La Lacrima di Pietra

Questo argomento contiene 299 risposte, ha 6 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Elan 6 anni fa.

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  • #4337
     Elan 
    Partecipante

    – LA CACCIATRICE –
    La bambina sembrò un poco perplessa alla risposta della Cacciatrice, ma alla fine fece un bel sorriso gradevole.
    “Sei una donna-lupo allora! Non ne avevo mai vista una!!”
    Rise.
    Era troppo piccola per farsi problemi sui reali motivi che si celavano dietro quella maschera e, d’altronde, tutto il suo mondo ora pareva assorbito da quel piccolo animale di pezza che le aveva fatto ritrovare il sorriso.
    Il maschietto si era intanto avvicinato a Humar, incuriosito.
    “Sembra un grosso gatto nero!” esclamò sorridendo.

    Nathaniel sorrise alle sue parole, e annuì.
    “E’ vero, avete solo riportato un giocattolo ad un cucciolo. Per voi non è stato niente, ma per loro…”
    Guardò la bambina e suo fratello, che sembravano aver dimenticato gli orrori che dovevano aver vissuto.
    “Per loro un gesto gentile può fare la differenza, in questo momento. Hanno perso tutto, voi gli avete ricordato che non saranno mai soli.”
    La sua voce era calda e piacevole, e i suoi non erano rimproveri, ma pensieri in cui credeva veramente.

    #4338
     Meeme 
    Partecipante

    La Cacciatrice lasciò credere alla bambina quello che voleva, non era importante, ma quando il maschietto si avvicinò ad Humar lei fece un gesto per evitare che il leone nero si sentisse minacciato. Comunicava con lui con dei piccoli gesti che gli altri non vedevano e gli indicò di restare immobile per non spaventare il cucciolo. “Non è un grosso gatto, ma un fiero Leone nero. Mai avvicinarsi ad una bestia feroce sconosciuta potrebbe reagire sentendosi minacciato.” spiegò perché voleva evitare che il piccolo toccasse Humar, il leone era pericoloso quanto lei ed altrettanto spaventoso. Fece un gesto ed Humar si avvicinò a lei strusciandosi per trasmettere il suo odore. “Resta fermo e lascia che lui ti studi. Hai un odore a cui non è abituato.” spiegò secca ed accarezzò la folta criniera del suo leone per tranquillizzarlo. Humar rispose ai segnali della sua compagna di caccia ed annusò il cucciolo accuratamente. Soddisfatto aspettò un gesto della Cacciatrice e lei annuì. “Ora puoi toccarlo, non ti farà nulla finché io non gli chiederò il contrario…” Il Leone nero era in grado di sbranare un adulto, figurarsi un cucciolo, ma ora era tranquillo e non c’erano pericoli. L’elfa del sangue fece un cenno anche alla bambina se voleva imitare il fratellino ed accarezzare Humar sotto sua supervisione.

    Il Sacerdote credeva sul serio in quello che diceva, doveva essere una cosa comune a tutti i sacerdoti, avevano la fede del resto, poteva biasimarli?
    “Sono soli, ma insieme sarà più facile superare la perdita.” rispose secca osservando l’orizzonte e non il draenei. La gente del villaggio si sarebbe curata dei due piccoli, ma non sarebbe stata la stessa cosa senza qualcuno della loro razza ad insegnargli chi erano veramente.

    #4339
     Elan 
    Partecipante

    – LA CACCIATRICE –
    Il bambino ascoltò diligentemente le sue istruzioni, e rimase immobile mentre Humar lo studiava, ma quando lei gli diede il permesso avvicinò cautamente una mano per accarezzargli la folta criniera.
    Era un bambino educato, non esuberante o violento, e rispettava quella creatura che osservava con occhi pieni di ammirazione.
    “Quando sarò grande anche io voglio essere accompagnato da un animale così bello!” disse convinto.
    La bambina sembrava invece un poco spaventata da Humar, e rimase a debita distanza.

