Le Stagioni Evanescenti

Questo argomento contiene 293 risposte, ha 7 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Elan 7 anni, 8 mesi fa.

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  • #1760
     Meeme 
    Partecipante

    La paladina non avrebbe dimenticato lo sguardo del sergente nano, sapeva di essere stata spietata, ma era l’unico modo per fargli capire lo sbaglio. Lei non era una madre amorevole, era la Legione e non poteva rischiare la vita dei suoi figli, nemmeno per qualcuno che in fondo ammirava per il folle coraggio. Il passato l’aveva forgiato rendendolo impulsivo e spericolato, ma altri avevano pagato il suo sbaglio ed ora ne pagava il costo… *…nel modo più doloroso…* pensò lei e sospirò. Gli occhi ambrati del nano sembravano spenti, Narwain comprese il suo dispiacere e sperò che non avrebbe più commesso simili errori. *…così non servirà esiliarlo dall’esercito…* concluse i suoi pensieri gettandosi poi nella mischia.

    Gli orchi erano superiori numericamente e più riposati, ma la Decima Legione non si sarebbe arresa prima di pacificare il nemico. Guidò le truppe, dovevano sfruttare la carica selvaggia degli avversari per spezzarli. Gli orchi erano forti, ma la disciplina della Legione avrebbe avuto la meglio. Gli scorpioni falciavano i corpi prima che riuscissero a raggiungere i reparti a distanza, la paladina fece cenno agli arcieri di scagliare contro la carica avversaria per abbatterne il più possibile prima di scontrarsi con la fanteria. Erano bestie e come bestie andavano abbattute, non c’era pietà per loro così come loro non ne provavano a macellare i suoi soldati.

    Le bestie meritavano il fuoco, la paladina non avrebbe potuto difendere tutti i reparti e la Legione stava subendo troppe perdite, ma poteva bruciare ogni cosa intorno a lei inghiottendo quei mostri. La spada fiammeggiante teneva alla larga i suoi assalitori, aveva perso di vista la sergente Bree, ma era sicura che stesse lottando come una furia e non doveva preoccuparsi di lei. “Io sono la luce!” tuonò gettando lo scudo in terra e brandendo la lama elfica con entrambe le mani. “E voi, Capo Guerra Zair Zelar, non potete nascondervi da me!” Il vigliacco credeva di poterla uccidere a tradimento, lei scattò e si preparò ad eseguire un contrattacco dopo aver evitato l’attacco alle spalle.

    #1763
     Andrew_The_Wolf 
    Partecipante

    Si sentiva bene, tutto sommato era vivo e vegeto. Prima di uscire inserì nella tenda di nuovo un suo sigillo per far in modo che il suo teletrasporto portasse sempre lì, in quel luogo durante quel piccolo inconveniente. E per di più, l’antidoto funzionava… e funzionava anche bene! Nessun rigetto, nessun effetto collaterale.

    Ma non cambiava il fatto che la sua magia si stava affievolendo: a son di usare i suoi incantesimi sarebbe rimasto a secco prima o poi. Aveva un piano di emergenza in questi casi: il Festival. Decise di andare a prendere la scorta di pergamene e bacchette. In più decise che sarebbe andato a prendere il suo bastone magico. Era un oggetto molto prezioso, ma in quel frangente gli sarebbe stato molto utile per la difesa del campo e dei suoi amici.

    Si sarebbe diretto verso due luoghi precisi, usando un incantesimo di illusione per passare inosservato sino ai nascondigli, nascondigli fatti usando una corda e la magia: dentro ci avrebbe trovato il bastone in uno, nell’altro una manciata di bacchette.

    Il primo era usato per dividere le forze nemiche tramite illusioni, le seconde gli sarebbero servite per portare un messaggio a tutta la legione nel raggio di un paio di kilometri e avrebbe portato le pozioni letteralmente in mano ad ogni membro della Legione.
    Il bastone era una sua creazione: trasformava ampie zone di terreno a suo piacimento, creando illusioni talmente reali che i soggetti all’interno sarebbero stati difficilmente immuni al suo effetto. Aveva solo un difetto: avrebbe colpito amici e nemici. Ma perchè il suo “festival” fosse perfetto, doveva avvisare tutti di ciò che stava per fare.
    Le bacchette potevano creare dei piccoli elementali della terra, solitamente con forme di animali da tana: li avrebbe usati per portare un messaggio e in regalo una boccetta di antidoto.

    Ma doveva tornare alla tenda degli alchimisti e doveva essere protetto mentre incanalava il potere del bastone: in quel frangente sarebbe stato fisicamente in pericolo se qualcuno lo avesse trovato.

    #1764
     Sir Gruumsh 
    Partecipante

    Non aveva mai visto Astrid combattere…era consapevole della sua tenacia, soprattutto dopo quello che era successo contro quegli insetti che avevano tentato di assediare il loro accampamento, ma non pensava fosse così letale e furiosa…niente poteva distoglierla dall’uccidere tutto ciò che le si parava davanti e probabilmente se la sarebbe cavata anche dopo quel passo falso senza che lui la aiutasse ma era suo dovere tenerla d’occhio, avevano deciso di aiutarsi a vicenda e così dovevano agire.

    Torgan si stava considerando fortunato…quasi tutti i suoi compagni erano impegnati in scontri corpo a corpo ma per il momento lui non era ancora stato direttamente attaccato e quindi poteva dedicarsi a ciò che gli riusciva meglio mantenendo una certa freddezza ma tutto ciò non poteva durare ancora per molto e infatti qualcuno si rese conto della sua presenza e non era un nemico sconosciuto.

    “Era logico che andasse a finire così…dannazione!”
    Il Capobanda era ancora evidentemente arrabbiato per lo smacco subito nel suo accampamento e finalmente aveva la sua occasione e Torgan ora era consapevole solo di una cosa: NON permettergli uno scontro ravvicinato.
    Buttò l’arco per terra; non avrebbe avuto abbastanza tempo per usarlo con efficacia e soprattutto aveva bisogno di una certa libertà di movimento, perchè se non poteva usare una grande forza almeno aveva una discreta agilità ed una certa intelligenza rispetto a chi lo stava caricando.

    Aveva dei coltelli con sè: decise di rimanere immobile fino al momento che più riteneva opportuno e, quando l’orco si sarebbe trovato alla distanza che lui giudicava più giusta, avrebbe lanciato la sua arma con la sua solita velocità mirando tra il collo e il cuore…poi si sarebbe scansato per evitare di essere travolto e se era particolarmente fortunato avrebbe provato a farlo cadere a terra con uno sgambetto per poi finirlo velocemente: ora doveva solo aspettare e sperare…

    #1773
     Mordoth 
    Partecipante

    Il mezzorco annuì appurando lo svenimento del prigioniero.
    Poi si girò verso le guardie: “Bene, spero non serva che paghiate tale prezzo…” ne stavano morendo già troppi fuori da quella tenda.

