N7 Terra

Questo argomento contiene 444 risposte, ha 7 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Meeme 5 anni, 9 mesi fa.

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  • #3915
     Rilwen 
    Partecipante

    Vabbè, ma in Giappone non ci sono i preti, no? Cioè, a parte il fatto che era di colore scuro, aveva gli occhi innaturali e tutto il resto… poteva comunque continuare ad essere giapponese. Vela-San. D’accordo, doveva essere la scarica di adrenalina, perché continuava a ridacchiare al solo pensiero di quel nome. Come una bambina di due anni e mezzo. Forse era per quello che, nonostante tutto, poteva ancora considerarsi umana, no?
    “Sono… sono figure non di potere, ma che dovrebbero cercare di portare pace e ristoro all’uomo, in modo spirituale. Molte tra le prostitute si affidano a figure del genere, perché non hanno speranza, perché non sanno dove sbattere la testa, perché sono disperate. E lui ha approfittato di ognuno di questi sentimenti per portarle a sé”

    Oh, bisognava spiegare tutto ai Giapponesi.

    L’uomo era inquieto, lo vedeva da come camminava, da come si atteggiava.
    “State cercando qualcuno? C’era qualcuna tra queste donne che vi era cara?”, chiese un po’ timidamente, non volendo riaprire vecchie ferite o cose del genere.
    Parlava di squadre, parlava con parole in inglese.

    Beh, magari in Giappone usano tanto l’inglese, è una lingua difficile la loro…
    Ma anche lei cominciava a non crederci poi più di tanto, dobbiamo confessarlo. Eppure ci doveva essere una spiegazione, una qualunque. E siccome non la trovava, questo la innervosiva. E rideva pensando al Vela-San.

    “Vi ci posso accompagnare. E’ difficile spiegare le strade, avete visto come sono intricate? E’ molto più semplice se vi ci porto.”
    Era fiera, era bella, era un’Amazzone in tutto e per tutto, e c’era regalità anche se era una puttana. Era questa la differenza con tutte le altre.

    #3921
     Meeme 
    Partecipante

    PENTESILEA MAREGA
    “E questi preti hanno un rifugio, un posto importante in cui possono restare lontani dalla gente?” domandò ancora. Stava cercando di studiare quelle risposte per trovare una soluzione a qualche problema che lei non comprendeva. E quando lei gli chiese se stava cercando una persona care, sorrise, un sorriso inquietante e feroce.
    “Devo raggiungere un compagno di squadra. Sarà facile seguire le sue tracce una volta arrivati nei pressi dell’ospedale, mi bastano queste indicazioni e poi potrete mettervi al sicuro.” rispose avvicinandosi a lei ed osservandola.
    “Vi chiedo perdono, mademoiselle Marega…” esordì e lei non comprese subito il motivo di quelle scuse finché lui non la sollevò portandola in braccio.
    “Indicatemi la via e non abbiate paura per lo spostamento innaturale. Non è pericoloso…” E lei indicò la strada, ma lui non corse e non camminò…

    Slayer si muoveva attraverso lo spazio caricando come una belva, scomparendo e ricomparendo sempre più distante dal luogo dell’esplosione. Precipitare nel vuoto doveva provocare l’identica sensazione, Pentesilea all’inizio aveva anche della nausea, ma una volta abituata a quei salti si sentì meglio. Arrivarono in poco tempo nel quartiere dell’ospedale e come aveva accennato l’uomo la strada sarebbe stata semplice da seguire…

    Pentesilea non aveva mai visto una simile devastazione, sembrava che per quelle strade fosse passato un trattore ed aveva divelto ogni cosa. Le abitazioni non erano state danneggiate e gli abitanti, seppur spaventati, stavano bene. Fuggivano verso luoghi più sicuri e gridavano di aver visto passare il terribile Uomo Elefante, lo stesso di quel circo di americani.
    “Siamo arrivati, mademoiselle.” Disse lui e con delicatezza la fece scendere dalle sue braccia. “Solitamente non sono così rude con una donna, ma la situazione richiede poca etichetta e molto improvvisazione.” le spiegò facendo sparire l’elmo e sorridendo in modo fascinoso.
    “Il mio nome completo è Marcos Vela, ma potete chiamarmi Slayer se preferite.” Esclamò presentandosi con un piccolo inchino aristocratico. “Vi ringrazio per l’aiuto, ora tornate a casa, mademoiselle. Questo posto diventerà un campo di battaglia ed i civili rischiano di diventare altri danni collaterali.” Parlava come un militare, ma c’era qualcosa di nobile nei suoi modi.

    #3924
     Rilwen 
    Partecipante

    I rifugi. Le stava chiedendo se i preti avevano *rifugi*. Davvero, in Giappone…
    “Ci sono le chiese, dove esercitano, ma non sono rifugi. E ce ne sono tantissimi. Lui si faceva chiamare Padre Maurice, diceva che veniva dalla campagna…”
    Almeno cos’era la campagna sapeva cos’era? Insomma, in Giappone ci sarà ben stata la campagna, no? Anche se, di nuovo, non era poi così più convinta che quell’uomo sia giapponese.
    E quindi…
    “Domando perdono, monsieur… ma devo chiedervelo. Da dove venite?”
    Non ce la faceva più a trattenere quella domanda. Era una donna, non ce la faceva più, davvero.
    Anche se non era completamente sicura che fosse una buona idea fargli questa domanda.

    E cercò, onestamente, di chiedere altro, ma lui la prese in braccio, la prese in braccio in quel modo, e lei sobbalzò, per un attimo cercò di strattonarsi da lui, ma solo un attimo. Perché lui aveva comunque cercato di salvarle, no? E quindi era una cosa positiva.
    A posteriori, forse, avrebbe pensato una cosa, e una cosa sola: Nothès eimì, Penthesileia. Sei una stupida, Pentesilea.
    In che cappero di guaio si stava mettendo? Che diamine di casini si stavano aprendo al suo mondo? Il suo cuore ebbe un palpito, un palpito che non si aspettava. Finora era sorretta dall’adrenalina, e fin qui tutto bene. Ma.

    Ma.
    Il “ma” successe una volta arrivati all’Ospedale. Aveva la nausea, per qualunque cosa fosse successa, una specie di cosa iper veloce, una cosa che, ovviamente, non capiva, e ci mise un secondo per stare in piedi. E vide la distruzione. La vide, e si portò le mani alle labbra soffocando un semi urlo. Tutto era devastato, tutto era distrutto, l’ospedale, la Parigi che conosceva, il mondo di cui era parte. Tutto era stato distrutto da qualcosa che non conosceva, di cui non trovava una spiegazione logica.
    “Ti esti?” sussurrò a fil di voce.
    In greco antico, perché, al momento, era la sua unica certezza.
    Lo guardò con i grandi occhi sgranati, in cui non c’era più nulla di quello che sapeva. Nulla.
    E quando l’altro si inchinò in quel modo ci mise un attimo per rispondere, e lo guardò squadrandolo dal basso verso l’alto, annuendo.
    “E voi quale nome preferite?” chiese, quindi, e poi scosse la testa. “Posso essere utile. Ditemi. Non sono una stupida, ho visto che qualcosa non va. Vi prego, ditemi che cosa sta succedendo. Ho il diritto di sapere.”
    Ed era un tono che non ammetteva molte repliche.