    Dopo qualche minuto, Nathaniel alla fine sorrise con fare paterno.
    “Tornate dalla gente del villaggio, ora. Gli altri bambini vi staranno aspettando, ed è quasi ora di pranzo. Verrò a salutarvi prima di partire.” disse deciso ma gentile, e i due bambini non obiettarono.
    Il maschietto fece un’altra carezza a Humar, mentre la più piccola si avvicinò alla cacciatrice, sorridendole.
    “Grazie ancora, signora-lupo!” esclamò, stringendole la vita in un’abbraccio spontaneo.
    Poi i due corsero via insieme, ed il Draenei sorrise di nuovo.

    “Dovete perdonarli, spero non vi abbiano infastidito con la loro esuberanza. La mia gente non è abituata a gesti di affetto, ma loro sono una nuova generazione, una nuova speranza per tutti.”
    Sorrise mentre guardava i due piccoli correre verso gli altri profughi. I suoi occhi erano tristi e distanti, come se stesse ricordando cose passate.
    “Tutti noi combattiamo perché quando cresceranno abbiano finalmente un posto pacifico da poter chiamare casa.”

    #4340
     Meeme 
    Partecipante

    “…forse un giorno sarà così…” rispose al bambino con la voce roca. Non aggiunse altro e non forzò la più piccola ad avvicinarsi ad Humar, il leone nero delle Barrens faceva paura perché grande e possente. L’abbraccio non se lo aspettava e lasciò fare la piccola non volendo allontanarla. Era innocente ed indifesa, come il cucciolo umano che aveva tenuto tra le braccia mentre moriva. La maschera nascondeva ogni cosa, anche le lacrime e ringraziò il suo nuovo volto per quello…

    Li osservò allontanarsi senza dire nulla e fece cenno ad Humar di prepararsi ad andare. Avevano bisogno di viveri e cacciare qualcosa mentre gli altri si occupavano dei superstiti le sembrava una buona idea. Ascoltò le parole del sacerdote ed alzò le spalle ad indicare nessun disturbo. Parlava della sua gente, quella stessa gente che era stata cacciata come bestie quando era in cerca di un rifugio. “Quando la nebbia sarà sconfitta, potresti pensare di adottarli, se la tua compagna non avrà nulla in contrario. Starebbero con qualcuno della loro razza che gli ricordi chi sono.” accennò sincera perché le sembrava una buona idea. In realtà non sapeva nulla della cultura degli stranieri alieni e forse lo aveva appena offeso, ma non le importava. Diceva quello che pensava senza curarsi delle motivazioni, la vita era troppo breve per perdere tempo con ragionamenti complicati…

    #4341
     Elan 
    Partecipante

    – LA CACCIATRICE –
    Il Draenei parve sinceramente colpito dalle sue parole, ma non infastidito, come se fosse semplicemente qualcosa a cui non aveva pensato.
    “Non ho una compagna.” le spiegò senza problemi. “Ma di certo la vostra idea non è sciocca, tutt’altro.”
    Rimase in silenzio a riflettere per qualche istante.
    “Se torneremo vivi da questo viaggio penso che potrei farlo. Abbiamo vissuto esclusi dal mondo per molto tempo, e condividere la terra assieme ad altre razze ci farà bene, ci permetterà di crescere e migliorare. Ma non dobbiamo mai dimenticare chi siamo e da dove veniamo.”
    Le sorrise, e la Cacciatrice notò il possente martello che teneva agganciato sulla schiena: era ricavato da una gemma violacea, e mentre lo guardava ebbe la sensazione che stesse pulsando di vita propria, esattamente come le gemme di cui lui aveva parlato ai due piccoli draenei poco prima.

    “In ogni caso, vi ringrazio nuovamente di ciò che avete fatto per loro. Se mai potrò ricambiare questa vostra gentilezza, vi prego di dirmelo.”
    Fece un piccolo inchino, quindi le sorrise.
    “Archenon poros.” disse solennemente, mentre la gemma sulla sua arma brillava più intensamente, in una lingua che lei non aveva mai sentito e di cui non comprendeva il significato.

    Il Draenei si era rivelato una strana creatura, dolce e dai modi gentili. Non le aveva chiesto nulla, nemmeno il suo nome, rispettando il suo desiderio di riservatezza come raramente era capitato.

