece un cenno al suo compagno per farlo fermare, quei brusii erano vicini e doveva andare a controllare prima di proseguire con lui al suo fianco. Si acquattò come una fiera pronta allo scatto muovendosi lentamente fino a controllare con gli occhi la provenienza di quel rumore. Erano vicini a scoprire qualcosa le sentiva nelle ossa…

    #4875
     Ba 
    Partecipante

    Gungnir fu sollevato quando Zatanja gli fece cenno di allentare la presa sulla creatura.
    Il tauren era spaesato.
    Aveva fatto del male a quella creatura. Non aveva capito bene in che modo, ma l’aveva fatta soffrire.
    Lui era un tauren, ed era forte persino per quelli della sua razza, forse non sapeva controllarsi e faceva del male senza rendersene conto.
    Le parole meste della progenie di drago e il suo terrore lo allontanarono dai cupi pensieri che si stavano affacciando nella sua mente.
    Deepholm… aveva sentito solo leggende riguardanti quel luogo. Non pensava esistesse davvero.
    Questo ‘lui’, cui la creatura si riferiva era quindi Therazane? Com’era possibile?
    Therazane era pacifica, durante i suoi viaggi alcuni avevano scambiato la ‘Madre terra’ che lui stesso venerava, con questa entità mitologica.
    Com’era possibile che essa fosse l’essere terribile che tanto aveva spaventato il dragonkin.
    Il parallelismo tra l’elementale e Gungnir stesso lo colpì come una scarica elettrica.
    Scosse la testa e tornò ad ascoltare la creatura, indossando nuovamente la maschera gelida.
    Rikr si agitò sulla sua spalla «Perchè?» lo sguardo fisso sugli occhi del dragonkin «Perchè vi ha mandato in questo lago? Ha forse perso qui quel sasso?»
    Rikr si arrampicò sulla testa del tauren sussurrandogli di non credere a tutto quello che la creatura stesse dicendo. Forse era tutto vero, ma non poteva fidarsi ciecamente di quella creatura. Fino a pochi istanti prima sembrava sul punto di squartare il suo corpo e quello dei suoi amici.
    «Il… guardiano di cui parli, perchè ti terrorizza così tanto?» un fruscio tra i rami, probabilmente il vento, attirò la sua attenzione e fece sorgere nel tauren un urgenza. «Tu non sei qui da solo, hai detto che vi ha mandato a cercare il sasso. Dove sono i tuoi compagni?»
    Erano troppo concentrati sulla creatura e qualcosa, forse Rikr, gli diceva che non potevano permettersi di focalizzare l’intera attenzione su di essa.

    #4890
     Ilmarien 
    Partecipante

    *Ma come siamo simpatici!* fu il primo pensiero di Gahain alle parole della Forsaken, non sembrava che si potesse avere una conversazione civile con loro. Guardò Virion dritto negli occhi, comunicandogli con lo sguardo che lo aveva fatto apposta, che non c’erano problemi e di stare al gioco. Poi si girò verso Alliria e Daellen e fece loro segno di stare pronte a combattere. “Va bene, va bene!” disse infine rivolto alla Forsaken prigioniera “mi sembra chiaro che non ve ne andrete senza il ‘lupetto’ come dite voi. Prima di tutto alcune precisazioni: si, avete tentato di ucciderci; no, non siete stati per nulla diplomatici e terzo, non abbiamo problemi con voi ma ci facciamo aiutare volentieri da chi conosce la zona, dato che dobbiamo risolvere questo problema della malattia” disse mentre con movimenti lenti concentrava l’energia degli elementi nelle sue mani. “Detto questo” continuò sempre rivolto alla prigioniera “voi capite che non ci resta che…” e lasciando la frase in sospeso proiettò in avanti le mani e evocò un torrente di fiamme che avvolse la prigioniera. Mentre parlava si era messo nell’angolo giusto per evitare, suo malgrado, di colpire il demone o danneggiare i suoi compagni.