    Alzatosi si avvicinò al secondo soldato e gli mise una mano sulla spalla. “Abbiamo una missione.” Disse solamente, facendogli capire che condivideva totalmente la pena che provava, il dubbio di stare facendo la cosa giusta mentre compagni e amici morivano.

    Non dedicò più di un momento per quel messaggio implicito, il tempo non era dalla loro parte.
    “A voi non dava sui nervi sentirlo blaterare?” Replicò in risposta al primo soldato.
    “Inoltre svenuto com’è è più facile da spostare senza che i suoi compari se ne accorgano.” Vedeva già delle repliche negli occhi dei due soldati e si affrettò a chetarle. “Lì fuori è un macello. Hanno attaccato per due motivi e quel tizio là dietro penso sia uno di questi. Se scoprono che lo teniamo qui potremo fare ben poco noi tre… voglio spostarlo facendo credere ai pellenera che in realtà si trovi proprio qui.”
    Lasciò che l’idea penetrasse nelle loro menti prima di continuare.
    “Il buio… ricordatevi che al buio i drow ci vedono meglio di noi di giorno… pregate che non decidano di entrare qui dentro cercando riparo perchè appunto buio… e ditemi i vostri nomi per favore.”
    Aspettando risposta, il Cerusico si mosse verso l’entrata della tenda e da uno spiraglio controllò la situazione all’esterno.

    #1775
     Ilmarien 
    Partecipante

    Nel vedere la scena Aran provò una rabbia incredibile. Ma subito dopo si rese conto che l’assalitore invisibile doveva essere vicino. Si andò a posare su un ramo mentre osservava la scena, e mentre fingeva di lisciarsi le penne delle ali, girò l’anello usando il becco. *C’è un nemico invisibile nei dintorni. Lethyr, Sakir, copritevi a vicenda e ritiratevi al sicuro. Vuran, raggiungi la mia posizione*.

    Nel mentre si guardava freneticamente intorno in cerca di segni nel fogliame e nella neve. E per fortuna li trovò: una serie di impronte che non poteva essere di Koras si dipartiva dal corpo del nano e sembrava terminare nel nulla. Osservò le impronte per alcuni secondi e ne vide comparire un’altra, segno che l’assassino era ancora lì. Ora Aran sapeva dove si trovava ed era in grado di seguire i suoi movimenti. Chiunque fosse stato, non era il primo venuto, e poteva benissimo essere a conoscenza delle capacità di Aran.

    Per questo il Capo Ricognitore si lasciò semplicemente cadere verso di lui usando le ali aperte per controllare la velocità di caduta ma senza sbatterle in modo da non far rumore. Si ritrasformò quando si trovò un paio di metri sopra di lui, i pugnali già estratti e pronti a infilzare il suo bersaglio usando semplicemente la velocità di caduta. Con un po’ di fortuna sarebbe riuscito a metterlo fuori combattimento prima che quel… senziente… potesse rendersi conto di quello che stava succedendo.

    #1782
     Deoris 
    Partecipante

    Dopo aver ripreso le sue energie Kirara riuscì finalmente a comprendere cosa era appena successo. Zaymar, quello stesso Zaymar di cui aveva dubitato fino a pochi minuti prima, era accorso a salvarla. Un misto di senso di colpa e rabbia la pervase. In parte perchè era stata colpa sua se si era ritrovata in balia di un potere di cui stava finendo vittima, in maniera del tutto inconsapevole. In parte perchè era stata così stupida da farsi manipolare come una pivella…e ora avrebbe dovuto dargliene conto.

    La guancia le bruciava ancora per lo schiaffo ricevuto da Rhiannon, e si portò una mano al viso mentre con l’altra si alzava per torreggiare sopra di lei. Si portò accanto a Zaymar, la cui ombra si proiettava su quella della milady, che nel suo strisciare sembrava aver perso tutto il suo fascino. ” C’è mancato veramente poco” gli disse un pò seccata. Mostrare gratitudine non era tra le cose che le riuscivano meglio. ” La prossima volta che mi mandi a sventare il piano malefico di una sacerdotessa in possesso di poteri di ammaliamento sarebbe meglio che mi avvisassi.” aggiunse fissando Rhiannon con disprezzo. ” Che tu sia venuto per me o meno…grazie.” aggiunse infine controvoglia.

    #1783
     Elan 
    Partecipante

    – ARAN GOODMAN –
    L’assalitore di Koras era un orco incredibilmente longilineo, data la sua razza. Agile e scattante, era il perfetto infiltrato: la sua pelle era cosparsa di una sostanza che la rendeva bianca come la neve, e lo stesso erano i suoi vestiti. Se non fosse stato per la sua vista acuta di corvo, Aran era certo che non sarebbe stato in grado di individuarlo.

    Spinto da una rabbia cieca e vendicativa, il Capo Ricognitore si gettò contro il suo avversario, sfruttando tutta la forza data dalla caduta e, quando gli fu addosso, piantò la lama talmente in profondità da sentire il sangue investirgli la mano.
    Nessuna resistenza, nessun controattacco.
    L’orco rimase immobile, una chiazza rossa che si allargava sempre di più sul suo petto, un misterioso sorriso sulle labbra.
    E mentre un gorgoglio tanto simile ad una risata usciva dalla sua gola, l’aria venne riempita da un nuovo urlo: Lethyr.

    Col cuore che gli scoppiava in gola, Aran girò l’anello per ottenere informazioni, ma nessuna risposta giunse dalla cecchina.
    “E’ stata presa da un gruppo di orchi, non l’ho raggiunta in tempo!” fu la voce di Vuran a rispondere alle sue preoccupazioni. “Si stanno ritirando verso l’accampamento orchesco!”
    “Sono abbastanza vicino!” ribatté Sakir. “Cerco di raggiungerli e tenerli impegnati mentre arrivate! Fate presto!”
    Gli orchi difficilmente facevano prigionieri, ed il fatto che Lethyr fosse stata presa non prometteva nulla di buono.
    Ogni secondo poteva essere vitale.

    – NARWAIN GALATHIL –
    I soldati della Legione affrontavano con coraggio e valore quel nemico tanto micidiale. Le perdite erano innumerevoli, le urla di dolore e morte riempivano l’aria come un inquietante requiem, e tuttavia la determinazione nei loro occhi non sembrava vacillare.
    E, testimone di quella determinazione, era il sangue che scorreva per terra. Non solo dei loro soldati, ma anche degli orchi che, lentamente, venivano abbattuti.
    Gli scorpioni lanciavano i loro attacchi distruttivi, ognuno di essi era seguito di una carica di rinnovato vigore della fanteria, che difendeva coi denti ogni centimetro conquistato.

    Narwain era immersa in tutto questo caos quando il capoguerra sferrò il suo attacco.
    Certo che i rumori della battaglia avrebbero coperto la sua presenza, Zair Zelar rimase però decisamente perplesso quando invece si accorse non solo di essere stato scoperto, ma anche di trovarsi di fronte ad un’avversaria potente ed agguerrita.