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 5 mesi fa da  Elan.
    #4343
     Meeme 
    Partecipante

    Avrebbero fatto meglio a continuare a vivere come esclusi in modo da evitare le persecuzioni, c’era distensione, ma i vecchi rancori erano difficili da dimenticare. Era uno strano sacerdote, l’arma che si portava dietro sembrava quella di un guerriero e brillava in modo innaturale. Le provocava una sensazione spiacevole e non capiva il perché. “Puoi fare quello che vuoi della tua vita, a me non importa. Ho solo detto quello che pensavo.” ribadì secca alzando le spalle. Pensava di averlo offeso, invece stava prendendo in considerazione quello che diceva, oppure voleva solo essere gentile.

    “Limitati a non usare i tuoi incantesimi su di me ed io eviterò di risponderti in malo modo come ho fatto con i tuoi due compagni. Quando raggiungeremo la nebbia non voglio roba divina addosso, se gli incantesimi di Zatanja non basteranno fa nulla. Puoi proteggere Humar se senti un bisogno infrenabile di ricambiare quello che solo tu reputi un gesto di gentilezza.” specificò per essere chiara. Lei non voleva essere toccata da un guaritore figurarsi trovarsi i loro incantesimi addosso.
    “Per quanto mi riguarda non c’è nulla da ricambiare.” mormorò con la voce rovinata.

    E storse la bocca sentendo quelle parole sconosciute. “Non conosco la tua lingua, se iniziassi a sbraitare in thalassian ti farebbe piacere?” Lui voleva solo essere gentile, ma la Cacciatrice non voleva gentilezza, non la meritava perché era colpevole e doveva pagare per quello che aveva fatto in passato.

    #4352
     Ba 
    Partecipante

    Rikr si lasciò accarezzare mentre galleggiava dentro la sua vasca improvvisata e Gungnir sorrise felice.
    Silvermoon. Osservò pensoso la ragazza e il suo piccolo amico.
    Era la prima volta che qualcuno diceva di aver ‘già sentito parlare di qualcosa del genere’ riferendosi a Rikr. Stava per rivolgere qualche domanda il più alla giovane amica quando le voltò le spalle per porsi a sua difesa.

    I muscoli tesi fino allo spasmo, come sempre prima di un combattimento, Rikr scalò fino ad arrivare sul corno, accanto all’orecchio. Pronto a suggerirgli la strategia migliore.
    L’urlo fu la conferma di quanto temuto poco prima.
    Vide l’uomo ferito e i suoi assalitori.
    Fece un cenno affermativo ascoltando i consigli di Rikr, si voltò verso la giovane e le disse con un tono cupo a lui inusuale «Resta alle mie spalle, lontana dal combattimento.»
    Tornò a fissare il nugolo di creature che stavano per avventarsi contro l’uomo e mosse alcuni veloci passi nella sua direzione, curandosi di essere sempre tra la giovane troll e i nemici.
    Lo spadone ritto e impugnato a due mani e il capo leggermente chino, era pronto a fronteggiare un nuovo nemico.
    Silenzioso e affilato come il gelido vento del nord, il tauren si apprestava a lanciare la sua carica.

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 5 mesi fa da  Ba.
    #4355
     Rilwen 
    Partecipante

    Sì, probabilmente era stata una cosa “pensata”, quella del Kirin Tor, ma lo stesso era una stupidata, che condannava persone su persone, e per cosa? Era abbastanza sicura che Lui dicesse la verità sul ruolo della Legione: se avrebbero potuto vantarsi di qualcosa l’avrebbero sicuramente fatto, e no, non lo stava facendo.
    Si accorse però del Suo sguardo nel guardare Nathaniel il Paladino.
    “Lascialo stare.”
    C’era quasi gelosia nella sua voce, sì. Ovviamente lei non era pura come il Paladino, lei non era così virtuosa, e quello che poteva distruggere ella sua vita Lui l’aveva già fatto.
    “Se ci incasini la vita, è solo un macello.”
    Che già ci si fidava di una che andava in giro con un Demone, come no. E poi, sì. Era quasi gelosa. Merda. Si scosse solo quando Urok parlò, dopo che Lui se n’era andato.
    E scosse la testa.
    “Non mi fido. E’ il mio compagno, ma è pur sempre un demone, e lo so. Ma lo so gestire.”
    Almeno, sperava.
    “Se non altro, gli credo quando dice che questa nebbia non è legata alla Legione: si sarebbe vantato di una cosa del genere, e non avrebbe imputato ad altri la cosa.”
    Lo ascoltò mentre descriveva la situazione dei sopravvissuti, e scosse la testa.
    “Cercheremo di non far perdere loro le ultime cose che hanno.”