    #4894
     Rilwen 
    Partecipante

    Già. A che pro quelle parole sulla vita, sulla morte? Quella era già morta, che cosa volevano dire quelle parole.
    *Di che cosa può star parlando?*, chiese, mentalmente, a Lui.
    Odiava avere un contatto diretto con il demone, ma, allo stesso tempo, le piaceva da morire, e questo non era minimamente buono, non era nulla di ciò che avrebbe dovuto fare. Male, ragazza, male.
    Lo sguardo di Gahain lo notò chiaramente, era uno sguardo di chi è pronto al combattimento, e, forse, era l’unica soluzione. Diciamo che proprio non smaniava di combattere, soprattutto contro mille e più.
    “E Qual è la chiave? Il loro sangue? La loro anima? Il loro spirito?”
    Eh. Purtroppo una studiosa rimane sempre una studiosa, quindi quelle parole l’avevano anche un po’ fatta smuovere, nel suo desiderio di comprendere, prima di comba…

    Ecco, appunto.

    Proprio ci voleva il torrente di fiamme, tremendamente diplomatico.

    Si mise pronta, concentrando la propria energia nelle mani, pronta a creare una barriera o qualunque cosa del genere, per fermare eventuali attacchi dei forsaken.

    #4899
     Elan 
    Partecipante

    – DAELLEN e GAHAIN –
    Il demone scosse la testa alla domanda della sua padrona, guardandola dritta negli occhi.
    “Un tempo sono stati vivi. La vita che hanno perso gli manca, e cercano di riprodurla… ma non è niente di sano. Sono delle creature contro natura, disgustano persino noi.”
    Mentre il demone parlava, la forsaken parve sorridere a Daellen, un sorriso inquietante, misterioso e, in un certo modo divertito.
    “Siete curiosa. E forse non siete così diversa da noi…” i suoi occhi gialli si illuminarono di divertimento. “La chiave è nel loro…”
    Non fece a tempo a completare la frase, perché il torrente di fiamme di Gahain la investì, strappandole un urlo di dolore.

    Il demone fece un salto indietro, per non farsi investire dalle fiamme, e nel gesto lasciò andare la Forsaken, che cadde a terra con un tonfo sordo. Un tonfo in seguito al quale il suo urlo si spense immediatamente.

    Dopo ci fu solo confusione.
    Dagli alberi uscirono tantissimi altri forsaken, almeno una ventina. Erano armati con mezzi di fortuna, alcuni avevano solo dei sassi o dei bastoni di legno. Dovevano aver sentito l’urlo della loro compagna – forse la loro leader – ed erano accorsi subito in suo aiuto.
    Si avventarono contro Thaidan: il druido sembrava ancora debole, ma staccò di netto il braccio di uno degli aggressori, facendone indietreggiare altri col suo solo ruggito.
    Alliria sembrava paralizzata dal terrore, ma appena riuscì a riprendersi la videro congiungere le mani in preghiera: un’aura argentea la circondò in pochi attimi, e un istante dopo un’ondata di energia sacra si diffuse dal suo corpo.
    Gahain e Daellen provarono subito una sensazione di rinvigorimento. I forsaken, al contrario, parvero investiti da quell’onda positiva e tutti fecero un passo indietro, alcuni caddero a terra, indeboliti e provati.
    Ma erano tanti, e alcuni sembravano non aver risentito dell’incantesimo della Sacerdotessa.

    Una mezza dozzina di quei mostri si gettarono contro Gahain e Daellen, graffiandoli con le unghie e colpendoli con dei sassi. Sembravano preda della forza della disperazione, più che di un reale addestramento marziale.

    – GUGNIR –
    “Nel lago!! Nel lago, sì!! Lo ha perso nel lago!!”
    Il dragonkin sembrava non desiderare altro che finire quella sorta di interrogatorio.
    Rispondeva prontamente alle domande di Gungnir, e i suoi occhi guizzavano attorno a sé come se stesse cercando qualcosa, o aspettando qualcosa.
    Urok non mancò di notare quei gesti, ed evocò alcuni lupi spettrali che andarono a controllare l’area in cui si trovavano.