    “La vostra Legione dovrà arrendersi di fronte alla nostra potenza!!” urlò di rimando il Capoguerra, cercando evidentemente di demoralizzarla. Il contrattacco della paladina lo aveva colto impreparato, ed ora sanguinava copiosamente da un fianco.
    Il suo ghigno malefico tuttavia non voleva saperne di sparire dal suo volto.
    Aveva fatto cadere il pugnale con cui aveva cercato di assassinarla, ed ora brandiva un’ascia a due mani che, nonostante la ferita, reggeva con forza.
    Si lanciò alla carica con un ruggito di sdegno, e insieme a lui si gettarono contro Narwain altri cinque orchi.
    Il loro combattimento non era né leale né pulito, e diverse volte la paladina evitò appena per un soffio un colpo devastante.

    La battaglia sembrava disperata sia per lei che per i suoi uomini. Ma mentre le speranze iniziavano ad abbandonare i più giovani, un boato assordante scosse le montagne, come il rombo i mille valanghe.
    Tutti furono costretti a fermarsi, tanto quel boato aveva fatto tremare loro le membra, ma Narwain era immune alla paura, ed aveva riconosciuto quel suono. Davor Zelar stava contribuendo alla battaglia, ed i suoi potenti costrutti si erano uniti alla lotta, combattendo fianco a fianco con la Legione.

    – TORGAN –
    La carica del suo avversario sembrava senza tregua. L’orco, spinto da un’insaziabile sete di vendetta, gli stava correndo incontro ignorando qualsiasi ostacolo. Ogni volta che un uomo della Legione si poneva di fronte a lui per arrestare la sua avanzata, la sua ascia roteava potente sopra di lui, ed una testa cadeva, senza che il capobanda avesse nemmeno guardato a chi fosse appartenuta.

    Era solo a pochi metri di distanza quando Torgan lanciò il primo pugnale.
    La lama penetrò a fondo nella carne della gola dell’orco, ma questo parve non badarci nemmeno. Con un ruggito di rabbia si strappò il pugnale dalla carne, facendo fuoriuscire un fiotto di sangue scuro dalla ferita fresca, e continuando a correre, come se nulla più importasse ormai al mondo.
    Trenta metri…
    Venticinque…
    Venti…
    Nonostante la paura, Torgan aspettava il momento più adatto per il secondo attacco, e quando l’orco fu ad una decina di metri da lui, fece partire il secondo pugnale.

    Il lancio fu preciso e potente, e lacerò l’armatura nemica come fosse stata burro, penetrando sempre più in profondità, conficcandosi fino all’elsa nelle carni nemiche.
    L’urlo che ne seguì fu disumano.
    L’orco arrancò e rantolò, provando forse per la prima volta un dolore tanto intenso.
    I suoi occhi si spalancarono e si fecero vitrei, ma la sua carica non sembrava arrestarsi nemmeno tra gli sparmi della morte.
    Spinto ormai solo dalla forza del suo slancio, l’orco caracollò addosso a Torgan con tutto il suo peso. L’agilità del Tiratore Scelto fu sufficiente per permettergli di evitare di essere investito in pieno da quella carcassa gigantesca, ma con l’ultimo residuo di forza, la mano dell’orco si strinse attorno ad un suo braccio…
    Ed il mondo per Torgan perse qualsiasi senso.

    Trascinato dal peso e dallo slancio del nemico, il mezz’orco venne trascinato nella neve, in un groviglio di membra e neve. Sentì un boato improvviso, e la terra tremare sotto di sé, ma tutto era distante e vago.
    L’unica cosa che riempiva il suo mondo era un odore acre ed intenso di sangue, e la puzza del corpo del suo nemico che – ormai senza vita – lo sovrastava schiacciandolo a terra e togliendogli il respiro.

    – GRUBEN –
    I due soldati si guardarono perplessi. Quindi, con un mezzo sorriso comprensivo, annuirono.
    “La sua arroganza non è stata spenta neanche dalle attenzioni degli inquisitori…” confessò uno, accompagnando la frase da una risata un poco tesa.

    Tuttavia, l’idea di spostare il prigioniero non sembrava entusiasmarli pariticolarmente.
    “E come potresti da solo difenderlo meglio di noi? Se i drow sono arrivati ovunque…” la frase gli morì in gola, così come sembrava che stesse facendo la sua speranza.

    Nessuno dei due sembrava sapere della capacità dei drow di vederci al buio, ed appena Gruben rivelò loro quel dettaglio calò il silenzio. Uno dei due si voltò, armeggiando con qualcosa alle sue spalle, e l’aria attorno a loro si illuminò nuovamente della luce naturale del sole che filtrava attraverso la tenda
    “Non li abbiamo mai affrontati direttamente…” si giustificò l’altro, borbottando imbarazzato

    “Soldato Waer! – Soldato Harad! risposero dunque con prontezza, eisibendosi in un rigido saluto militare.
    “Cerusico Gruben, prima di permettervi di portare via il prigioniero dobbiamo chiedervi quali siano le vostre intenzioni. “

    – KIRARA –
    Zaymar riservò a Kirara un’occhiata terribile, come se avesse potuto fulminarla all’istante con lo stesso potere con cui aveva schiacciato a terra Rhiannon. Il suo volto, visto in quell’esplosione di potere incontenibile, era una maschera irriconoscibile, che incuteva un timore reverenziale solo che a guardarlo.
    Non le rispose, ma sferzò l’aria con una mano, e l’Oracolo cadde priva di sensi senza emettere neanche un singolo gemito.

    A terra ora erano riverse sia Rhiannon che la donna misteriosa, e Zaymar parve perdere per loro qualsiasi tipo di interesse.
    Si voltò verso Kirara e la fronteggiò. L’oscurità avvolgeva ancora il suo corpo, eppure sembrava iniziare ad attenuarsi leggermente…
    “Eri stata messa a conoscenza del piano di Lady Galathil.” disse con durezza. “Sapevi che con ogni probabilità lei avrebbe cercato di soggiogarla, ed io stesso ti avevo avvertito che i nostri sospetti erano fondati. Pensavi che avresti dovuto raccogliere fiorellini?”
    Il Sergente era furente, una rabbia che però Kirara sentiva non essere indirizzata verso di lei.

    “Quando non ho ricevuto più alcuna comunicazione ho capito che le cose dovevano essere peggiorate. Ma per venire qui ho lasciato una situazione ben peggiore.”
    La guardò negli occhi, e all’improvviso Kirara vide un’enorme stanchezza nel suo sguardo, a stento contenuta da quell’enorme potere che lo ammantava.
    “I drow sono penetrati ovunque nel campo e molti dei nostri uomini sono stati schiacciati. Potete cercare un rifugio, se preferite, oppure potete combattere con noi. Nessuno vi accuserà, qualsiasi sarà la vostra scelta.”

    – SAREF –
    Rincuorato dalla scoperta dell’efficacia dell’antidoto, Saref mise in atto il suo festival senza osare aspettare nemmeno un momento di troppo. Ogni secondo poteva essere vitale, e salvare qualche soldato dalla malvagità del veleno drow.
    La traversata dell’accampamento fu tranquilla, grazie ai suoi incantesimi, ma ciò che vide lo inquietò molto più di quanto non avrebbe mai potuto immaginare.