    #3925
     Meeme 
    Partecipante

    CORALIE BLANCHARD
    “Non preoccuparti per Destroyer! È uno scarafaggio! Ci vuole una testata nucleare per ammazzare uno come lui!” Rise e poi si rese conto che non sapevano cosa fosse una testata nucleare. “Resisterà, ma prima dobbiamo portare al sicuro queste persone. Andrò ad aiutarlo dopo aver messo in sicurezza l’ospedale.” rispose John con un sorriso.
    Si separarono, Paladin con Céline per preparare delle automobili in grado di spostare i feriti più gravi mentre lei diretta verso le stanze della nuova Caposala e del Direttore.
    All’inizio la presero per pazza, ma un’altra esplosione mandò in mezzi una finestra ed allora la paura ebbe il sopravvento.

    Caposala e Direttore iniziarono ad istruire tutte le infermiere e gli infermieri per evacuare l’ospedale, raccolsero medicine e lenzuola pulite e portarono al sicuro i malati. Coralie avvertì un’altra esplosione e da una finestra riuscì a vedere il terrorista e Destroyer…
    Paladin non era ancora andato ad aiutarlo ed il grosso uomo stava fronteggiando da solo il nemico.

    Scese fino a portarsi ad un’altra finestra, questa volta più vicina allo scontro, per controllare le condizioni dell’uomo e si rese conto che aveva perso l’elmo e la tuta sembrava seriamente danneggiata. “Dimmi, Clone… qualcuno piangerà per te se morirai oggi?” Domandò con voce melodiosa Gabriel Everton. Destroyer non rispose si limitò ad un grugnito annoiato mentre si preparava a difendere l’ospedale. Coralie comprese che era merito suo se il Saint Louis era ancora in piedi e non c’erano state vittime. “Dovresti rivedere le tue priorità, Clone… L’Imperatrice di Smeraldo non ti darà mai la libertà! Unisciti a noi e sarai libero. Spezzeremo le tue catene, nessun Tutore pronto a farti saltare in aria per capriccio, nessuna costrizione genetica… Avrai una scelta…” continuava lui, ma Destroyer sputò per terra con disprezzo. “Sei stato indottrinato per servire, non vuoi decidere da solo il tuo destino?” il terrorista parlava con dolcezza, ma era una dolcezza artificiale e pericolosa. Il Clone scosse il viso e gli fece un cenno stizzito di farsi sotto. “Sei solo una bestia senza cervello… e le bestie come te vengono macellate!” Urlò il terrorista sparando razzi dagli avambracci. Destroyer non li evitò, anzi gli andò contro per evitare all’ospedale di subire colpi, la tuta potenziata stava iniziando a cedere e presto non lo avrebbe più protetto…

    PENTESILEA MAREGA
    “Sarà difficile stanarlo in una di queste chiese. Impiegheremo troppo tempo per controllarle tutte ed il tempo è un dio spietato che non ammette errori.” Commentò scuotendo il viso. “Il vero Padre Maurice, ormai sarà morto… Avrà rubato la sua identità ed il suo aspetto. Ci sono state altre morti sospette o violente?” le chiese ancora. Stava cercando di trovare la soluzione ad un problema ed era questo che lo rendeva inquieto.

    Quando lei gli chiese il luogo di provenienza sorrise, un sorriso enigmatico e divertito. “Qualsiasi posto a cui avete pensato è sbagliato, mademoiselle.” le sussurrò senza però darle una vera risposta come se volesse solo incuriosirla ancora di più.

    Davanti a quella devastazione ed allo stupore di lei sembrò addolcire i tratti del viso. “I civili stanno bene e l’ospedale è ancora al suo posto. Non dovete avere paura…” sussurrò cortese e le mostrò il Saint Louis intatto. “L’uomo che ha causato quella terribile esplosione si trova lì ed è lì che sto andando per fermarlo prima dell’inevitabile.” Parlava ad enigmi, ma forse non voleva sconvolgerla più del necessario. “Preferisco Slayer, è un nome da battaglia, in tempo di pace è l’altro il nome a cui sono legato, ma ora c’è solo guerra e non contano titoli o dinastie.” Sembrò scrutare la zona in cerca di qualcosa e quando avvertì un’esplosione scrocchiò le dita delle mani. “Se volete essere d’aiuto occupatevi dei malati, fateli evacuare, all’interno del palazzo cercate un uomo con la tuta simile alla mia ed uno scudo arancione. Una giovane infermiera ed una mademoiselle dovrebbero trovarsi con lui.” Le consigliò dato che quella donna non aveva intenzione di fuggire.

    “Mi avete chiesto da dove vengo…” Sorrise ed indicò il cielo. “Oltre le vostre stelle esistono altri mondi. Uno di questi mondi mi ha visto nascere ed è lì che sarò sepolto.” Le confidò con orgoglio. “L’uomo con lo scudo si chiama Paladin. Vi proteggerà se resterete al suo fianco.”

    #3927
     Elan 
    Partecipante

    C’era voluto più tempo di quanto pensasse per convincere il direttore e la nuova caposala, ma alla fine Coralie ce l’aveva fatta. Con loro due al comando le operazioni di evaquazione sarebbero state molto più veloci e sicure, e questo la consolava.
    Ma c’era ancora il problema di Destroyer…

    Paladin non aveva voluto saperne di andare subito da lui, e quando l’infermiera lo vide dalla finestra si rese conto di quanto si fosse sbagliato a dire che avrebbe resistito: sembrava veramente al limite ormai.
    Strabuzzò gli occhi quando vide l’uomo correre letteralmente incontro a quei razzi per evitare che colpissero l’ospedale.
    Li stava difendendo tutti quanti, e nessuno di loro ne era nemmeno minimamente consapevole!

    Coralie era estremamente colpita da quel suo gesto, ma ancora di più rimase colpita quando – alle proposte suadenti ed invitanti del terrorista – lui scosse la testa in un chiarissimo cenno di dinniego.
    Gli stava offrendo la libertà, e lui la stava rifiutando…
    Scosse la testa. I suoi compagni sbagliavano a giudicarlo. Era una persona molto migliore di tante altre che conosceva…

    Però non avrebbe retto sicuramente ad un altro missile, e doveva trovare un modo per distrarre il terrorista, almeno finché non fossero arrivati anche gli altri.
    Così prese un mattone dalle macerie vicino alle finestre e con tutta la forza che aveva lo lanciò contro di lui, per distrarlo ed attirare l’attenzione su di sé.
    “Sei tu la bestia senza cervello, non lui!!!” gli urlò contro per farsi notare. “Lui ha scelto di proteggerci, anche se potresti ucciderlo!! Tu invece sei solo capace di sparare, e distruggere e far del male alla gente!!!”
    Non aveva ben pensato a cosa fare dopo, ma non aveva importanza. Se avesse guadagnato anche solo un po’ di tempo, forse Paladin sarebbe arrivato e avrebbe aiutato Destroyer ad occuparsi di quel mostro.