    “Lui… lui è l’ombra! E’ il fuoco! E’ la morte stessa!!”
    Urok in quel momento si avvicinò.
    “E’… Deathwing?” domandò. Quella parola parve morirgli in gola, come se avesse faticato a farla uscire, ma con sgomento di tutti il Dragonkin annuì.
    Quindi un ghigno si dipinse sul suo viso.
    “Sono qui…”
    Proprio in quel momento i lupi ulularono, un suono allarmato, terrorizzato e, poco dopo, agonizzante. Lo shamano sembrò per un istante sofferente, ma riuscì poco dopo a riprendersi.
    “Stiamo perdendo tempo qui, e ce ne sono altri… si stanno avvicinando.”
    Guardò i compagni, valutando la situazione.
    “Dobbiamo bloccarlo in modo da permettere a Zatanja di usare i suoi incantesimi diversamente. Cercate di legarlo, e quando avete finito raggiungetemi. Entrambi”
    Finito di parlare si trasformò a sua volta in un grosso lupo spettrale, e sparì tra gli alberi.

    – LA CACCIATRICE –
    Nathaniel scosse la testa alla sua domanda, un gesto stanco e un poco triste.
    “Dubito troverai un solo Draenei veramente felice, Cacciatrice. Viviamo perché i nostri figli possano avere un futuro migliore di quello che è stato il nostro passato.”
    Le sorrise.
    Non era arrabbiato nemmeno per quella domanda, che evidentemente dovevano farlo soffrire tanto quanto il passato di cui parlava.

    Quei suoni metallici però impedirono ai due di continuare a parlare.
    Nathaniel rimase indietro, estraendo la pesante arma pronto a qualsiasi evenienza, mentre l’Elfa del Sangue avanzava nell’oscurità.
    Più procedeva, più quei suoni divenvano forti, rimbombandole nelle orecchie e facendole vibrare il cuore.
    Fu solo dopo alcuni minuti che raggiunse quella fonte. Era rimasta nascosta, ma grazie alla luminosità giallognola di quelle pareti rocciose, poteva perfettamente vedere la fonte di quel suono.
    Decine e decine di Naga erano al lavoro, come se stessero minando ritmicamente sulle pareti. Non stavano cercando di scavare una nuova galleria, ma staccavano con precisione sassi identici a quelli che aveva visto portati dal Dragonkin.
    Tuttavia, erano strani. I loro movimenti sembravano meccanici, e i loro occhi, generalmente rossi e luminosi, erano bianchi e spenti.

    – YLYSSAE RAINBREEZE –
    La giovane druida non credeva che sarebbe mai stata catturata in un modo tanto sciocco. I suoi viaggi l’avevano portata vicino al regno dei Worgen, nella vecchia Lordaeron.
    Non aveva mai visto quelle terre quando erano sotto il dominio di Re Therenas, ma ne aveva sentito parlare come un posto splendido, rigoglioso e lussurioso.
    Tutto il contrario di quanto invece aveva trovato.
    Le foreste lussureggianti di Silverpine erano adesso morte e rinsecchite, e sul cielo stesso di Lordaeron brillava un sole malsano.
    Ma lo spettacolo peggiore lo trovò alle porte di Gilneas.
    Si era recata in quella città misteriosa in cerca di riparo… non si sarebbe mai aspettata che Re Genn Greyman fosse sull’orlo della guerra.