    E poi arrivarono loro. Arrivò l’uomo ferito e i non morti dietro di lui. Sorrise, Daelenn, mentre chiudeva gli occhi e congiungeva le mani in una specie di preghiera.
    “Bash’a no falor talah!*” gridò, mentre una specie di nube scaturiva dalle sue mani, una nube violacea, che, come se fosse stata portata dal vento, si rivolgeva verso i non morti. Era una maledizione che avrebbe loro tolto un poco di forza, lentamente, il giusto per renderli più affrontabili da tutti quanti. Meglio stancare il nemico quando è ancora lontano che dover schivare colpi, no?

    ————
    *Provate il brivido della vera morte.

    #4356
     Ilmarien 
    Partecipante

    Murloc. E per di più rianimati come non morti, con quei loro occhi vitrei e movimenti innaturali che facevano rabbrividire Gahain. E dire che le cose non ci avevano messo molto per volgere al peggio. Lanciò un’occhiata d’intesa a Alliria e Thaidan e urlò al resto del gruppo: “Sono stati rianimati come non morti!”, per avvisarli nel caso non se ne fossero accorti. Poi si mosse in avanti a passo svelto mentre tra le mani creava una sfera di fuoco estremamente concentrata. Quando il calore nelle mani divenne troppo forte, la spinse in avanti con entrambe le mani mentre con la mente continuava a tenere concentrata l’energia elementale. Quando la sfera raggiunse il gruppo di murloc rilasciò l’energia in un’esplosione di fiamme, con l’obiettivo di colpirne il più possibile, e volendo usare la pressione per farne cadere qualcuno e far guadagnare tempo all’umano. Dopo si sarebbe concentrato nell’alimentare le fiamme rimaste addosso ai murloc stessi per continuare a danneggiarli.

    #4366
     Elan 
    Partecipante

    – DAELENN, GAHAIN e GUNGNIR –
    La malsana nuvola violacea creata Daellen raggiunse istantaneamente i murloc che, impreparati, iniziarono a correre in preda al panico, senza alcun ordine. “Così…” l’Elfa del Sangue sentì la voce nella sua mente, e una carezza sottile, come un soffio di vento, le sfiorò la guancia. “Distruggi la loro essenza, la loro volontà…”
    Lui era soddisfatto, e la warlock sapeva che i suoi poteri erano centuplicati dalla sua presenza, tanto che alcuni dei murloc iniziarono a cadere a terra, troppo deboli per muoversi ancora.
    Fu il momento ideale per Gahain per colpire. L’esplosione di fuoco li colpì quasi interamente, ed insieme alle fiamme su quelle creature presto iniziarono a cadere dei potenti fulmini, come una potente tempesta. Il Draenei si accorse istantaneamente dell’intervento di Urok, i cui poteri sembravano amalgamarsi perfettamente ai suoi.
    Ma molti di quegli esseri spregevoli erano sfuggiti alla furia distruttiva degli elementi.
    Fu la carica di Gungnir a travolgerli.
    Il grosso Tauren non si era fatto remore a correre in mezzo al fuoco e alla corruzione, proteggere Zatanja era la cosa giusta da fare, e la giovane troll era talmente spaventata che non era nemmeno riuscita a muoversi. I murloc, tuttavia, non erano di certo un’avversario temibile e sotto la sua ascia quelle creature caddero una dopo l’altra. All’improvviso il grosso tauren sentì come un potente ruggito, ed una maestosa pantera nera saltò alle sue spalle, sbranando uno di quegli esseri che stava cercando di coglierlo impreparato. Nei suoi occhi ferini, Gungnir riconobbe l’Elfo della Notte dai modi selvaggi.
    La situazione sembrava sicuramente volgere a loro vantaggio, ma alcune di quelle creature erano riuscite a sottrarsi alla loro furia e stavano fuggendo lontano, emettendo strani suoni gutturali e quasi buffi. Ma in quel momento una sfera perlacea li avvolse, e le due creature rimasero immobili, sospese in aria: vive – per quello che la loro natura concedeva loro – ma inoffensive. Zatanja aveva gli occhi vitrei, dello stesso colore di quella potente sfera, e la fronte contratta per lo sforzo lasciava intendere che probabilmente non avrebbe retto l’incantesimo ancora molto a lungo.
    L’umano ferito era rimasto sorpreso da quell’aiuto inaspettato, ma non si tirò indietro. Sparò due rapidi colpi, con una velocità tale da lasciare senza parole, e i due murloc avvolti dalla sfera luminosa caddero morti, lasciando alla giovane troll il tempo di riprendere le energie.