    I drow erano ovunque.
    All’interno delle tende, tra le strade del campo. Ovunque, troneggiavano con le armi lorde del sangue dei soldati della Legione.
    Stringendo I denti per ignorare quella scena, Saref riuscì a raggiungere il nascondiglio in cui erano custoditi tutti I suoi averi ed, infine, mettere in atto il festival.
    Centinaia di piccoli scoiattoli, conigli, procioni e volpi esplosero dalla punta del suo bastone, ricevendo la boccetta di antidoto e partendo rapidi come il fulmine per assolvere il loro compito.

    L’intera operazione richiese diversi minuti, ma una volta portata a compimento Saref fu certo che almeno una parte dei soldati fosse stata protetta dal veleno mortale.
    Era il momento della seconda parte del suo piano.
    Senza troppe cerimonie, scatenò la furia delle sue illusioni, certo che avrebbe favorito la Legione molto più dei danni che avrebbe potuto arrecare
    Il risultato fu quasi istantaneo.
    Urla terrorizzate iniziarono a levarsi tra I combattenti, ed il panico si propagò all’istante tra le file, sia nemiche che amiche. Il terreno su cui si stava svolgendo lo scontro non era più un semplice campo innevato…
    Sulla sua superficie erano sorti dal nulla piccoli speroni aguzzi e, in mezzo ad essi, profondi crateri all’interno dei quali la lava ribolliva fumando.

    #1784
     Meeme 
    Partecipante

    La Legione era formata sia da volontari sia da soldati di professione, era nel campo di battaglia che si notava quella differenza. I volontari erano i primi a cadere, li aveva addestrati, ma molti non erano ancora pronti all’orrore della guerra. I soldati di professione sapevano dove e quando colpire e consolidavano la posizione per affaticare il nemico e poi ucciderlo.

    Narwain era stata addestrata alla guerra fin da ragazza e quello era il suo mondo. Sangue ed arti mozzati non la impressionavano; l’odore di morte non la faceva vacillare e l’acciaio era parte del suo braccio. Il Capoguerra attaccava in superiorità numerica, lei sganciò il mantello ormai lordo e lo usò per infastidire uno degli orchi prima di mozzargli la testa con un unico colpo. Il suo istruttore le aveva detto molto volte che non era facile spiccare la testa dal corpo con un solo fendente, era un gioco di spalle e non di braccia, un gioco che la paladina aveva imparato.

    Scartò il Capoguerra sfruttando la maggiore mobilità permessa dalla sua armatura elfica e si portò accanto agli altri quattro nemici rimasti. Colpì di piatto il primo per tramortirlo e sfruttò la perdita di equilibrio per aprirgli il torace con un fendente laterale; la lama incandescente accecò il secondo attaccante e lei lo giustiziò prima che si riprendesse; al terzo mozzò un braccio ed una gamba prima di dare il colpo mortale; il quarto lo afferrò alla gola e le fiamme lo avvolsero in un eterno rogo. Guardò il Capoguerra e tolse l’elmo che ormai la opprimeva a causa della fatica.

    La diplomazia era finita e non avrebbe sprecato altre parole con lui, Narwain Galathil gli puntò la lama fiammeggiante e negli occhi grigi non c’era timore o pietà. Zair Zelar era ferito ad un fianco, lei sapeva che avrebbe inconsciamente protetto la ferita con il corpo, era un riflesso naturale che avrebbe sfruttato. L’arma avversaria era più pesante e letale, avrebbe schivato, deviato e schivato per farlo stancare prima di colpire in modo letale. Era la danza del suo antico popolo, una danza mortale che conosceva a memoria.

    #1875
     Elan 
    Partecipante

    – NARWAIN GALATHIL –
    Vedere i suoi uomini cadere in quel modo sotto i colpi della paladina scatenò in Zair Zelar una furia omicida. I suoi occhi si iniettarono di sangue e dalla sua gola proruppe un urlo che ben poco aveva di umano.
    Si gettò contro la paladina senza badare di risparmiare alcuna energia, con l’unico intento di uccidere, ed i suoi colpi erano potenti e devastanti.

    L’ascia dell’orco e la spada della paladina si incrociavano producendo scintille, e ad ogni colpo Narwain sentiva le braccia tremarle per l’urto. In un’occasione, la lama nemica riuscì a passare le sue difese, e lei vide uno scintillio di piacere negli occhi dell’orco, mentre il sangue iniziava a scorrerle lungo un braccio. Ma lei era più veloce, e intendeva sfruttare quel vantaggio a suo favore.
    Schivava un colpo dietro l’altro, indietreggiando sempre di più in modo da avere lo spazio necessario per muoversi e, alla fine, l’occasione che aveva tanto aspettato finalmente si presentò.
    Nello sferrare un colpo particolarmente potente, Zair Zelar si sbilanciò, scoprendo il fianco già ferito, e fu allora che la paladina colpì.

    La sua lama si infiammò del fuoco purificatore della sua Dea, e con precisione la affondò nel corpo di Zair Zelar.
    Il gorgoglio che uscì dalle sue labbra si indebolì lentamente, mentre il sangue spillava dalla ferita abbandonando il suo corpo. Il nemico era sconfitto, e a stento riusciva a trattenersi gli intestini nel corpo, ma dal suo volto il ghigno non era minimamente scomparso.
    “Questa vittoria… non sarà… che momentanea…” le sue parole erano accompagnate da rivoli di sangue che gli colavano dalle labbra “Inverno morirà… e quando non avrete… più stagioni… resterà solo il caos…”

    #1876
     Elan 
    Partecipante

    – INTERLUDIO –
    La Battaglia della Decima Legione

    Nell’accampamento della Decima Legione l’esito dello scontro sembrava ormai segnato.
    I drow erano penetrati in ogni angolo, ed il fumo aveva riempito l’aria, creando una cappa impenetrabile che rendeva impossibile persino il semplice respirare. Le esplosioni risuonavano ad ogni angolo e, sul campo di battaglia, la neve aveva perso il suo candore, tingendosi di un rosso scarlatto che puzzava di morte.

    In mezzo a quel concerto di morte e orrore, pochi eroi della Legione ancora sti stagliavano come baluardo contro le forze dei Drow.
    Tra essi, Lilith ed il Comandante Julian si stagliavano per il potere che scatenavano sui nemici.
    Il Lord Comandante stava affrontando in un terribile corpo a corpo la Regina dei Drow. I due condottieri erano circondati dalle rispettive forze, ma nessuno osava avvicinarsi troppo a loro.
    La consigliera della Decima Legione, invece, si era rivelata una validissima alleata negli scontri: Signora delle Nevi e del Gelo, in quell’ambiente innevato si sentiva come a casa propria.
    I drow che tentavano di avvicinarsi a lei nulla potevano contro la furia degli elementi che riusciva a controllare, e quelli che riuscivano a fuggirle avrebbero ricordato per sempre il gelo che era stata in grado di emanare.
    Potente, profondo, in grado di gelarti gli organi stessi ancor prima della pelle.