    Le mura di Gilneas erano cinte dall’assedio dei Forsaken, barili pieni di sostanze velenose venivano lanciate contro gli assediati, e urla agonizzanti risuonavano dal profondo di quell’isola.
    Ma non erano quegli gli unici orrori.
    Gli accampamenti dei Forsaken erano pieni di gabbie: al loro interno, umani, worgen, e animali di molteplici forme e dimensioni. Sembravano tutti preda di una sorta di catalessi, immobili, incapaci persino di reagire o ribellarsi.
    E mentre si era avvicinata per cercare di liberarli, per capire cosa stesse succedendo, per prestare loro soccorso… era stata catturata anche lei.
    Una Forsaken dagli occhi gialli l’aveva immobilizzata, forse con un incantesimo, e l’aveva rinchiusa in una di quelle stesse gabbie in cui tanti già giacevano immobili.
    Fu lei stessa a provare quell’apatia.
    Non sapeva cosa le fosse stato fatto, ma non riusciva a muoversi, nemmeno a sbattere le palpebre. Le gabbie vennero spostate, iniziarono un viaggio lungo tutti gli Eastern Kingdom, e Ylyssae non poteva far altro che guardare tutto, impotente.
    Sentì parlare di un fuggiasco, un worgen che era fuggito, nel cui sangue si nascondeva la chiave di una qualche formula.
    Vide alcuni prigionieri sparire, per non tornare mai più.
    Avvertì ombre oscure solcare i cieli, ed il terrore dei suoi stessi aguzzini diffondersi incontrollato.

    E poi percepì la nebbia.
    Erano arrivati a Loch Modan, riconosceva il paesaggio essendo stata ospide ad Ironforge in alcune occasioni. Ma quella nebbia era qualcosa che non aveva mai visto.
    Sentiva non essere nulla di naturale, malsano e malevolo, ma non era in grado di capire cosa e, bloccata in quel modo dall’incantesimo della Forsaken, non era in grado di analizzarlo.

    E infine, quella mattina si erano fermati.
    I Forsaken sembravano in fermento, li sentiva parlare della loro preda ritrovata, e li sentì discutere di un agguato da fare, qualcuno da bloccare.
    Vide la Forsaken che l’aveva imprigionata allontanarsi, seguita da alcuni dei suoi compagni. Sentì delle urla e delle voci che non riconosceva… e poi… si sentì libera.
    Non capiva cosa fosse successo, ma lentamente i suoi movimenti parevano tornare in suo possesso. I suoi muscoli rispondevano di nuovo, le sue braccia si muovevano come voleva lei… la sua volontà era nuovamente sua!
    Tutto attorno a lei anche gli altri prigionieri stavano lentamente riprendendo conoscenza, ed i Forsaken rimasti erano tutti corsi tra gli alberi, come se avessero risposto ad un richiamo preciso.
    Era ancora in gabbia, ma quella era la sua unica occasione per la libertà…

    #4902
     Meeme 
    Partecipante

    L’Elfa del Sangue lo osservò a lungo, studiando l’espressione triste del suo volto alieno e quegli occhi luminosi e vivi. Era vero quello che diceva della sua razza? Lei non lo sapeva, non aveva avuto contatti amichevoli con i Draenei ed i cadaveri non parlavano molto.
    Le immagini dei corpi fatti a pezzi la costrinse a distogliere lo sguardo dal sacerdote sperando che lui non si fosse accorto di quel disagio. *Erenion… quanti ne hai uccisi perché ti facevano orrore? Umani ed Elfi della Notte non ti bastavano più ed hai dovuto massacrare anche questi profughi venuti da un altro pianeta.* E sosteneva che erano simili, lui e lei, entrambi andavano in estasi all’odore del sangue e della battaglia.

    La Cacciatrice pensò che il Paladino si era sempre sbagliato su di lei e che era troppo tardi per tornare indietro e cambiare il passato.
    “Ma tu hai la possibilità di avere figli e creare per loro un mondo migliore. Hai la speranza di poterlo fare. Combatti per questa speranza come combatti per proteggere gli altri. Il mondo può essere un luogo molto triste, ma se abbandoni la speranza allora sei già morto.” Sussurrò con dolcezza. Si rese conto che lo stava consolando e che doveva sembrargli assurdo così lasciò cadere quel discorso tornando in silenzio.