    #3928
     Rilwen 
    Partecipante

    Scosse la testa, guardandolo dal basso verso l’alto, cercando di capire di capire di più di quell’uomo, di quella strana creatura venuto da nessun luogo conosciuto, apparentemente, eppure così tremendamente umano. Perché parlava nella sua lingua, aveva comunque due occhi, un naso e una bocca, e tutto quanto.

    Magari è australiano…

    Ipotesi a caso. Completamente a caso, perché non ci capiva più nulla, e sapeva che, quando l’adrenalina se ne fosse andata, avrebbe avuto una mezza crisi isterica. Non quelle da donnette, eh, ma quelle di chi ha visto *veramente* troppo, ed eravamo su quell’ordine di idee.

    “No, ce ne sono troppe, di chiese, e poi può essere anche da un seminario… è la scuola per i preti.”
    magari in Giappone/Australia non ce l’avevano, visto che forse non avevano nemmeno i preti, e le prostitute.

    Continuava ad osservarlo, cercando di capire di più su quell’uomo, su quella creatura. Maori, magari? Erano così che si chiamavano? Ma continuava, comunque, a cercar di guardarsi intorno e capire che cos’era successo. Era impossibile. Tutto quello era impossibile.
    “Cercate. E trovatelo. Fateglielo pagare. Quelle donne non avevano mai chiesto nulla di tutto ciò. Quelle donne erano innocenti.”, gli disse, cercando di posargli una mano sul braccio.
    Era senza anelli, quella mano, ed era senza gioielli lei. Non ne aveva bisogno, non ne aveva mai avuto bisogno.
    “Andrò da loro.”, annuì, sistemandosi la maschera e i capelli.
    Sempre regale, sempre signora, nonostante fosse una cortigiana.
    E stava per andarsene, quando l’altro le disse quelle cose, e allora si fermò di scatto, si voltò e rimase agghiacciata. No, dai… magari era una metafora. Era sicuramente una metafora. In fondo, il cielo è diverso nell’Emisfero Sud, e le stelle pure.
    L’idea dell’Australia cominciava ad aver più senso del Giappone.
    Annuì, e si diresse verso l’interno dell’Ospedale.

    #3929
     Meeme 
    Partecipante

    CORALIE BLANCHARD
    Il mattone non colpì Gabriel Everton, ma l’infermiera aveva ottenuto il suo scopo, il terrorista si era accorto di lei e la fissava come fosse un pezzo di carne morto. “Primitiva, tu non hai la minima idea di chi sia io.” Sibilò divertito e scattò verso di lei intercettato però da Destroyer che bloccò la sua corsa. “La Primitiva è la tua fidanzatina, Clone? Credevo che a quelli come te fosse proibito socializzare con l’altro sesso!” lo prese in giro per farlo infuriare. C- 90 88 34 però sembrava immune a quelle provocazioni ed il suo scopo era quello di tenere l’uomo lontano dall’ospedale. Everton sparò un paio di razzi verso Coralie e Destroyer li intercettò facendoseli detonare addosso in modo da proteggerla. L’armatura potenziata ormai era distrutta, ma Paladin aveva ragione sul Clone: era uno scarafaggio in quanto a sopravvivenza.

    Il grosso uomo si stava rialzando per controllare che l’infermiera non fosse ferita quando Everton lo trapassò con una lama alle schiena. Destroyer non emise nessuno gemito di dolore, cadde in ginocchio mentre il terrorista estraeva la lama per poi strappare qualcosa dal corpo del Clone.
    “Fossi in te, primitiva, non difenderei una simile bestia. È per colpa di quelli come lui che la tua Terra è stata distrutta. Immagino non ti abbiano detto il vero motivo per cui sono qui… Peccato… morirai con questo dubbio.” Sorrise, ma non c’era nulla di dolce in lui. Alzò la spada per colpirla, ma Destroyer lo fermò ancora scaraventandolo oltre la finestra nel giardino.

    PENTESILEA MAREGA
    “Nessuno merita di morire senza avere la possibilità di combattere per la sua vita.” Commentò lui con un sorriso prima di rimettersi l’elmo da guerriero.
    Quando lei posò una mano sul braccio di quel uomo avvertì qualcosa, come una scossa elettrica, ma non era elettricità. Slayer non disse altro, si limitò a scortarla fino all’ospedale per assicurarsi che la via fosse libera. Molte infermiere stavano evacuando portando i feriti in un luogo più sicuro.
    Pentesilea notò che stavano bene e dalle voci che riuscì ad intercettare comprese che il Saint Louis non aveva subito danni gravi dalle detonazioni anche se sembrava impossibile.

    “Ci separiamo qui, mademoiselle.” disse Slayer con quei modi galanti che un po’ stonavano con l’armatura che indossava. “Se avessi più tempo a disposizione vi racconterei qualcosa del mio mondo perché è palese che per voi non sono che un folle.”. Sussurrò con la voce poderosa.
    Scattò lontano lasciando solo una luminescenza violaceo-bluastra nel punto in cui era stato e lei rimase sola con le altre donne.

    Pentesilea si unì ad alcune giovani infermiere, ma poi avvertì un’altra esplosione nella direzione in cui era scomparso Slayer. Sembrava più grave rispetto a quella precedente ed alcune ragazze erano troppo spaventate per andare a controllare se ci fossero dei feriti.

    #3930
     Elan 
    Partecipante

    “Non so chi sei e non mi importa saperlo!! E’ quello che fai a dimostrare chi sei, e tanto basta!!” urlò di rimando Coralie, prima di ripararsi spaventata, quando vide l’uomo caricare nella sua direzione.
    Quel tipo era pazzo, l’aveva giudicato bene all’inizio.
    Sperava di averlo distratto abbastanza da Destroyer, ma dopo qualche secondo si accorse che non l’aveva raggiunta, e azzardandosi a guardare notò che il soldato l’aveva intercettato ancora una volta, salvandola.

    Era impressionante la sua tenacia, sprezzante di tutto. Era come se fosse stato talmente abituato ad essere ritenuto solo un oggetto che avesse iniziato a ritenersi lui stesso un oggetto, senza alcun valore per la sua vita.
    Eppure, stava facendo tutto quello per salvare l’ospedale, e nonostante la inquietasse un poco non poteva non rispettarlo.

