Spazio, ultima frontiera.
Pochissime parole, ormai diventate celebri tra gli appassionati, e note senza dubbio a qualsiasi fan di Star Trek, a prescindere dalla sua età. Giovane o vecchio appassionato, i viaggi dell’USS Enterprise possono avere sempre e soltanto uno scopo: arrivare là dove mai nessuno è giunto prima.
Ma mai come in questo film rischia di rivelarsi estremamente veritiera.
Intrappolati in una nebulosa pericolosa ed inesplorata, il capitano Kirk ed il suo equipaggio si troveranno ben presto separati, costretti a lottare per la loro stessa sopravvivenza, di fronte ad una minaccia talmente grande da mettere a rischio l’intero universo.

Sarà solo grazie ad improbabili alleanze e stratagemmi incredibili che l’equipaggio dell’Enterprise riuscirà infine a fuggire dalla nebulosa, ponendo fine ai malvagi piani del perfido Krall e scoprendo il terribile segreto che ha custodito per moltissimi anni…

Prima di iniziare con la recensione vera e propria, trovo sia giusto fare una doverosa premessa. Pur conoscendo l’universo di Star Trek, non sono una fan così accanita da essere in grado di trovare ogni più piccola citazione ai vecchi film e serie tv.
Eviterò dunque di parlarne, tranne in quelle occasioni toccanti dove il film stesso diventa autocelebrativo.
Buona lettura!

Parto subito col dire che, a me, questo film è piaciuto, e anche molto.
Si tratta di una pellicola che scorre senza tempi morti, piacevolmente, con un ritmo che ti tiene incollato allo schermo dall’inizio alla fine, senza mai farti sentire quella sensazione di noia capace di farti domandare per quante ore ancora dovrai restare seduto su una poltroncina tendenzialmente stretta e scomoda.
E – nel mio caso – quella maledetta poltroncina era veramente tanto stretta e scomoda.
Ma dopo una partenza calma e quasi cullata, il film accende i motori a curvatura dell’Enterprise, e tutta la scomodità passa in secondo piano, perché ad ogni mezza scena ci si ritrova sommersi da una vagonata di commozione, o tesi per questa o quella scena pericolosa, o gasatissimi per la trovata geniale del secolo o per la scena epica di turno.
E quando ci si alza dalla poltroncina, alla fine, si ha male ovunque e ci si vorrebbero staccare le gambe, ma poco importa, perché il film è valso tutto quel dolore.

Una cosa che ho trovato molto toccante, e che credo che un po’ abbia toccato tutti coloro che sono andati a vederlo, è stato come hanno trattato la morte di Leonard Nimoy.
La scomparsa dell’attore dello Spock originale è stato un duro colpo per tutti gli appassionati della serie, e vederlo omaggiato – sicuramente per l’ultima volta – in questa pellicola non può che aver fatto piacere.
La delicatezza che è stata usata per parlarne è stata quasi commovente, e in un dialogo tra il giovane Spock ed il dottor McCoy viene spontaneo pensare quanto siano i personaggi a parlare, e quanto invece siano gli attori ad esternare la loro tristezza per la scomparsa del collega.

Accantonando il piccolo momento di sentimentalità e tornando a parlare del film, ho trovato i personaggi veramente piacevoli.
Tralasciando l’ormai noto equipaggio dell’Enterprise, di cui ormai si vede l’affiatamento consolidato, trovo che il personaggio più riuscito dell’intero film sia la giovane aliena Jaylah.
Si tratta di una fuggitiva, una sopravvissuta, una creatura dai sentimenti terribilmente umani: lei non è la classica eroina dei film. Ha paura, lo ammette senza vergogna, e per un attimo si rifiuta persino di aiutare l’equipaggio dell’Enterprise, perché il suo unico desiderio è fuggire da quel pianeta che l’ha vista prigioniera troppo a lungo.
Non vuole combattere: vuole solo fuggire da quegli orrori che perseguitano quotidianamente i suoi incubi.
Oltre al lato caratteriale – approfondito ancora di più dalla sua buffa passione per la musica ed il suo modo di parlare un po’ primitivo – anche la resa estetica è stata davvero curata, e ha portato ad un risultato decisamente unico e piacevole.

Al contrario, il malvagio Krall è leggermente sottotono.
Certo, si capisce quali sono i sentimenti che lo spingono a fare ciò che fa, ma è un personaggio talmente particolare che avrebbe meritato forse un maggior approfondimento.

Nota di merito infine va data agli effetti speciali.
La stazione spaziale Yorktown, in cui l’Enterprise fa sosta durante la sua missione quinquennale, è forse tra le città spaziali più spettacolari che si siano mai viste sul grande schermo. Si tratta di un pianeta interamente costruito artificialmente, che per molti versi mi ha ricordato la Cittadella della serie di videogiochi Mass Effect.
Anche le ambientazioni del pianeta disperso nella nebulosa, per quanto più selvagge e primitive, sono molto curate e dettagliate. Ma Yorktown colpisce per la sua perfezione e, non a caso, all’arrivo dell’Enterprise sono diversi i minuti spesi in panoramiche mozzafiato, che mostrano l’enorme stazione spaziale in ogni suo dettaglio.

Insomma, che siate appassionati di vecchia data della serie, o che abbiate iniziato a guardarla con questa nuova trilogia di film, Star Trek – Beyond è un film che vale di sicuro la pena di essere visto!
Ora non ci resta che aspettare il 2019 per vedere il prossimo film, su cui i giovani attori sono già al lavoro!

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