    La grotta proseguiva illuminata da quel giallo innaturale così aprì il barattolo liberando i vermi, ormai non le servivano più. Non si aspettava di vedere quei naga dallo sguardo spento, sembravano strani e diversi dagli altri. I loro occhi così bianchi e vacui dovevano nascondere qualche segreto e capirlo avrebbe aiutato a scoprire la verità. I sassi erano l’unica cosa che importava loro, non scavavano delle gallerie per arrivare ai villaggi, recuperavano quei sassi proprio come la bestia catturata in superficie. Li osservò qualche minuto e poi fece cenno al suo compagno di ritirarsi in modo da poter parlare senza essere scoperti. “Conosco la razza dei Naga e quegli occhi mi insospettiscono. Riesci a capire se sono malati?” domandò diretta al draenei affidandosi al suo giudizio.

    #4931
     Selendil 
    Partecipante

    Era passato diverso tempo all’interno di quella cella.. Tutto le sembrava così ovattato, così distante, come se volesse a tutti i costi interagire con qualsiasi cosa, ma il suo corpo si rifiutasse di obbedire ai propri ordini.. Prigioniera del suo stesso corpo e privata di qualsiasi libertà che non fosse osservare in continuazione ciò che le accadeva intorno.

    I suoi stessi pensieri erano l’unica cosa che le tenevano compagnia sinora ed erano un continuo ciclo di ricordi che la riconducevano proprio all’interno di quella gabbia.. Più ci pensava e più era sicura di essere stata una sciocca a cercare di compiere un’impresa che una persona sola non poteva fare. Pensava ai propri genitori, al proprio fratello, sicura del destino che attendeva ai prigionieri come lei.. Era solo questione di tempo, una lenta discesa di sabbia in una clessidra formata semplicemente dalla disperazione e dall’agonia.

    Oramai il viaggio l’aveva portata fino a Loch Modan e la nebbia presente era del tutto innaturale, del tutto malsana. Fu ancora questione di tempo, ancora questioni di fatti in cui lei non aveva il minimo controllo, ma alla fine qualcosa accadde.. Si sentì libera, si sentì priva della propria schiavitù. Gli occhi ripresero il loro colorito e il suo corpo riprese a muoversi.

    Velocemente afferrò le sbarre della cella e si guardò intorno una, due, tre volte per essere sicura che la situazione fosse completamente fuori controllo per i Forsaken. Gli altri prigionieri stavano cercando di liberarsi e, pure lei, doveva tentare la propria possibilità di liberarsi.

    Iniziò a concentrarsi per cercare di richiamare l’aiuto del sole, il suo stesso calore, per cercare di colpire e sciogliere quelle sbarre metalliche.

    #4932
     Ilmarien 
    Partecipante

    “La chiave è nel loro aiutare e non cercare di uccidere solo perché è giovedì!” replicò Gahain finendo la frase della Forsaken e preparandosi all’inevitabile scontro. Lanciò un’occhiata di ringraziamento ad Alliria quando si sentì rinvigorito e concentrò tra le sue mani una grande quantità di energia di fuoco, mentre contemporaneamente concentrava l’elemento dell’aria sotto di lui. Subito prima che i Forsaken lo colpissero, piegò le gambe e si diede una spinta verso l’alto in modo da fluttuare temporaneamente a circa tre di altezza, abbastanza vicino da colpirli, abbastanza lontano da non essere colpito. Mentre saliva continuava a concentrare l’energia del fuoco nelle sue mani, accumulandola quasi fino al limite di non poterla più controllare. E quando fu nell’aria sopra i vari forsaken proiettò le mani in avanti aprendo i palmi delle mani a cono, e un largo cono di fiamme fuoriuscì dalle sue mani. Lo orientò in modo da colpire il maggior numero di Forsaken evitando i suoi compagni, con un occhio particolare a Thaidan, che era ancora indebolito. Finita la fiammata, tirò un respiro profondo e atterrò di fianco a Thaidan e Alliria, pronto a proteggerli.

    #4934
     Rilwen 
    Partecipante

    “Cercano di riprodurre la vita o cercano di riprodurre la *loro* vita?”
    Differenza fondamentale. Decisamente fondamentale. Perché una cosa era la vita normale, la vita vera. Quella che suo fratello si era tolto, tanto per intenderci. Quella che magari la Forsaken voleva era un altro tipo di vita. Malsana, proprio come diceva Lui.