    Stava per lanciare un altro sasso contro il terrorista (probabilmente non l’avrebbe colpito di nuovo, ma le dava talmente fastidio che sentiva il bisogno di provarci!), quando lui si scagliò contro Destroyer, colpendolo con la spada, e non riuscì a trattenere un urlo di terrore.
    “Sei un mostro!!!” gli urlò contro. Non aveva mai visto nessuno comportarsi con tanta cattiveria…
    Eppure le parole le morirono in gola quando parlò della distruzione della Terra. Cosa voleva dire? Cosa c’era realmente dietro tutto quello?
    Quell’improvvisa rivelazione l’aveva congelata sul posto, impedendole di muoversi, e solo quando vide Destroyer scaraventarlo oltre la finestra riuscì a sbloccarsi, scuotendo la testa.
    Non aveva importanza, ora. Ci avrebbe pensato dopo.

    Senza nemmeno guardarsi attorno corse dal soldato che l’aveva salvata, per valutare lo stato della sua ferita e avrebbe voluto quantomeno medicarlo momentaneamente, se glielo avesse permesso.
    Era sicura di aver visto il terrorista… strappare… qualcosa da lui. Ma era un pensiero talmente orribile che la sua mente sembrava volerlo rifiutare.
    “Come ti senti? Devi assolutamente tornare dagli altri ora!” disse con una certa urgenza nella voce. Quella ferita era così orribile che non le sembrava nemmeno potesse essere vera. “Loro hanno… possono… riescono a curare le ferite, insomma!” aggiunse un po’ incerta, perché non sapeva nemmeno come definire quello che aveva visto fare sugli uomini feriti.
    Lo guardò con una certa preoccupazione, però gli sorrise.
    “Grazie per avermi salvata, comunque… per averci salvato tutti…”

    #3931
     Rilwen 
    Partecipante

    “Oki. Oudeis.”
    Stava lentamente tornando sulla terra, quella attuale, viva, vera, quella che esplodeva e che conteneva prostitute disperate. E lei, la cortigiana con il vestito sporco ma la maschera sempre al suo viso. Perché lei era Acqua, ed era il Passato che non muore mai, e quindi sarebbe sopravvissuta anche a questo.
    “Volevo dire… no. Nessuno.”, si corresse, mentre sentiva quella specie di elettricità attraversarle il corpo, in realtà era una sensazione che non aveva mai trovato, e rabbrividì un poco. Come se fosse freddo, ma non lo era, e questo era un altro tassello incomprensibile, un altro qualcosa che non aveva senso.

    Giappone, Australia, Nuova Zelanda. Ci stava provando, ma c’era una parte di lei, quella parte di lei che ancora correva per le calli di Venezia, che desiderava di più. C’era qualcosa di più, per lei, per il mondo, per tutto quello che li circondava? Quei mondi di cui aveva scritto Jules Verne, quella specie di nave lanciata verso la Luna…

    No, Pentesilea, no. E’ inutile. E’ dannoso. Sei solo una stupida.

    “Non vi credo folle.”, gli sussurrò a fil di voce. “Ma credo folle me. Dio sia …” Scosse la testa. “… state attento. Chiunque voi siate e da dovunque voi veniate.”

    La situazione stranamente non era così pessima come sembrava a prima vista, e cominciò ad aiutare qua e là, dove poteva, e dove le sue scarse conoscenze mediche aiutavano, ignorando, o, meglio, costringendosi ad ignorar la luminescenza… Ma poi l’esplosione.
    Ei Penthesileia. Amazonon basilissa.: era Pentesilea, la regina delle Amazzoni, e non si sarebbe fermata.

    E corse in quella direzione, lei non aveva paura. Era una pazza, e non ce l’aveva.

    #3932
     Sir Gruumsh 
    Partecipante

    Colin era ancora leggermente inebetito da tutta quella confusione e vedere da vicino tutte quelle persone ferite di certo non aiutava il suo stato d’animo, anche se il sistema usato da Fury per le guarigioni era stupefacente e contribuiva ogni tanto a distrarlo da ciò che lo circondava.

    “Non è colpa vostra quello che sta accadendo” sussurò a Saoirse “voi siete venuti qui per difenderci, se non aveste inseguito Everton lasciandoci da soli con lui chissà cosa ci sarebbe successo! A volte è inevitabile che nelle battaglie a rimetterci ci siano degli innocenti, ma almeno noi abbiamo la speranza che qualcuno ci possa difendere” e le sorrise: non era nello stile di Colin darsi all’isterismo e gli venne naturale parlare in quel modo, inoltre ormai conosceva il carattere di Saoirse e aggredirla senza motivo avrebbe solo peggiorato le cose.

    “Quando il terrorista è venuto verso di noi, mi è sembrato che vi parlasse come se vi foste già conosciuti in passato o comunque che conoscesse già qualcuno di voi…avete già avuto a che fare con lui?”

    #3933
     Meeme 
    Partecipante

    COLIN DIXON
    “Sei molto gentile e paziente con me. Non ero mai stata in battaglia prima d’ora ed aveva ragione Slayer. La guerra è diversa quando la vedi con i tuoi occhi.” Ammise la biotica con un sorriso triste. Colin la stava aiutando molto con i feriti, lei aveva la tecnologia, ma era un po’ a disagio con tutte quelle persone, mentre il giornalista inglese era abituato a gestire situazioni da panico.

    “Vorrei poter difendere tutti, ma è impossibile. Abbiamo la tecnologia, ma non possiamo sdoppiarci e trovarci in qualsiasi luogo! Dovevamo portare più Cloni come Destroyer. Loro si sarebbero occupati della protezione di ogni isolato.” Cercava di pensare in modo positivo, ma non doveva essere facile per lei.
    “Lui viene dallo stesso mondo di Shadow, erano amanti una volta.” sembrava voler dire altro, ma non doveva avere il permesso per farlo.
    “La Terra mi piace molto, non l’avevo mai vista, solo in qualche holofilm… qualche proiezione cinematografica.” Si corresse perché lui non poteva sapere cosa fosse un holofilm. “Nelle immagini che ho visto c’era così tanto verde! E strani edifici altissimi e brillanti come specchi!”

    CORALIE BLANCHARD
    Destroyer respirava con affanno e perdeva sangue dalla ferita, nonostante questo si rimise in piedi scuotendo la testa. “No…” ringhiò e le fece cenno di restare al sicuro. “Farà crollare l’ospedale devo tenerlo impegnato.” Coralie cercò di fermare l’emorragia, ma non sapeva da dove iniziare perché la ferita sembrava mortale. Lui le fece cenno di lasciar perdere e si iniettò qualcosa nel collo bloccando il sanguinamento. “Rimani nascosta.” mormorò con la voce cavernosa e poi si rialzò in piedi correndo verso il terrorista ed atterrandolo con un pugno.