    Il tanfo sollevato da quella carneficina era al limite dell’insopportabile, un’olezzo di pesce misto all’odore dolciastro e nauseabondo della non-morte, ma l’umano sembrava lieto dell’improvvisa compagnia e si avvicinò al gruppo posando le armi a terra per dimostrare le intenzioni pacifiche.
    “Ehy, grazie mille! Sono giorni che quelle bestiacce tormentano i rifugiati, ma non avevano mai attaccato in massa!”
    La sua voce era forte e piacevole, ma i suoi tratti avevano qualcosa di triste e distante.
    Fece per bendarsi il braccio ferito, ma Alliria era già al suo fianco, le mani avvolte da una piacevole luce argentata, e con un semplice tocco rimarginò la ferita arrestando il flusso del sangue.
    “State bene, mi auguro!” disse con voce suadente, regalando al nuovo arrivato un bel sorriso. Il pistolero era rimasto stupito da quel repentino intervento, e sorrise a sua volta, annuendo grato.
    “Vieni dall’accampamento dei profughi?” domandò allora Urok, avvicinandosi circospetto.

    L’uomo annuì di nuovo.
    “Sono fuggito da Thelsamar insieme a loro, ero uno dei pochi in grado di combattere nel villaggio e avevano bisogno di una scorta. Ultimamente queste terre si stanno facendo sempre più agitate. Mi chiamo Virion, in ogni caso. Grazie per avermi aiutato.”

    – LA CACCIATRICE –
    Nathaniel rimase un poco stupito dalla reazione dell’Elfa del Sangue, ma non sembrava essersi risentito o offeso.
    La guardò per qualche istante in silenzio, quindi le sorrise.
    “Apprezzo la vostra schiettezza, è una qualità che a molti manca.” ammise sinceramente. “Se la gente imparasse ad essere più diretta forse molte guerre si sarebbero potute evitare.”
    Non stava parlando solo per gentilezza, e le sue non erano solo frasi di circostanza. Era veramente convinto di quello che le stava dicendo.

    Quindi alzò le mani come in segno di pace.
    “Non ho intenzione di fare nulla che possa disturbarvi. Non ho dubbi sulle capacità di Zatanja, e non vi turberò coi miei incantesimi se non lo desiderate.”
    Sembrava estremamente tranquillo, e nonostante la reazione brusca di lei continuava a non farle alcuna domanda.
    Solo alla fine sembrò un poco dispiaciuto, ma non per la sua reazione, come se piuttosto si sentisse in torto.
    “Dovete perdonarmi. Avete ragione, parlare una lingua sconosciuta non è educato, ma devo confessarvi che in tanti anni trascorsi qui su Azeroth non ho mai trovato un modo adatto per dire la stessa cosa nella vostra lingua. Non volevo essere offensivo.”
    Rimase in silenzio per un attimo, come se stesse riflettendo.
    “Si tratta di… un augurio. Ce lo scambiamo quando andiamo a caccia, quando dobbiamo compiere un viaggio, o costruire qualcosa. E’ solo la speranza che ciò che dobbiamo fare vada a buon fine.”