    Merda quanto odiava essere d’accordo.

    Ma in ogni caso, Gahain fece proprio in tempo a evitare che dicesse le parole finali, quelle che *magari* sarebbero state eventualmente anche utili. Quasi ringhiò, e non contro la Forsaken (che era detestabile la sua parte eh), mentre questa cadeva a terra e Lui si scostava.
    “Stai attento.”
    Brava, Daelenn, brava, ottima pensata, quella di dire “stai attento” ad un demone. 110 e lode.

    Ma i Forsaken cominciarono ad attaccare, arrivando persino a lei. Cercò di svincolarsi, per poi creare una specie di mano enorme, una mano che aveva forme demoniache e che pulsava di luce violacea, e che agisse quasi di sfondamento sui Forsaken, in modo da allontanarli il più possibile da sé e dal gruppetto di Thaidan e Alliria. Certo che, Gahain…

    #4944
     Elan 
    Partecipante

    – DAELLEN e GAHAIN –
    I Forsaken avevano iniziato a lanciare le loro armi di fortuna contro Gahain, vedendo che si era alzato in volo. La loro mira era decisamente imprecisa e, complice il suo movimento irregolare, pochi colpi andarono a segno.
    Tuttavia, il draenei trovò particolarmente doloroso un sasso che lo colpì all’altezza del ginocchio destro. La gamba perse momentaneamente sensibilità a causa del colpo, ma a parte il fastidio non sembrava aver recato altri danni.
    I Forsaken, al contrario, non sembravano pronti ad affrontare la sua scarica di fiamme. Vennero investiti in pieno dal suo incantesimo, ed urlarono mentre le fiamme li avvolgevano, consumando prima le loro vesti, per poi ridurre ciò che rimaneva dei loro corpi in maleodoranti mucchietti di cenere.
    “Bel trucchetto quello di volare…” commentò Thaidan, ancora in forma ferina. I suoi occhi erano pieni di vita e attenti a tutto come sempre. Ma c’era qualcosa nella sua espressione che preoccupava il Draenei.

    La situazione per Daellen, tuttavia, era un poco più delicata.
    La mano demoniaca aveva sortito un effetto spettacolare, spingendo indietro quelle creature come fossero stati nient’altro che pagliuzze prive di peso. Ma pur respingendoli non li aveva cacciati.
    Agguerriti come non mai, i Forsaken avevano rivolto i loro attacchi alla mano, mordendola e graffiandola.
    La Warlock era sconcertata dal notare come quelle mostruosità sembravano godere dal strappare coi denti pezzi di carne demoniaca. Alcuni di loro parvero persino mangiarla, e lei non poté fare a meno di ricordare con un certo disgusto i suoi studi, che parlavano delle abitudini necrofaghe di quelle bestialità.
    Si nutrivano di cadaveri – dei loro stessi cadaveri! – per recuperare le forze. L’Elfa del Sangue non sapeva che effetto avessero gli incantesimi curativi su di loro, ma di una cosa non aveva dubbi: per curarsi non avevano bisogno di tanti sforzi…
    Ed era esattamente quello che stavano facendo in quel momento.
    La mano demoniaca non resistette a lungo sotto quell’assalto, e appena si dissolse nelle ombre i Forsaken tornarono all’attacco contro di lei.
    Trovandosi ad indietreggiare, la Warlock quasi non cadde a terra per evitare un’artigliata diretta al suo viso. Ma in quel momento una sfera di energia oscura si abbatté al suolo, polverizzando all’istante gli ultimi Forsaken che le si erano avvicinati un po’ troppo.
    Un istante dopo, Lui le si era materializzato accanto.
    “Stai attenta…” le disse, facendole l’occhiolino.
    La stava prendendo in giro, lo sapeva. Ma, intanto, probabilmente le aveva salvato la vita, eliminando definitivamente la minaccia di quelle bestialità.