    Ma Lilith aveva occhi per un unico nemico.

    Il Lich che avevano già affrontato nel sottosuolo era lì. Lei lo sentiva, poteva percepire la sua presenza come un morbo malefico. Era venuto per lei, perché le l’aveva sconfitto e lui esigeva vendetta.
    Ma quella creatura d’incubo non sapeva che lei era pronta. Avrebbe affrontato l’ira della Regina e, questa volta, non sarebbe stato in grado di raccontarlo.
    Perché lei aveva trovato il suo Filatterio, e non aveva timore di distruggerlo.
    I due avversari si scontrarono in un turbinio di neve, con dardi di ghiaccio che saettavano attorno a loro come lame affilate, entrambi potenti, entrambi immortali.
    Infine, la Regina scagliò il suo attacco.
    Trasfigurata dalla forza che stava convogliando, vero avatar del gelo che li circondava, tra le sue mani apparve una spada di ghiaccio e con forza la conficcò nelle profondità del filatterio.
    Fu un attimo.
    Attraversato da una forza troppo grande per potervi resistere, il filatterio venne avvolto da una patina di ghiaccio prima di andare in frantumi.

    Nel cielo, in quello stesso istante, proruppe un urlo come se tutti gli inferi si fossero risvegliati per riversarsi sulla terra.
    Era qualcosa di mostruoso, ma nulla avrebbe potuto preparare i superstiti della Legione a ciò che seguì quell’urlo.
    Dalle profondità dell’accampamento, in una tenda ben precisa, un fascio di luce si levò nel cielo, abbracciando quell’urlo, fondendosi con esso, creando un turbinio di energie distruttive.
    Era una visione meravigliosa e terribile al tempo stesso, una visione che nessun occhio umano sarebbe stato in grado di sopportare troppo a lungo.
    Una visione che era destinata però solo a peggiorare.
    Da quel turbinio, infatti, in pochissimi istanti si scatenò una tempesta che nulla aveva di naturale.
    Il cielo divenne nero in un solo istante, attraversato unicamente da fulmini purpurei che disegnavano ombre inquietanti sul terreno. E infine, uno di quei fulmini si abbatté sul suolo.
    Il rombo che proruppe da quell’unico impatto fece tremare il terreno. Le tende dell’accampamento ricaddero sui loro occupanti, i combattenti caddero a terra, costretti a coprirsi le orecchie con le mani, ed il terrore si insinuò nei loro cuori come un serpente malefico, pronto a sopraffarli con le sue spire.
    E quando il terrore finalmente fu passato, tutto quello che gli Eroi della Legione poterono vedere fu un enorme cratere, talmente bollente da far sciogliere la neve ancora prima che potesse posarsi al suo interno.

    La Regina drow, ai bordi di quel cratere, stava ridendo. Una risata folle, vittoriosa, una risata che lasciava presagire solo altra oscurità all’orizzonte.
    Perché, al centro di quel cratere, c’era un solo cadavere.
    Julian Lionclaw, il Lord Comandante della Decima Legione.

    #1878
     Meeme 
    Partecipante

    Il Capoguerra doveva pensare di poterla sconfiggere con la forza bruta e la paladina lo illudeva evitando di attaccare. Zair Zelar era più muscoloso e grosso rispetto a lei, ma all’elfa sarebbe bastato uno spiraglio per colpire e concludere quello scontro. L’orco si muoveva dove lei aveva deciso di portarlo, la danza della spada non era diversa dai balli a cui aveva partecipato con la sua Casata, ma sarebbe stata la morte e non la musica a concludere quel duetto.

    Narwain Galathil attese il momento opportuno e quando l’orco si sbilanciò punì l’errore squarciandogli l’addome. Zair Zelar era finito, ma aveva ancora la forza di parlare. “Voi però non vedrete nulla di tutto questo…” commentò l’elfa glaciale e giustiziò il Capoguerra spiccandogli la testa dal corpo con un unico fendente. Raccolse la testa e la mostrò all’esercito nemico infilzandola sullo stendardo della Decima Legione. “Ecco il vostro leader!” Urlò per sovrastare i rumori della battaglia impugnando saldamente la spada. “Risparmieremo chi vorrà arrendersi, giustizierò tutti coloro che non lo faranno come ho giustiziato il Capoguerra Zelar!” Tuonò risoluta. “Noi siamo la LEGIONE! SIGNA INFERRE!” Gridò per motivare i suoi soldati e cercò con lo sguardo la sergente Bree pronta ad una nuova battaglia.

    #1879
     Ilmarien 
    Partecipante

    *Ha! Più furtivo di te, e non ero nemmeno invisibile!* pensò Aran con un sorriso soddisfatto mentre immergeva i pugnali nel corpo dell’orco. Koras era, almeno in parte, vendicato, ora era solo Zair Zelar che doveva morire. In quel momento Lethyr aveva bisogno di aiuto.

    Lethyr! E senza attendere ulteriore risposta si trasformò e si alzò immediatamente in volo verso la sua posizione. *Vuran, aiuta Sakir a distrarli, aiutatemi a recuperare Lethyr e poi portaci tutti via con la magia!* replicò Aran girando l’anello negli artigli cercando di improvvisare un piano che non comportasse ulteriori soprese. Esitò un attimo, poi scrisse: “Koras non ce l’ha fatta, ma l’ho vendicato, ora facciamo in modo che non sia morto invano”. Nel mentre volava il più rapidamente possibile verso la zona in cui si trovava Lethyr e in cui Sakir stava tenendo impegnato il nemico.

    Si tenne leggermente al di sopra della copertura degli alberi, in modo da non essere troppo visibile ma al tempo stesso non essere eccessivamente intralciato dal fogliame. Zigzagò tra le cime degli alberi mettendo a frutto tutta la sua esperienza di volo acquisita negli anni. Una volta sul luogo si lanciò in picchiata verso Lethyr, sperando di eliminare i suoi rapitori con un rapido attacco a sorpresa mentre erano distratti da Sakir. Un istante prima di trasformarsi spalancò le ali per rallentare la velocità di caduta, poi si trasformò, lo stocco estratto e puntato alla gola di uno dei nemici, chiudendo la distanza rimasta semplicemente con l’atto di trasformarsi.

    #1882
     Sir Gruumsh 
    Partecipante

    Torgan per un momento non capì più nulla…era sicuro di aver colpito quell’orco, che tanta voglia aveva di saltargli addosso, non una ma ben due volte ed era certo di averlo ferito mortalmente ed era convinto di uscirne indenne ma mentre si scansava si sentì trascinare giù e poi il buio oltre ad una strana vibrazione del terreno.

    Ci mise qualche secondo per capire dove si trovava…sentiva la neve fredda sotto di lui e una puzza inconfondibile sopra e istintivamente cominciò a spingere verso l’alto con tutta la forza che aveva: poteva morire in tanti modi ma di certo non sepolto vivo da un dannatissimo orco!