    #4376
     Meeme 
    Partecipante

    L’Elfa del sangue fece una smorfia con le labbra. “Se tutti fossero schietti come me, il sangue scorrerebbe copioso.” Humar si strusciò sul suo fianco e lei gli accarezzò il muso. “Posso permettermi di essere sgradevole solo perché vivo lontana da voi sacche di carne civilizzate.” continuò spietata non curandosi affatto di essere meno acida. Lui era convinto nella gentilezza e lei stava facendo di tutto per rendersi odiosa.
    “Non lo desidero. E tenete lontana anche quella drogata di gioia, lei ed Elune possono rivolgere la loro luce a tutti voi, ma non a me.” Lei non voleva essere salvata da una fanatica sbavante, preferiva mettere subito in chiaro le cose visto che il sacerdote era amico dell’elfa della notte e magari si sarebbe risparmiata la fatica di doverle saltare al collo durante il viaggio. “Proteggi Humar, non respirare nella mia direzione e sarà una missione indolore per tutti.” specificò per fargli capire che voleva essere lasciata in pace.

    Ed increspò le labbra con disgusto mentre spiegava il perché di quel saluto, continuava ad essere gentile con lei e questo le dava suoi nervi. “I Sindorei dicono: ‘Anu belore dela’na’… ma rivolgi un simile saluto ad un Elfo del Sangue fanatico e potrebbe tagliarti la gola per aver insudiciato quelle parole con la tua lingua straniera.” spiegò acida e diretta. Erano passati dieci anni, forse più, forse meno, dall’arrivo di questi stranieri alieni e lei ricordava la reazione di Erenion e di quelli come lui… L’odio li cullava come una malattia della mente, provavano appagamento nel farli a pezzi e quel sangue blu era considerato inferiore. Solo gli Elfi della notte e gli umani erano detentori del maggiore disprezzo, ma i draenei erano profughi, disperati, soli ed Erenion godeva del loro dolore.
    La Cacciatrice osservò con più attenzione il sacerdote e provò un moto di disgusto perché lei era colpevole proprio come il suo vecchio amante…

    “Io preferisco ‘shorel’aran’… Vuol dire addio…” sussurrò con la voce roca. “La speranza è una luce che non mi compete e la lascio a gente come te.” concluse. Bloccò una placca di cuoio che si era allentata sul suo braccio e scacciò ciocche di capelli neri che si confondevano con la sua maschera creando un’unica massa scarmigliata.

    #4401
     Elan 
    Partecipante

    – LA CACCIATRICE –
    “Forse avete ragione.” concesse Nathaniel sempre con lo stesso sorriso cordiale. “Ma forse si eviterebbero molti fraintendimenti. Non avete mai combattuto per una causa che ritenevate giusta, per poi in realtà scoprire che non lo era affatto?” domandò gentilmente.
    Annuì al suo desiderio di non essere protetta, non sembrava volerla forzare né infastidirla, e i suoi modi erano sinceri, ma le disse che non rispondeva lui per Alliria e che se non voleva la sua protezione avrebbe dovuto parlarne personalmente con lei.
    La Cacciatrice capì che aveva un senso particolare di ciò che era giusto, non avrebbe potuto imporre la sua volontà su un’altra persona, ma non per cattiveria verso di lei, quanto piuttosto perché riteneva corretto che Alliria affrontasse autonomamente quel discorso.

    E le parve incuriosito dalla sua parlata elfica, tanto che annuì, senza però azzardarsi a ripetere le sue parole.
    “La volta lingua è molto bella e melodiosa.” disse con un sorriso un poco triste. “I Naaru del mio pianeta natale si esprimevano con suoni simili. Ma non ho intenzione di offendervi cercando di imitarla. La mia gente ha imparato che difficilmente le altre razze sono in grado di accettare la nostra… diversità. Il vostro popolo e quello degli orchi, in particolare, sembrano disprezzarci particolarmente.”
    Il suo sorriso era quanto di più triste l’Elfa del Sangue avesse mai visto, ma non c’era accusa nella sua voce, ne odio verso di lei. “Draenor era un pianeta bellissimo, un tempo. Ma troppo sangue è stato versato sulla sua terra, e questo immagino non potrà mai essere dimenticato.”