    – LA CACCIATRICE –
    Nathaniel le aveva sorriso, il sorriso più dolce che la cacciatrice avesse mai visto. Un sorriso pieno di gratitudine.
    “Siete una creatura molto dolce, Cacciatrice.” le disse a bassa voce. “Un giorno, se lo vorrete, mi piacerebbe conoscere la vostra storia. E mi piacerebbe sapere cosa ha strappato a voi la speranza.”

    Non la importunò oltre, lasciandola andare da sola in avanscoperta, e solo quando notò il suo cenno la raggiunse, osservando i Naga con sguardo cupo.
    Era la prima volta che la Cacciatrice vedeva nei suoi occhi buoni qualcosa di molto simile alla rabbia.
    Evitò in ogni caso qualsiasi commento, e alla sua domanda si concentrò un istante. I suoi occhi divennero per un istante vitrei come quelli delle creature che stava analizzando, per poi riprendere il loro naturale colore violaceo dopo qualche minuto.
    “Non sono malati.” dichiarò alla fine. “Ma non sono più proprietari della loro volontà. Deve essere l’opera di un Sacerdote potente. Sono gli unici ad essere in grado di manipolare energie simili.”
    Lo aveva detto con una sorta di disgusto nella voce, come se disprezzasse altamente quelle pratiche.

    – YLYSSAE RAINBREEZE –
    Quando la druida chiamò in suo aiuto la potenza del Sole, questi parve brillare ancora più intensamente, trafiggendo quella nebbia innaturale che sembrava posarsi su ogni cosa ed investendo le sbarre con la sua luce.
    Ylyssae dovette aspettare solo qualche secondo, conosceva i metalli e sapeva come poterli modellare al meglio.
    Così, appena le sbarre furono incandescenti al punto giusto, le colpì con un calcio con studiata precisione, spaccandole di netto come se non fossero state altro che dei deboli rametti secchi.

    La libertà la investì in una volta come un torrente in piena, tanto che quando si rimise in piedi per un attimo ebbe il terrore di cadere.
    Le gambe faticavano a reggerla in piedi, e si sentiva debole e stanca. Troppe erano state le settimane di prigionia, troppi gli stenti in cui era stata costretta.
    Ma i suoi sensi erano svegli ed attivi, e non ci mise molto a cogliere i rumori di una battaglia.
    Urla, esplosioni e tonfi pesanti arrivavano da poco distante rispetto a dove si trovava lei.
    Dovette sforzarsi per distinguere meglio i suoni, ma con un poca di concentrazione riuscì a cogliere distintamente una voce maschile, da un timbro vagamente alieno.
    Si stava sforzando per capire meglio cosa stesse dicendo, quando dei lamenti più vicini distolsero la sua attenzione.
    “Aiutaci!”
    Erano gli altri prigionieri. Molti tendevano le mani verso di lei, soprattutto donne giovani e bambini. “Ti prego, liberaci!!”
    Solo in quel momento la druida si accorse che era stata l’unica a riuscire a liberarsi.
    Dentro le gabbie c’erano anche molti piccoli worgen, nella loro forma maledetta. Sembravano niente più che piccoli cuccioli impauriti, e rimanevano acciambellati negli angoli più lontani, guaendo debolmente con gli occhi chiusi.