    Dopo essersi liberato del cadavere, Torgan respirò aria pura per qualche momento e si rimise seduto per controllare di non avere ferite…aveva sentito chiaramente il sapore del sangue e doveva verificare se aveva ferite gravi o solo qualche taglio e poi si sarebbe guardato intorno: aveva sentito una vibrazione prima di cadere e non sapeva se era stata causata dalla sua caduta o da qualcos’altro.

    Solo dopo aver fatto tutte queste azioni si sarebbe rialzato e avrebbe ricominciato la sua battaglia dopo essersi ripreso le sue armi.

    #1896
     Andrew_The_Wolf 
    Partecipante

    Stava mantenendo la concentrazione, cercando di focalizzarsi su quell’incantesimo. Si sarebbe dato una sonora pacca sulla spalla, se fosse stato possibile, per la sua bravura.
    Ma dopo essersi gongolato tra se e se, sentì il terremoto e i fulmini. Non era sua opera. Ne era sicuro. Ma quindi cosa stava succedendo lì fuori? Non poteva lasciare la presa mentale su ciò che stava facendo, ma con voce appena appena percepibile, chiese a qualcuno di andare a vedere cosa fosse successo fuori. Lui ne avrebbe avuto ancora per molto e non poteva lasciare il vantaggio ottenuto fin lì.

    #1906
     Mordoth 
    Partecipante

    Non avevano mai affrontato direttamente i drow. Avevano messo due soldati inesperti a guardia di un prigioniero così importante? Quanti altri stavano morendo ed erano morti perchè non sapevano con chi avevano a che fare?
    Gruben guardò strano i due soldati.
    “Non importa…” disse scuotendo la testa, “nessuno nasce imparato, ma in guerra è meglio imparare in fretta. Lezione numero due, i drow resistono alla magia… tenetelo a mente in caso sappiate usarla.”

    “Tornando a noi, soldati. Per il momento la mia intenzione è quella di nasconderlo meglio… mi auguro non si debba arrivare a difenderlo.”
    Poteva suonare come codardia, ma erano in pochi e fuori la situazione era pessima. Sperava solo di stare facendo la cosa migliore.
    “Qui vicino ho un rifugio sicuro. Lo raggiungerete sotto terra mentre io creerò un diversivo per far credere ai drow che qui si trovi ancora questo prigioniero. Poi vi raggiungerò.” Spiegò in soldoni.
    Quindi si inginocchiò nella cella per cercare il punto migliore dove scavare…

    In quel momento si udì un urlo disumano.
    Gruben alzò la testa istintivamente e un brivido gli corse lungo la schiena. Guardò i due soldati con aria interrogativa quanto la loro.
    Poi il rombo, il terreno percosso come da un terremoto e la tenda crollare su di loro.
    La luce che prima filtrava era svanita e il mezzorco ci mise un po’ a riabituare gli occhi all’oscurità.
    Stava bene? Solo qualche ammaccatura, gli sembrava.
    Poteva muoversi? Provò…
    Intanto: “Waer… Harad?” Biascicò poco convinto. “Waer… Harad? Siete vivi?” Riprovò ancora, più deciso… come se un velo di paura si stesse diradando.

    #1908
     Deoris 
    Partecipante

    Kirara si sentì punta sul vivo e gli si parò davanti con le braccia sui fianchi, gli occhi e le guance in fiamme
    ” Bhe, SCUSA TANTO se non avevo intuito che la prostituta che mi avevi mandato a spiare aveva poteri TALI da soggiogare la mia mente al suo volere! Se non mi avessi trattata come una prostituta a mia volta e mi avessi preparata a QUESTO “aggiunse abbracciando con un movimento tutto quello che avevano avanti “non saresti stato costretto a correre in mio aiuto, visto che me le sarei cavata BENISSIMO!”
    Kirara si ricompose i capelli che nel frattempo erano andati in tutte le direzioni con un movimento stizzito. Forse in effetti aveva un pò esagerato, visto che stava comunque parlando ad un comandate. Ma ormai la frittata era fatta.
    ” E smettila di pararti il c**o dandomi del voi. Mi sembra un pò tardi per i convenevoli. Fammi pure strada.”

    In quel momento l’aria fu rotta da un urlo disumano e un bagliore accecante li rese ciechi per pochissimi istanti, seguito da un boato talmente assordante da costringere Kirara a portarsi le mani alle orecchie. Qualcosa era successo al campo, qualcosa di terribile. Un silenzio sovraumano e una fitta oscurità calarono su di loro.

    ” Qualunque cosa fosse è lì che dobbiamo andare. Che ne facciamo di loro?”

    #1909
     Elan 
    Partecipante

    – ARAN GOODMAN –
    Il tempo per le parole era finito.
    Ricevute le ultime comunicazioni tramite l’anello, Vuran e Sakir non avevano più parlato: Aran sapeva che si stavano muovendo, e avrebbero fatto l’impossibile per salvare Lethyr.
    La conferma dei loro spostamenti gli arrivò quando iniziò a vedere le prime esplosioni.
    Sfrecciavano accanto a lui, indicandogli la strada e al tempo stesso convogliando gli spostamenti nemici, ma quando una di esse lo raggiunse quasi in pieno, si accorse che non emettevano alcun calore.
    Erano delle semplici illusioni evocate di Vuran, ma la loro efficacia non era per questo sminuita.

    Gli orchi si sentirono ben presto circondati e intrappolati, caddero nel caos, e questo permise al Capo Ricognitore di individuarli con facilità.
    Erano una decina, senza però un vero capo che li guidasse, ed Aran notò con una certa soddisfazione che erano necessari due di loro per tenere bloccata Lethyr: l’elfa stava combattendo come una furia, dimenandosi e cercando di guadagnare la libertà con le unghie e con i denti.

    Approfittando della confusione generata dalle finte esplosioni, Aran si gettò contro uno dei due orchi che tratteneva la cecchina. La sorpresa, mista al caos, fu sufficiente.
    L’orco sbilanciato cadde a terra, lo stocco di Aran piantato profondamente nel collo. L’arma venne strappata dalle armi del Ricognitore, quando il suo avversario cadde all’indietro, ma la cosa più importante era che Lethyr si era liberata, ed era riuscita a creare uno spazio libero attorno a sé. Era scompigliata, gli occhi pieni di paura, ma non aveva intenzione di cedere neanche un centimetro.
    Fu in quel momento che Sakir e Vuran intervennero.
    Il ninja sfrecciò tra i nemici, creando ancora più distanza tra loro ed i Corvi Rossi, mentre il nano arrivò dall’alto, già intento a recitare le parole di un nuovo incantesimo.
    “Tenetevi stretti…” disse tra i denti serrati, come se stesse facendo uno sforzo sovraumano.

    Ci fu una nuova, immensa, esplosione di luce.
    Gli orchi urlarono di paura e stupore, mentre il mondo attorno a loro veniva avvolto dalla magia. Aran si sentì risucchiato come in un vortice e strappato per metri e metri distante da lì. Fu una sensazione spiacevole tanto che, quando passò, si sentiva lo stomaco letteralmente sottosopra.
    Ma erano al sicuro, distanti dagli orchi. Il terreno era ancora lo stesso, la neve a circondare ogni cosa, segno che non dovevano essere troppo distanti dalla Legione.
    Ma, quella stessa neve, si stava lentamente macchiando di sangue…
    Aran si controllò attorno terrorizzato, e fu con orrore che vide.

