Vincitore del Grand Jury Prize al festival di Sundance, questo film narra delle vicende di Cameron Post, una ragazza che dopo essere stata scoperta con un’altra ragazza, viene mandata dai propri guardiani legali in un centro di ricoversione per ‘curarla’ dalle tendenze omosessuali. In passato idee come queste sono state trattate come commedie (I’m a cheerleader) o come parodie: The Miseducation of Cameron Post invece vuole mettere in luce l’abuso psicologico e emotivo a cui questi ragazzi venivano sottoposti, in un’epoca che purtroppo è ancora molto recente (il film si svolge nel 1993).

Da questa premessa io mi aspettavo un film molto duro, opprimente: non è però questo il caso. Il film invece tenta di mantenere un delicatissimo equilibrio tra il drammatico e il grottesco, alleggerendo volutamente il tono pur senza sminuire il messaggio di critica sociale che vuole trasmettere. Il punto è se il film riesca nell’intento di mantenere questo delicato equilibrio: dal mio punto di vista direi di sì, c’è qualche momento infelice ma complessivamente il film regge.

La critica ha ovviamente adorato il film (da cui la vittoria al Sundance e due nomination a Seattle e a Sidney), il pubblico non particolarmente, e probabilmente questo è dovuto alla generale piattezza della narrazione. Non ci sono momenti di grande tensione, non c’è eccessiva drammatizzazione degli eventi, e questo può annoiare: per me è invece molto positivo che il film abbia mantenuto un registro simile. Gli unici momenti dinamici in questo modo risaltano maggiormente (come quando lei si mette a cantare), e inoltre il film non è particolarmente lungo, per cui è difficile che annoi.

Da un punto di vista tecnico il film è girato in modo sciolto, chiaramente in economia (una singola location più alcuni esterni), concentrandosi esclusivamente sui personaggi e le loro emozioni. C’è un’ottima squadra di attori, a cominciare dalla straordinaria Cloe Grace-Moretz nei panni della protagonista, la quale spero che prima o poi riceva un qualche meritato riconoscimento. Ho notato anche un’estrema cura nel dettaglio, dal ragazzo indiano (d’America) ai grotteschi video cristiani di esercizi ginnici (che sono invece autentici prodotti degli anni Novanta).

L’unico difetto che io ho notato riguarda il personaggio della direttrice dell’istituto, la dottoressa Lydia Marsh, interpretata da Jennifer Ehle. Il film mantiene questo sguardo obiettivo verso tutti i personaggi, tranne che verso di lei: certamente comprensibile visto quello che succede (evito i dettagli causa spoiler, ma diciamo che è un personaggio che non merita alcuna compassione), tuttavia è qualcosa che stona leggermente all’interno del film proprio perché è l’unico personaggio a cui succede. Non è un problema grave, e non danneggia minimamente il messaggio, ma ritengo di doverne parlare, anche perché con poche battute si poteva aggiustare.

Raccomando questo film a tutti, giovani, adulti, ragazzi e adolescenti, è un prodotto che mette in luce tutti i problemi dell’omofobia, e come ho detto sopra non è eccessivamente opprimente.

Voto: 9

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