    Gabriel Everton lo trapassò di nuovo con la spada, ma Destroyer gli strappò dal braccio il cannone che usava per scagliare i missili contro l’ospedale e lo distrusse. Il terrorista si allontanò dal Clone con un salto e scosse il viso. “Ti offro la libertà e tu la rifiuti! Sei così egoista da condannare alla schiavitù tutti i tuoi fratelli! Non li vorresti liberi?” gli urlò contro e lui sputò un grumo di sangue in terra. Everton sembrava stanco di sprecare parole con il grosso uomo. “Questo scontro mi ha stancato, Clone. È giunto il tempo di concluderlo con la tua morte.” sorrise ed effettuò un assalto con la spada causando un’onda d’urto. Destroyer si preparò alla difesa incassando il colpo, ma Everton attivò il sistema di mimetizzazione scomparendo alla vista e ricomparendo alle spalle del grosso uomo. La lama trovò ancora una volta il corpo del Clone ed il terrorista la rigirò nella ferita per provocare più danni possibili. Destroyer sputò sangue dalla bocca e si accasciò su un ginocchio; Everton gli danzò intorno pronto a finirlo con un nuovo affondo, ma mentre calava il colpo per decapitarlo arrivò Slayer.

    Il principe amputò con un colpo di lama la mano del terrorista facendogli cadere in terra l’arma e poi scagliò una serie di bombe biotiche dal palmo della mano per farlo allontanare dal Clone.
    Everton non sembrò sorpreso dall’attacco e dalla perdita della mano. Continuava a sorridere in modo inquietante e si esibì in un elegante inchino verso Slayer. “Vostra futura maestà! Sarà un piacere unico uccidervi a mandare il vostro cadavere a vostra madre, l’Imperatrice!” urlò folle di rabbia mentre l’altro scatenò un’onda d’urto per scagliarlo lontano dall’ospedale in una zone disabitata e Coralie vide Destroyer accasciarsi al suolo immobile e Slayer incalzare il suo avversario che però lanciò qualcosa, piccoli oggetti che si trasformarono in due grossi automi meccanici diversi da quelli che aveva visto nella campagna parigina. Erano armati di lame e cannoni, il terrorista scomparve mentre Slayer provò ad inseguirlo trovandosi però bloccato da quei mostri di metallo.

    PENTESILEA MAREGA
    La cortigiana aiutò a fasciare ferite e trasportare i malati nei pochi mezzi a loro disposizione, ma l’esplosione la attirò come la luce per una falena e si diresse lì non sapendo bene cosa avrebbe trovato.
    C’era un uomo con la spada, ma non era Slayer, indossava un’armatura grigia, aveva un volto femmineo e lunghi capelli blu; stava combattendo contro un altro guerriero in armatura nera, l’uomo più grosso che Pentesilea avesse mai visto… Aveva subito numerose ferite da spada, ferite che avrebbero ucciso una persona normale, ma l’uomo coi capelli rasati e gli occhi rossi non era ancora morto e si batteva come un orso furioso.

    L’uomo dai capelli lunghi dopo un altro assalto si allontanò dall’altro con un salto e scosse il viso. “Ti offro la libertà e tu la rifiuti! Sei così egoista da condannare alla schiavitù tutti i tuoi fratelli! Non li vorresti liberi?” gli urlò contro ed il grosso uomo sputò un grumo di sangue in terra. Il guerriero con la spada sembrava stanco di sprecare parole. “Questo scontro mi ha stancato, Clone. È giunto il tempo di concluderlo con la tua morte.” sorrise ed effettuò un assalto con la spada causando un’onda d’urto. L’uomo orso si preparò alla difesa incassando il colpo, ma l’attaccante scomparve alla vista e ricomparve alle spalle del grosso uomo. La lama trovò ancora una volta il corpo dell’avversario e lo spadaccino la rigirò nella ferita per provocare più danni possibili. Il grosso uomo sputò sangue dalla bocca e si accasciò su un ginocchio; il guerriero sorrise, gli danzò intorno pronto a finirlo con un nuovo affondo, ma mentre calava il colpo per decapitarlo arrivò Slayer.

    Marcos Vela amputò con un colpo di lama la mano dello spadaccino facendogli cadere in terra l’arma e poi scagliò una serie di bombe azzurre dal palmo della mano per farlo allontanare da quello che doveva essere il suo compagno.
    Il guerriero dai capelli blu non sembrò sorpreso dall’attacco e dalla perdita della mano. Continuava a sorridere in modo inquietante e si esibì in un elegante inchino verso Slayer. “Vostra futura maestà! Sarà un piacere unico uccidervi a mandare il vostro cadavere a vostra madre, l’Imperatrice!” urlò folle di rabbia mentre l’altro scatenò un’onda d’urto per scagliarlo lontano dall’ospedale in una zone disabitata per evitare le vittime. Pentesilea vide il ferito accasciarsi al suolo immobile e Slayer incalzare il suo avversario che però lanciò qualcosa, piccoli oggetti che si trasformarono in due grossi automi meccanici diversi da qualsiasi altro automa lei avesse mai visto… Erano armati di lame e strani cannoni, lo spadaccino scomparve mentre Slayer provò ad inseguirlo trovandosi però bloccato da quei mostri di metallo e polvere da sparo.

    #3934
     Elan 
    Partecipante

    Coralie scosse la testa. La tenacia di Destroyer era impressionante, ma quella ferita sarebbe stata mortale se non si fosse curato.
    “Non puoi continuare così, quella ferita va curata!” provò a protestare, con voce preoccupata.
    L’aspetto burbero e un po’ animalesco di Destroyer non la intimorivano, soprattutto non in quel momento, e cercò come poteva di bendare quella ferita così terribile, per quanto sembrasse impossibile.
    Quando lui si alzò di nuovo, però, scosse la testa rassegnata.
    “Finirà per ucciderti se continui così…” disse. “Cerca almeno di… fare attenzione!” esclamò prima che lui partisse di nuovo.

    Ovviamente si rivelarono parole più che inutili, e l’infermiera sospirò rassegnata, rintanandosi dove si trovava, cercando però di non perdere di vista la situazione.
    Lo scontro tra i due sembrava quasi psicologico, oltre che fisico, ma Destroyer era deciso nella sua posizione. Probabilmente si rendeva conto di quanto quelle promesse dovessero essere fasulle.
    Eppure, mentre i due combattevano, Coralie non poté fare a meno di ripensare alle sue parole, sul fatto che la Terra fosse esplosa…
    Era un pensiero che la stava tormentando, e al tempo stesso che non riusciva a comprendere.

    Cercava di rimanere il più possibile immobile, con quei pensieri che le invadevano la mente, ma quando il terrorista colpì nuovamente Destroyer non ci vide più. Dal suo rifugio improvvisato lanciò un altro sasso.
    “Bel concetto di libertà hai!! O fai quello che vuoi tu, o muori! Questa non è libertà, questa è schiavitù!!” gli urlò contro di nuovo, incapace di stare zitta.
    Stava per aggiungere altro, ma all’improvviso apparve Slayer, che ingaggiò il terrorista in uno scontro, dando un po’ di respiro a Destroyer. Si erano appena allontanati quando lei forse di nuovo verso il soldato accasciato a terra
    “Adesso lascia che cerchi di aiutarti, si sta occupando Slayer di lui.” disse a bassa voce, esaminando le ferite.