    Sakir aveva gli occhi terrorizzati e già un poco vacui, ed entrambe le mani all’altezza del cuore, attorno all’elsa di un pugnale che era penetrata nelle sue carni fin quasi a sparire…

    – NARWAIN GALATHIL –
    Quando la paladina sollevò la testa del capoguerra, il silenzio calò sul campo di battaglia.
    Tutti, soldati della Legione ed Orchi, si fermarono a guardare quel macabro trofeo, chi con la vittoria negli occhi, chi con la sconfitta.

    Tanti furono coloro che gettarono le armi, molti di più di quanto Narwain stessa non avesse mai immaginato.
    Ma altri, forse i più accaniti sostenitori del capoguerra, forse coloro che desideravano per sé il potere ormai vacante, aggredivano ancora gli avversari, attaccando interi gruppi con grida disumane di rabbia ed odio.

    E fu proprio da uno di quei gruppi che la paladina udì una voce fin troppo familiare e mai come in quel momento inappropriata.
    Skoll aveva raggiunto un gruppo di soldati, reclute spaurite che avevano persino abbandonato le armi, circondato da tre orchi. Era solo grazie all’audacia del nano che quegli uomini erano ancora vivi e, uno ad uno, li stava facendo allontanare dall’area per metterli in salvo.
    Gli orchi, accecati com’erano dalla rabbia per la sconfitta, non badavano a chi fosse il loro avversario, e colpivano il nano con la ferocia inaudita.
    Le ferite appena rimarginate dai curatori venivano affiancate da nuove e più profonde, ma Skoll pareva non badarci.

    Completamente assorto nel suo compito di mettere in salvo gli uomini, quasi non si curava dei colpi avversari. Ma Narwain aveva anni di esperienza alle spalle per valutare le ferite.
    Un altro colpo sarebbe stato per lui fatale…

    – TORGAN –
    Tutto per Torgan sembrava in ordine.
    Ferite non ce n’erano, e le poche contusioni – dovute più che altro alla caduta – non sembravano troppo gravi. Aveva il labbro spaccato e si sentiva un polso dolorante, ma era vivo e questa era la cosa più importante.

    Con la testa che gli girava e l’odore del sangue che gli riempiva le narici, si alzò lentamente guardandosi attorno. La situazione attorno a lui era orribile.
    Cadaveri ovunque, sia di orchi che di soldati della Legione. La neve quasi spariva sotto la moltitudine di corpi e di sangue. Quella non era stata una battaglia, ma una carneficina da cui nessuno aveva guadagnato nulla.

    In quel momento, Torgan sentì un urlo prorompere nell’aria: era Narwain, che con orgoglio e potenza alzava nell’aria la testa del Capoguerra sconfitto.
    Zair Zelar era morto.
    Tanti furono coloro che gettarono le armi, molti di più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
    Ma altri, forse i più accaniti sostenitori del capoguerra, forse coloro che desideravano per sé il potere ormai vacante, aggredivano ancora gli avversari, attaccando interi gruppi con grida disumane di rabbia ed odio.

    – GRUBEN –
    Il silenzio era calato nella tenda, ma Gruben riusciva a sentire alcuni gemiti e, lentamente, si avvicinò ad essi. Una delle due guardie, Waer, aveva una gamba schiacciata da uno dei pali portanti della tenda. Harad, invece, giaceva immobile, la testa orribilmente schiacciata.
    Il suo compagno sembrava non averlo ancora notato.
    “Sono… sono qui…” gemette Waer, cercando senza successo di liberarsi dalla prigionia.

    Guardandosi attorno, Gruben notò con sollievo che il prigioniero era ancora svenuto, ma non fece in tempo a fare nulla che la voce di Elvar gli raggiunse la mente.
    “Stai bene?” domandò con ansia.
    “Il nostro piccolo amico è ancora al sicuro, a noi non è accaduto nulla, non temere. Ma, Gruben, è successa una cosa terribile…”

    La voce dell’elfa tacque, come se stesse cercando di trovare le parole adatte.
    “L’arma che abbiamo recuperato… il suo potere si è risvegliato e…”
    Ancora silenzio.
    “Lord Julian è morto…”
    Come facesse a saperlo dal luogo in cui si era rifugiata, però, Gruben non riusciva a capirlo.

    – KIRARA –
    “Pensava di essere in grado di soggiogare la mente di Lady Galathil! Pensate che per una cosa del genere non serva un potere immenso?”
    Zaymar era seccato da quel discorso, come se ritenesse quella discussione una perdita di tempo assolutamente superflua. Il suo corpo e il suo volto stavano tuttavia tornando normali, ed i suoi occhi avevano perso quell’oscurità che li aveva ammantati fino a pochi istanti prima.
    “E’ inutile che vi inalberiate in questo modo. Eravate stata scelta da Lady Galathil per le vostre capacità ed il vostro acume. Mi aspettavo un comportamento adeguato.”

    Non sembrava aver tuttavia dato peso alle sue ultime parole, e aveva alzato una mano verso Rhiannon e la donna dai capelli rossi.
    In un lampo di luce oscura, le due erano sparite.
    “Ci occuperemo dopo di loro.”

    Senza aggiungere altro, e senza preoccuparsi di controllare che Kirara lo seguisse, Zaymar si era dunque allontanato a rapidi passi, tornando verso il campo di battaglia.
    La situazione, lì, era veramente disperata.
    La neve quasi spariva sotto la moltitudine di corpi e di sangue. Quella non era stata una battaglia, ma una carneficina senza pietà.
    La cosa più orribile, tuttavia, era un enorme cratere che si era formato al centro del campo di battaglia stesso: enorme e fumante, la neve non faceva nemmeno in tempo a posarsi al suo interno, perché evaporava, sciolta da un calore talmente intenso da essere insopportabile.
    I due si avvicinarono ad esso, passando accanto a soldati terrorizzati che si guardavano attorno senza capire, a stento accorgendosi che i drow sembravano essere completamente spariti.
    E, quando furono abbastanza vicini, riuscirono ad individuare un corpo che giaceva senza vita al suo centro: il cadavere del Comandante Julian Lionclaw.

    – SAREF –
    Nessuno fu in grado di dire a Saref cos’era accaduto, nessuno aveva nemmeno la forza di parlare.
    L’unica cosa che lo gnomo riusciva a percepire chiaramente – ora – era un silenzio quasi assordante nella sua totalità, ed una paura che serpeggiava nella gente come un serpente lento e dal veleno mortale.

    Distrutto dalla fatica, ma non per questo meno curioso, lo gnomo si lasciò trasportare dalla sua natura e sfruttò la magia per fare un giro di ricognizione del campo.
    Evocò piccole creature ed occhi invisibili da spedire ovunque, e lui stesso si alzò in volo, viaggiando rapido sopra soldati e nemici per scoprire qualcosa di più su ciò che era accaduto.