    #4946
     Ba 
    Partecipante

    Deathwing.
    Un nome sinonimo di morte, dolore, distruzione.
    Rikr spiccò il volo e prese a vorticare attorno al tauren, allarmato. Questi esseri erano la progenie oscura di quel mostro.
    Il suono agonizzante dei lupi, accompagnato dal sogghigno del Dragonkin, confermò le sue paure.
    Stavano arrivando.
    Sentì montare dentro di sè un’onda di rabbia.
    Quella bestia nefasta che oscurava tutti i cieli in cui distendesse le sue nere ali stava ferendo ed ammorbando la Madre Terra, che tanto aveva già dovuto soffrire.
    Il vorticare di Rikr lo distolse dai pensieri oscuri alimentati dall’ombra di Deathwing.
    Doveva legare il Dragonkin.
    Il suo tocco di poco prima l’aveva ferito più di quanto fosse ragionevole.
    Recuperò una corda e ne saggiò la resistenza tendendola.
    Si avvicinò e strinse con maggiore energia le braccia della creatura, verificando se la reazione fosse la medesima di poco prima.
    Poi spinse la creatura contro il tronco dell’albero.
    «Un ultimo sforzo Zatanja, tienilo così.»
    Girò la corda attorno a braccia e busto della creatura e poi attorno all’albero.
    Poi passò alle zampe e fece la stessa cosa.
    Si fermò un secondo e, col rimanente, legò anche il collo all’albero.
    «Mi dispiace, ma non possiamo lasciarti andare.»
    Il tono del tauren era sinceramente dispiaciuto. Quella creatura era folle. Chi non lo sarebbe con un creatore simile?

    «Ora dobbiamo andare, seguiamo Urok con prudenza.»
    Rikr tornò ad appollaiarsi sulla sua spalla col pelo tutto arruffato.
    «Tranquillo Rikr, riusciremo a proteggere sia Zatanja che Urok.»
    Lo spiritello si diede una scrollata e fece un sospiro.
    Gungnir non era sicuro di quello che aveva appena detto, ma era certo che avrebbe aiutato gli altri a stare più tranquilli.
    E se il piccolo scoiattolo non fosse stato tranquillo, lui non avrebbe saputo cosa fare in caso di necessità.
    Tese tutti i muscoli e i sensi, il pericolo poteva celarsi dietro ad ogni angolo e, purtroppo, la foresta era un ottimo luogo dove celarsi e colpire di sorpresa.
    Forse, invece di correre verso il nemico, avrebbero dovuto sfruttare il loro vantaggio e tendere un agguato agli alleati del Dragonkin che sicuramente non avrebbe mancato di gridare aiuto.
    Rikr confermò e gli suggerì di dirlo a Urok appena l’avessero ritrovato.
    Gungnir nascose un sospiro di sollievo, Rikr era di nuovo in sè.

    #4948
     Meeme 
    Partecipante

    L’elfa rimase un attimo spiazzata da quel sorriso e quelle parole, non era più abituata a ricevere dei complimenti ed avvertì l’imbarazzo colorarle le guance. La maschera per fortuna nascose quel disagio e lei socchiuse le labbra per dire qualcosa, qualcosa che potesse ferirlo. Sospirò restando però in silenzio perché in realtà non le piaceva affatto renderlo triste. Voleva rispondergli che aveva detto solo quello che pensava, come sempre, e che chiunque gli avrebbe risposto in quel modo. Lei non era dolce, forse un tempo lo era stata, ma aveva preferito rinchiudere quella parte di sé dove nessuno potesse trovarla.

    Il Draenei aveva quel espressione così calma e dolce da amplificarle il senso di colpa. Scosse il viso e si morse un labbro a sangue per scacciare via il veleno. Provava curiosità per lei eppure era lui ad essere un animale esotico agli occhi della Cacciatrice. Fortunatamente la grotta e quei Naga riuscirono a catalizzare la sua attenzione su qualcosa di concreto. Ascoltò la spiegazione del Sacerdote e schioccò la lingua. “E ti chiedi perché non mi piacciono i vostri incantesimi?” mormorò seccata tornando a comportarsi in maniera schiva. “Non possiamo interrompere l’incantesimo senza prima rendere innocuo l’incantatore. Continuiamo ad esplorare la grotta, forse si nasconde nelle sue profondità.” suggerì al suo compagno indicandogli la via in modo da passare inosservati. Era quasi certa che i Naga non avrebbero notato la presenza di estranei, persi nel loro lavoro, ma preferiva non rischiare.

Stai vedendo 20 articoli - dal 101 a 120 (di 300 totali)

La discussione ‘La Lacrima di Pietra’ è chiusa a nuove risposte.

© Le Torri di Frontiera 2024. View Changelog v3.0.9

Log in con le tue credenziali

o    

Hai dimenticato i tuoi dettagli?

Create Account