    Il sangue non le faceva senso, ma quelle erano talmente orribili e profonde da non poter restare indifferenti. Se non avesse fatto qualcosa in fretta sarebbe di certo morto dissanguato, nonostante quella strana sostanza che si era iniettato.
    Prese un grosso respiro, cercando di pensare a qualche soluzione. Sarebbe servito veramente un capitano Nemo coi suoi interventi miracolosi, in quel momento.
    “Posso provare a cauterizzarla col fuoco. Ti farà male, ma almeno bloccherà l’emorragia è dovrebbe prevenire delle infezioni immediate!”
    Non era la migliore delle soluzioni, ma non aveva molte alternative a disposizione.
    “Come ti senti?” domandò ancora, per valutare le sue condizioni prima di intervenire.

    #3935
     Sir Gruumsh 
    Partecipante

    “State facendo il possibile per quelle che sono le vostre possibilità ora e credo sia sufficiente così per il momento, e poi ti immagini avere tanti Destroyer in giro per la città a far da guardia? Non penso che la maggior parte della popolazione li accetterebbe così facilmente…ma come fanno quegli oggetti a rimarginare così le ferite? è sempre la stessa energia che ti permette di avere questi poteri?”

    Di certo Fury non era abituata alla guerra e non lo era nemmeno lui, ma aveva studiato e sapeva cosa aspettarsi e inoltre nella sua ancora breve carriera da giornalista aveva visto scene drammatiche e questo lo aiutava anche se un quartiere raso al suolo era totalmente diverso da un caso di omicidio.

    “Beh allora dovrei chiedere a Shadow riguardo a Everton che dici? Oppure potrebbe prenderla a male se faccio domande scomode?” disse sorridendo: Colin non conosceva ancora il carattere di Shadow e presentarsi con una domanda del genere poteva essere dannoso sia per lui che per Fury che forse non avrebbe dovuto dargli quell’informazione.

    “Sì hai ragione, da dove provengo io cioè l’Inghilterra ci sono tantissimi spazi verdi e paesaggi da lasciarti senza fiato e ho sentito parlare anche di quegli edifici molto alti, anche se non ne ho ancora visto uno dal vivo ma… cosa sarebbe un holo-film? C’è possibilità che possa vederne uno?”
    Colin continuava a parlarle sia perchè gli faceva piacere, sia perchè era un modo per distrarre Fury da ciò che stava facendo e rendere l’ambiente un po’ più leggero per la sua sensibilità.

    #3939
     Gundigo’ot 
    Partecipante

    Alla proposta di recuperare le famiglie, William rispose con un cenno del capo “C’è ben poco da recuperare, per noi due, qui… ci siamo solo io e mio fratello, i nostri parenti sono tutti in America, e non è proprio dietro l’angolo… ci vuole circa un mese di mare per arrivare! Quindi tutto sommato penso siano abbastanza al sicuro, per ora… E comunque, qui a Parigi, non c’è nulla che colleghi noi due a chi ci aspetta a casa, quindi andiamo e non perdiamo altro tempo! Mentre sul fatto di combattere, beh… mi spiace separarmi dal mio fidato amico, però so che non si offenderà… le vostre armi mi sembrano decisamente più utili delle nostre!”

    Le sue parole erano sincere, non era preoccupato per la famiglia: erano talmente lontani da non essere in pericolo, e in ogni caso erano troppo distanti per poter pensare di fare qualsiasi cosa. L’idea, invece, di ricevere qualche arma lo entusiasmava non poco: aveva avuto modo di vedere solo qualcosa di quello che avevano a disposizione, chissà quante altre meraviglie c’erano dentro l’Event Horizon!

    Poi guardò Valentina curare alcuni feriti con un qualcosa che aveva sul braccio: più che medicina sembrava magia, ma rinunciò a cercare di capire cosa fosse o come funzionasse… anche se glielo avessero spiegato, difficilmente ci avrebbe capito qualcosa. Era inutile perdere tempo in dettagli: l’importante era che quella cosa fosse nelle mani di chi la sapeva utilizzare, e che potesse continuare a farlo ogni volta che ce ne fosse stato bisogno.

    “Cerchiamo di raggiungere in fretta il punto di ritrovo… qui siamo allo scoperto, e di sicuro tra poco arriveranno le autorità. Non so voi, ma ritengo che se la polizia ci beccasse, sarebbe difficile spiegargli come stanno le cose… quindi a meno che non vogliamo finire tutti quanti in cella, direi di levare le tende in fretta!”

    #3958
     snow 
    Partecipante

    Peter annuì alla spiegazione del fratello. Loro si trovavano in Europa per affari e i loro affetti familiari si trovavano oltre oceano.
    William diceva di sentirsi sicuro per i loro familiari, Peter non lo era altrettanto avendo visto i mezzi di cui disponeva la squadra di super uomini. Sicuramente anche il pazzo omicida disponeva della stessa tecnologia. Magari il suo mezzo di trasporto non era stato danneggiato durante l’atterraggio.

    La proposta di Demolisher di ricevere qualche arma per poter aiutare la squadra contro il pazzo omicida non gli dispiaceva. Fino a quel momento si era sentito abbastanza inutile.
    Ma la cosa che lo stuzzicava di più erano le parole di Valentina… Peter aveva sempre sostenuto nei suoi pensieri che i membri della squadra nascondevano qualcosa. Ora finalmente avrebbero conosciuto la verità.

    “Ok, direi che il più qui è fatto, i feriti più gravi mi sembra siano stati stabilizzati.
    Potremmo iniziare a dirigerci verso il punto di ritrovo, sempre se non dobbiamo aspettare qualcuno.”

    Avendo visto la facilità con la quale si erano occupati delle ferite delle persone coinvolte nell’esplosione e nei crolli Peter rimase ancora una volta meravigliato.
    Quali altre diavolerie avrebbero potuto tirare fuori dal cilindro? Altro che fenomeni da baraccone, qui sembrava di essere in un circolo di maghi…

    #3960
     Rilwen 
    Partecipante

    D’accordo, non c’era né Giappone né Australia né Nuova Zelanda che potesse spiegare tutto quello. Non c’era molto esistente, non c’era realtà, e Pentesilea si appoggiò ad una parete mentre, sporca del sangue dei feriti, con i capelli spettinati, con i vestiti stracciati e con l’aria della bambina spaventata e della donna sconvolta osservava quello scontro che non aveva senso. Aveva visto molte cose, nella sua vita, che non avevano senso: aveva visto uomini diventare bestie, ma non in quel senso letterale; aveva avuto la percezione della depravazione più grande e della più grande ingenuità; aveva avuto talmente tante esperienze di quello che diversi anni prima era stato chiamato da Émile Boirac il “déjà-vu” tali da farle pensare più volte di essere un’anima antica intrappolata in un corpo moderno; infine, aveva visto più e più volte quel miracolo della tecnologia che i fratelli Lumière avevano portato all’uomo, a partire da quel treno che correva nella stazione.

