I, Tonya è un film biografico che racconta la storia di Tonya Harding, campionessa di pattinaggio artistico la cui carriera terminò bruscamente in uno scandalo all’inizio degli anni Novanta. Non sono generalmente un fan del genere, tendono a glorificare piuttosto che a raccontare, distorcendo pericolosamente gli eventi reali/storici a favore del/la protagonista (The Darkest Hour è un buon esempio, come pure The Imitation Game) finendo per acquisire una patina celebrativa che suona finta. Personalmente se devo vedere un film così preferisco un documentario, almeno so che è più accurato per quanto riguarda gli eventi realmente accaduti. Per tutte queste ragioni non avevo molte aspettative, specialmente perché sono film che riscuotono un buon successo sia di pubblico che di critica, ma appunto non vuol dire. Ciò che mi aveva attirato del film era il fatto che non veniva caratterizzato come film biografico ma come commedia noir, il che indicava un possibile tono diverso, e quindi non necessariamente celebrativo. E dopo aver visto il film devo dire che ho quasi rivalutato il genere: questo, in un certo senso, è quello che un film biografico dovrebbe essere. I, Tonya riesce a raccontare una storia interessante con un tono uniforme ma senza glorificare inutilmente i protagonisti degli eventi.

Infatti il film dipinge un ritratto impietoso della protagonista e della sua famiglia, dalla madre LaVona (magistralmente interpretata da Alison Janey, e che le ha fatto guadagnare un Oscar), al marito Jeff (interpretato da Sebastian Stan, ovvero Winter Soldier). L’unica che ci fa una figura decorosa è la sua insegnante Diane Rawlinson (interpretata da Julianne Nicholson). Il film contestualizza l’incidente che ha reso la protagonista famosa mostrando la sua vita fino a quel momento e le varie persone coinvolte nell’incidente stesso, in cui, per la cronaca, Tonya venne accusata di aver pagato un sicario per rompere un ginocchio alla rivale Nancy Kerrigan. Il film ha per me due grandissimi pregi: il primo è la sua estrema aderenza ai fatti, mostrati attraverso una lente umoristica ma mai privi di significato nel messaggio complessivo del film. Hanno chiaramente ricevuto il permesso di fare questo film da tutte le persone coinvolte (ne fanno vedere alcuni filmati alla fine), e si vede la serietà del lavoro di ricostruzione dietro al film stesso. Ed è probabilmente a causa di questa estrema serietà che le persone coinvolte hanno dato il loro consenso, vista in particolare la figura impietosa che fanno fare ad alcuni di loro.

Il secondo aspetto è la protagonista: non solo Margot Robbie si è ampiamente meritata la nomination agli Oscar come attrice protagonista, ma ha un’incredibile capacità di trasformarsi nel corso del film, seguendo il personaggio in una serie di mutamenti fisici e psicologici. E, per quanto abbia una controfigura per le scene più complesse, in diverse occasioni è proprio lei a pattinare, cosa che permette alla regia una maggiore libertà nel filmare le scene sul ghiaccio. E a questo proposito un altro dei punti forti del film è l’estrema gradevolezza del pattinaggio artistico: le gare sono queste danze atletiche molto evolute e con un chiaro elemento spettacolare, per cui non stancano.

Insomma, è un film che mi ha sorpreso e che ho finito per gradire moltissimo, e che bilancia molto bene momenti comici e momenti seri, sostenuto da una regia vivace e da ottimi attori. Lo raccomando agli amanti del genere e anche a quelli che, come me, vogliono vedere un buon film biografico privo di quello strombazzato tono celebrativo tipico del genere.

Voto: 9

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