    Le condizioni in cui verteva il campo erano a dir poco disastrose.
    Da ogni parte, tende e palizzate erano state abbattute e in più di un angolo erano scoppiati piccoli incendi impossibili da contenere.

    Ma il vero orrore lo aspettava all’esterno dell’accampamento.
    La neve quasi spariva sotto la moltitudine di corpi e di sangue. Quella non era stata una battaglia, ma una carneficina senza pietà.
    La cosa più orribile, tuttavia, era un enorme cratere che si era formato al centro del campo di battaglia: non era una delle sue illusioni, quelle era in grado di riconoscerle alla perfezione. Era un cratere reale, gigantesco e ancora fumante.
    E, al centro di esso, giaceva senza vita il corpo del Comandante della Legione: Julian Lionclaw.

    #1911
     Meeme 
    Partecipante

    La morte del Capoguerra aveva gettato l’esercito avversario nel panico. “Sergente Bree, consolidiamo la posizione! I costrutti di Inverno ci aiuteranno a distruggere gli ultimi attaccanti!” ordinò alla mezz’orca. “Schiacciamoli in una morsa.” Dovevano abbattere gli ultimi fedeli di Zair Zelar e poi occuparsi dei feriti di entrambi gli schieramenti.

    La situazione si stava stabilizzando nonostante alcuni irriducibili che macellavano le reclute della Legione. La paladina si lanciò contro il nemico per raggiungere i più deboli quando si accorse del nano. *Pazzo suicida!* pensò lei rendendosi conto della situazione. L’ex sergente stava mettendo in salvo i soldati incurante del pericolo e delle ferite. L’elfa caricò gli orchi per aiutarlo e quando fu abbastanza vicina arroccò, evitandogli un colpo fatale, e prendendo il suo posto nella mischia. L’arma dell’orco le si conficcò sul cosciale mentre parava gli attacchi degli altri due nemici, l’armatura resse il colpo, ma la ferita era profonda ed aveva lacerato l’arteria. “Vi avevo ordinato di restare con i guaritori!” tuonò lei stringendo i denti per il dolore. Squarciò l’addome dell’orco che l’aveva colpita ed a fatica si spostò per evitare un altro attacco parando e decapitando il nemico. L’ultimo orco si ritrovò solo e lei gli spaccò il cuore con un fendente preciso e mortale.

    Cadde su un ginocchio usando la spada come appoggio. Stava perdendo molto sangue, ma doveva resistere fino alla fine della battaglia per il bene delle truppe. “Sergente Shadowblade…” mormorò gelida reintegrandolo nell’esercito. “Sono stanca di dovervi sgridare per aver ignorato i miei comandi.” Recuperò un pezzo di stoffa e lo usò per chiudere la ferita; non avrebbe bloccato l’emorragia, ma avrebbe rallentato la perdita di sangue. Si alzò a fatica e fece cenno al nano di avvicinarsi. “Sorreggetemi, la Legione ha bisogno della sua Vicecomandante e voglio concludere questa battaglia prima di svenire…” gli spiegò con la solita calma glaciale. “…poi la sergente Bree assumerà il comando e condurrà la Legione fino ad Ashford per curare i feriti e preparare il viaggio di ritorno.” Avrebbe dovuto essere più dura con lui, ma non era quello il momento adatto…

    #1929
     Elan 
    Partecipante

    – NARWAIN GALATHIL –
    Bree aveva annuito con decisione agli ordini di Narwain, e con la stessa decisione si era gettata a guidare i gruppi di soldati rimanenti, che avrebbero disperso e schiacciato i nemici rimasti.
    La terra tremava ad ognuno dei passi dei costrutti, e loro stessi si battevano con foga, dando un valido supporto agli uomini della Legione.

    Ma tutto ciò che accadde negli scontri apparve distante e vago per la paladina.

    La sua ferita era profonda e dolorosa e, nonostante la fascia improvvisata, il sangue sgorgava copioso da essa, privandola rapidamente delle energie.
    Skoll non aveva potuto fare niente in quel susseguirsi di avvenimenti, troppo rapido perché potesse controllarlo, ma ora guardava l’elfa pallido in volto, e non solo per le molteplici ferite.
    “Lady Galathil!” riuscì a dire quando ritrovò la voce.
    Gli orchi si erano allontanati da loro, e stavano venendo gestiti egregiamente dai soldati rimasti.
    “Lady Galathil, non… la vita di questi soldati… e la vostra… era più importante!”

    Il nano sembrava spiazzato e senza parole, forse per la prima volta da quando era diventato suo Sergente.
    Gli uomini che aveva salvato si erano rapidamente radunati e riorganizzati sotto la guida di Bree, ed i due erano rimasti da soli, poco distante dagli ultimi scontri.
    Troppo shockato per riuscire a parlare, Skoll si era dunque affiancato alla paladina per sorreggerla. La guardava ogni tanto con occhi spalancati, mentre altre volte il suo sguardo correva all’orribile ferita, e Narwain si accorse che in quelle occasioni stringeva i denti.
    “Non avreste dovuto…” riuscì infine a dire, sorreggendola perché i soldati traessero coraggio dalla sua figura.

    #1932
     Meeme 
    Partecipante

    “Mi sarei dovuta voltare da un’altra parte mentre quegli orchi vi uccidevano?” Rispose lei sarcastica. “So che mi considerate una donna dal cuore di pietra, spietata quanto il Capoguerra ed algida come un’alba distante… ma siete uno sciocco se pensate che potrei lasciar morire qualcuno senza intervenire.” Si appoggiò a lui e fece un cenno alle reclute affinché tornassero a combattere. “Non sono onnipresente sul campo di battaglia, non sono in grado di salvare ogni soldato della legione, ma farò la differenza con chi riuscirò a difendere.” Gli spiegò stancamente.

    “Siete ancora agli arresti, sergente Shadowblade, ma ho deciso di reintegrarvi nella Legione, fino alla vostra prossima effrazione che non si farà attendere conoscendovi.” Alzò gli occhi al cielo e poi lo guardò perché lui era preoccupato per la sua ferita. “Mi porterete dai guaritori quando gli orchi smetteranno di combattere, dovrei riuscire a resistere fino ad allora.” Una ferita simile avrebbe provocato la morte per dissanguamento della maggior parte dei soldati, ma lei poteva contare sulla benedizione di Findeladlara e la Dea aveva già rimarginato la lacerazione all’arteria. “Perderò molto sangue ed avrò bisogno di riposo, ma non sono in pericolo di vita, smettete di guardarmi come se stessi per morire.” Gli sorrise. “Avete salvato molti soldati oggi, ve ne sono grata, ma riceverete comunque una punizione per aver disobbedito ai miei ordini quando entrambi ci saremo ripresi dalla ferite… Adesso godiamoci la vittoria perché essa è effimera e gelida più di ogni altra cosa…” sussurrò cercando di risparmiare le forze.

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