    Eppure, quello era oltre, quello scontro non aveva senso, se non in un luogo molto nascosto e molto poco razionale della sua anima e della sua psiche, e non poteva che restare inerme a guardare quelle luci, a sentire quelle parole, a gustare quasi l’odore di una tecnologia che non aveva nulla di umano e forse non aveva nulla di reale. Se quello era un altro di quei fenomeni come il déjà-vu non lo voleva. Non voleva sapere nulla.

    “Ou thèlo autèn ten manìa…” sussurro a fil di voce, a se stessa più che agli altri che comunque non l’avrebbero sicuramente compresa.
    Non voglio questa follia. Tutto il resto andava bene, ma non questo. Non così.

    Colui che l’uomo orso chiamava Clone, una parola di cui lei non conosceva il significato, aveva ferito violentemente l’altro, e stava per decapirarlo, quando il “GiappoAustroNeoZelandese” comparve, e Pentesilea parve scuotersi, cercando di correre dal ferito, per vedere come stava e se poteva far qualcosa per aiutarlo.
    Il Clone, ferito, parlava di Slayer come di un principe, di sua madre come dell’Imperatrice, e Pentesilea si obbligò a concentrarsi sul ferito per non cominciare ad urlare come una donnetta isterica: Slayer l’aveva salvata, e, se avesse potuto dargli man forte aiutando il suo amico l’avrebbe fatto.

    Ma aveva le lacrime agli occhi, ed era chiaramente sull’orlo di una crisi di nervi.

    #3978
     Meeme 
    Partecipante

    COLIN DIXON
    “No, questa è una tecnologia sviluppata dalla Colonia di Paladin! Abbiamo un dispositivo nella nostra tuta che può attivarla a piacimento, ma il suo uso è limitato. Abbiamo delle scorte sull’Event Horizon, ma se il terrorista continua così non basterà a salvare tutti. Paladin dovrebbe ricrearla in laboratorio e mancano i materiali.” spiegò cercando di essere chiara. Quelle domande la stavano aiutando a dimenticare la tristezza e sghignazzò quando lui parlò di Shadow.
    “Sconsiglio di chiedere a lei! Se non vuoi ritrovarti tagliato a pezzi e messo in un sacco per cadaveri! Shadow è parecchio… arrabbiata, vendicativa ed impulsiva quando si tratta del suo ex amante. Mi stupisce che non l’abbia inseguito per tutta Parigi!” commentò.

    “Un Holo-film è simile al vostro cinematografo, ma più comodo! Sono dei dischetti minuscoli, grandi quanto una monetina e vanno inseriti in un supporto. Noi ne abbiamo uno integrato alla tuta! Paladin ci tiene la musica, io ho delle immagini del mio mondo natale…” Attivò una piccola tastierina e davanti a Colin si materializzò una finestra grande quanto una cornice fotografica con un paesaggio alieno. I colori erano totalmente assurdi, il cielo era violaceo, gli alberi sembravano trasparenti e luminosi ed il mare era di un verde acceso con onde da cui si innalzavano delle nuvole così solide da sembrare zucchero filato. “Questo è il panorama che si vede dalla struttura in cui vivo. Posso anche registrare immagini…” Mostrò qualche immagine di Parigi che aveva fatto durante quella settimana. “Demolisher non vuole che registriamo queste cose, ma è stato più forte di me…” ammise vergognandosi un poco per aver disobbedito agli ordini della Caposquadra.

    CORALIE e PENTESILEA
    Destroyer respirava a fatica, ma non sembrava provare alcun dolore; annuì quando l’infermiera gli chiese di cauterizzare le ferite con il fuoco, recuperò un pezzo di metallo della sua armatura e lo scaldò fino a renderne la punta incandescente. Rimosse parte dell’armatura in modo da scoprire la ferita e lasciò fare l’infermiera.
    “Mezza lega, mezza lega… avanti contro quei cannoni…” mormorò con la voce cavernosa nel suo strano inglese.
    “…nella valle della Morte cavalcarono i seicento.” mormorò e Coralie si rese conto che non sarebbe stato in grado di combattere ancora anche se quella sembrava la sua intenzione. Cercò di rialzarsi, ma non ci riuscì. “Iniettami nel collo un’altra dose.” Le consegnò una piccola siringa, lui non riusciva nemmeno a muoversi per farlo da solo.

    Pentesilea si avvicinò all’uomo orso e si accorse che al suo fianco c’era una giovane infermiera. L’uomo era ancora più grosso visto da vicino e sulla nuca rasata spiccava uno strano codice numerico: C- 90 88 34. Mormorava parole senza senso su una valle della Morte e dei seicento e consegnò una siringa all’infermiera chiedendole un’altra dose di qualcosa…

    Slayer continuava a combattere contro quei mostri di metallo armati di spade e cannoni. Il guerriero provocò una forte onda d’urto che schiantò in terra gli automi, convogliò un raggio violaceo-blu che li alzò da terra e provocò una fortissima esplosione che ne ridusse uno in mille pezzi. L’altro lo stava mettendo in difficoltà perché evitava i colpi cercando di avvicinarsi il più possibile all’ospedale.

    WILLIAM e PETER HUDSON
    “Meglio che non abbiate parenti da recuperare, il bastardo gode nel far soffrire le persone. È diretto all’ospedale perché vuole punire le due infermiere che ci hanno aiutato.” commentò Valentina scuotendo il viso. Si erano messi in marcia quando vennero raggiunti anche da Amélie che raccontò della scelta di Slayer di raggiungere l’ospedale. Valentina commentò la notizia con un’imprecazione tra i denti. “Ecco il motivo per cui ero scettica sul coinvolgimento del maledetto Principe ereditario per questa missione! Se si fa ammazzare io non lo spiegherò all’Imperatrice sua madre!” Sospirò e si massaggiò le tempie disperata.

    Shadow fece spallucce. “Credo voglia assicurarsi che Destroyer non ci tradisca come quelli della sua genia prima di lui. La genetica è forte, ma date ad un uomo schiavo la possibilità di essere libero e potrebbe accoltellare il proprio fratello, senza offesa per i presenti.” Sussurrò guardando i due americani.
    Valentina la fulminò con lo sguardo. “Non guardarmi così, Demolisher… ritengo sia inutile continuare a mantenere il segreto riguardo la Terra. Il tuo pianeta venera la Logica, voglio sapere cosa ti suggerisce riguardo quello che è successo qui oggi.” Shadow aveva un tono di voce delicato, ma risultava comunque inquietante.
    Valentina sospirò. “Siamo stati noi a cambiare le cose.” esordì guardando i due americani e la giovane infermiera. “Veniamo da mondi alieni, questo è vero, ma dell’anno 3***. Duemila anni nel futuro.” disse e non stava scherzando.

