“Giacomo fino a sette sapeva andare coi numeri. […] Olte il numero sette stava l’orizzonte. Dove la valle Belbo si perdeva nelle terre dei Gonzaga. […] Oltre il sette vi era nebbia e pianura. Monti verticali. Caotici. Lontani. Forse il demonio stesso. E ombre notturne. Nulla che potesse mutare il senso dei suoi giorni.”
Le Langhe sono uno dei paesaggi più belli che si passono trovare in Piemonte e l’amore dell’autore per questi luoghi si riflette in ogni pagina.
Tuttavia il libro parla del Cammino, il cammino letterale e figurato di un ragazzo del XVII secolo, ignorante, un po’ lento di comprendonio, che però ha intravisto qualcosa che potrebbe farlo deviare dal sentiero che il destino sembrava aver fissato per lui, identico a quello di tutti i villici e forse di tutte le persone.
Il romanzo segue quindi la vita di Giacomo che si incrocia con gli eventi storici del Piemonte di inizio ‘600.
Ci sono diversi elementi fantastici, importanti più per il senso del libro che per la trama stessa. Il numinoso interagisce con la realtà in modo poco appariscente, rimanendo sul confine fra la magia e la fantasia.
L’autore definisce lo stile “barocco”, credo in riferimento alle parti narrate, “e artefatto” perché nel dialogo diretto cerca di ricostruire un linguaggio incolto a tratti dialettale. Può volerci più di qualche pagina per farci l’orecchio, ma a me è piaciuto molto a parte il punto di vista che ogni tanto cambia, mi sembra, senza una logica chiara.
Nel complesso ho amato molto questo libro e ritengo che meriterebbe di essere più conosciuto.
Editore: Impressioni Grafiche
(un’organizzazione non lucratica con finalità di reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati)
ISBN: 9788861950672
Mi sto dedicando alla narrativa fantastica italiana, troppo spesso misconosciuta e sottovalutata.
Spero che questa sia la prima di una serie di recensioni.
Se qualcuno di voi lo legge per favore fatemi sapere, sono molto curioso di sentire l’opinione di un non-Piemontese.