    “Tutti i nostri pianeti, le nostre Colonie, vennero fondate grazie allo sviluppo spaziale di un Settimo Mondo, un mondo che venne spazzato via da un attacco terroristico nell’anno 2005… Quel mondo era la vostra Terra.” spiegò allora Shadow.
    “Tra circa una generazione raggiungerete lo spazio e scoprirete pianeti abitabili su un’altra galassia. Il merito di questa scoperta sarà dell’Event Horizon, il suo rottame verrà scoperto, studiato e perfezionato da un team di scienziati: Albert Einstein, Marie Curie, Rosalind Franklin, Nikola Tesla e molti altri. Colonizzerete altri mondi e darete vita alle Colonie come le conosciamo noi.” Continuò Valentina. Il viaggio nel tempo era stato affrontato come possibilità da alcuni scrittori, ma si era trattato solo di romanzi mentre le due donne sostenevano che fosse possibile. “Gabriel Everton vuole distruggere la Terra adesso, nell’anno 1905, prima della scoperta che vi proietterà nello spazio. Siamo qui per salvare il nostro futuro…” concluse Demolisher aspettandosi domande e volti sconvolti.

    #3979
     Rilwen 
    Partecipante

    Alt. No, no, no. Alt. Fermi tutti. Basta. Stop. La sua mente era questo che gridava, a voce altissima, come a cercare di allontanare per sempre – o quantomeno per quel momento – una possibile reazione razionale a… quello. E, sì, si trovò a pensare, a viaggiare, ad andarsene molto lontano, con la mente, seguendo memorie per sempre andate, o forse mai conosciute: cercò di pensare se aveva mai sentito quelle parole, quelle che riguardavano la valle della Morte e i Seicento. Sì, forse era una follia, ma provò a pensare se mai aveva sentito quelle parole…

    Essenzialmente per non piangere in preda ad una crisi di nervi.

    Vicino a lei c’era un’infermiera, o qualcuno che tale sembrava. L’uomo orso le stava parlando, non che fossero in confidenza o cosa, ma lui le chiedeva di aiutarlo con una siringa che conteneva chissà che cosa. Ma, soprattutto, era vestita, grazie al cielo, era vestita in modo *normale*, e sembrava un essere *normale*.
    Ti prego, fa’ che almeno questa sia se non europea almeno terrestre…

    Giuriamo, andava bene persino una lappone. Una russa. Guardate, addirittura una tedesca – e si sa come i Francesi poco adorino i Tedeschi.
    Si concentrò per rimanere lì, sulla terra, obbligandosi a far qualcosa di utile di tutta quella distruzione, di tutti quegli abiti stracciati, di tutto quel sangue.
    “Posso… Posso aiutare…?

    Ti prego, fa’ che non sia un’assassina psicopatica…

    E ignorava per il momento che ci fossero degli automi come mai aveva visto. Doveva ignorarlo, perché una mente umana può resistere solo fino ad un punto.

    #3980
     Elan 
    Partecipante

    Le condizioni di Destroyer erano a dir poco critiche, eppure Coralie si stupiva di quanto sembrasse non provare alcun dolore. Cauterizzò la ferita cercando di essere il più veloce possibile, ascoltando con un certo rapimento le sue parole, che sembravano quasi versi di qualche poema epico.
    “Adesso la cosa importante è che tu riposi, devi recuperare le energie e lasciare che il tuo corpo faccia il resto!” gli disse cercando di incoraggiarlo a riposare.
    Non era molto convinta da quella strana siringa, ma aveva visto i poteri curativi della loro tecnologia e così alla fine si decise a fare l’iniezione, con tutta la precisione che le circostanze le permettevano.
    “Non puoi continuare a combattere ora. Lascia che se ne occupi Slayer, vedrai che tra poco arriverà anche Paladin!” sorrise tranquillamente, ma quelle ferite erano talmente orribili che mantenere la tranquillità era davvero difficile.
    Si strappò un pezzo di veste per bendare almeno grossolanamente le ferite, ma era come cercare di arginare il mare con un bastoncino di legno.
    “Come ti senti?”

    Fu in quello che arrivò l’altra ragazza. Aveva una maschera sul volto, ma i suoi gesti e la sua voce dimostravano quanto fosse spaesata.
    Si alzò, rimanendo sempre accanto a Destroyer, e la guardò con un sorriso.
    “State bene Madmoiselle? Avete bisogno di aiuto?” le domandò istintivamente.
    Per lo meno non sembrava ferita, e viste le condizioni generali non sembrava cosa da poco.
    Alla sua domanda scosse la testa con aria rassegnata.
    “A meno che non possiate fare miracoli, non credo…”
    Avrebbe dato qualsiasi cosa, in quel momento, per trovarsi nell’isola misteriosa!! Lì, in un modo o nell’altro, i naufraghi riuscivano sempre a venirne fuori… ma in quel momento qualsiasi soluzione sembrava impossibile!
    “Venite dall’interno dell’Ospedale? I pazienti sono stati tutti evaquati?” domandò con una certa apprensione. Con tutte quelle esplosioni potevano esserci state decine di feriti, se non peggio…

    #3983
     Rilwen 
    Partecipante

    I nomi che sentiva erano chiaramente inglesi: Destroyer, Slayer, Paladin. Ma Slayer aveva parlato di un luogo oltre le stelle che vedeva, e, giuriamo, stava per venirle una crisi di ansia e di panico mica da poco. Qualche volte le era successo, in concomitanza con quei maledetti e benedetti déjà-vu, le era successo di spegnersi, per diversi secondi, e trovarsi per terra. Non l’aveva mai detto a nessuno, nemmeno ai medici che la visitavano ad intervalli regolari per controllare la salute e la pulizia delle sue parti intime – perché la pulizia è la cosa più importante di tutto, in un ambiente come il suo, in in cui i clienti non si vogliono prendere malattie veneree o nulla del genere.

    E in quel momento avrebbe tanto voluto aver uno di quei black out – o micro fenomeni epilettici, come si sarebbero chiamati, se lei l’avesse detto a qualcuno. Davvero, avrebbe voluto tanto, perché questo era troppo, e nemmeno una mente aperta come la sua poteva accettare tutto quel casino. E che stava succedendo anche ora, e che, probabilmente, sarebbe continuato a succedere.

    Perché era assurdo, tutto quello, era folle, era senza senso, ma c’era. Era reale. Era dannatamente reale, ed era quella ragazza, quell’infermiera dai vestiti *esattamente* della sua epoca, a renderlo tale. Perché se fosse stato un delirio della sua mente, se fosse stato un qualcosa di peggio, non ci sarebbe stata anche lei.

    “… sto bene…”
    Certo, come poteva stare bene in quella situazione, con quel casino, con quel delirio, con quei lampi, quei nomi, quelle parole, con quegli automi che non voleva vedere.
    “… che…”
    Non ebbe le forze nemmeno per dirlo, per chiederlo, per fare nulla di nulla. Perché avrebbe voluto chiederle tutto, costringerla a parlare, darle una stramaledetta spiegazione a tutto quanto.
    ” … si stanno muovendo in tale direzione. Non ci sono… Sì, stanno evacuando.”
    Onestamente non sapeva se fosse *completamente* vero, non ci aveva fatto attenzione come avrebbe dovuto forse, ma lei non era un’infermiera, non era una persona buona al 100%, non avrebbe perso la vita per degli sconosciuti, ci spiace.

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