    Per un solo istante, i suoi occhi si persero come se stesse ricordando episodi lontani, persi nella memoria. Ma quando la guardò di nuovo, il suo sorriso non era cambiato, sempre triste e gentile.
    “Addio è un modo molto drastico per salutarsi. E la speranza non deve mai morire. Non per noi, ma per coloro che verranno. Questa è una lezione che la mia gente ha imparato molti anni fa.”

    #4402
     Meeme 
    Partecipante

    L’elfa del sangue non comprendeva tutta quella gentilezza ingiustificata nei suoi confronti ed il sacerdote avrebbe scoperto presto il significato dell’essere diretti. “Non sono tua amica e non ho intenzione di diventarlo quindi smettila di socializzare con me.” ringhiò scoprendo i denti come una belva. “Considerami un animale da caccia ben addestrato, ma pronto a sbranarti se infastidito.” specificò stringendo forte i pugni delle mani. “Non mi importa delle giuste o sbagliate cause per cui hai combattuto: tua la colpa, tuoi i rimorsi.” Non aveva risposte da dargli e non capiva proprio perché insistesse a parlare con lei. Aveva visto la dolcezza con cui aveva trattato i due cuccioli e pensava di farle piacere facendole compagnia?
    Ora non sapeva chi fosse peggio tra il draenei e l’elfa della notte: il sacerdote delle cause perse e la drogata di gioia, fanatici in egual misura ai suoi occhi come prima impressione.

    E quando parlò con quella tristezza nello sguardo lei dovette trattenersi dal fuggire via intrecciando le dita nella chioma del suo leone nero. Si morse a sangue un labbro cercando di scacciare la rabbia, le lacrime, il dolore ed anche Humar percependo il nervosismo della sua compagna scoprì le zanne come avvertimento. “Cerchi una conferma dell’odio del mio popolo nei tuoi confronti?” Ringhiò con la voce spezzata respirando a fatica perché sentiva come sabbia nella gola. “La mia razza disprezzava quelli come te e godeva nell’ammazzare i tuoi cuccioli indifesi. Godeva nel cacciare il tuo popolo e nel trattarlo da bestie inferiori.” Era troppo tardi per fermarsi e non voleva nemmeno farlo. Il sacerdote cercava un’ammissione di colpa per quello che era successo in passato e lei gli avrebbe detto quello che voleva sentirsi dire, quello che si aspettava da un’Elfa del sangue, niente di più, niente di meno. Il rimorso la consumava e per lei era fin troppo facile ritenersi colpevole per quanto successo, il sacerdote non raccontava nulla di nuovo o che già non sapesse…

    “Vuoi questo da me?” stava urlando senza rendersene conto. Uno scatto e recuperò il pugnale che teneva nello stivale puntandolo alla sua stessa gola. Humar si mise in attesa con le orecchie all’indietro, mentre l’elfa teneva il pugnale sul collo. “Vuoi che mi tagli la gola per fare ammenda?” minacciò scoprendo i canini con ferocia ed attese qualche secondo prima di riporre il pugnale nello stivale e fare un cenno ad Humar affinché si calmasse anche lui. “Il tempo ti darà quello che vuoi, sacerdote…” Un’elfa del sangue in meno a camminare su quel mondo… Shorel’aran… ‘Addio’ è l’unica parola della mia lingua che possa accettare.” Sussurrò con la gola spezzata regolarizzando battito del cuore e respiro.

    #4410
     Ilmarien 
    Partecipante

    Gahain osservò lo svolgersi della battaglia cercando di capire il modo in cui lavoravano i suoi compagni, sarebbe probabilmente servito per gli scontri futuri. E, contrariamente alle sue aspettative, il gruppo aveva fatto un buon lavoro: in modo forse un po’ rozzo, ma come si dice a Stormwind, cosa fatta capo ha. I murlock erano stati distrutti e ora c’era solo da sistemare quel puzzo tremendo che gli stava chiudendo lo stomaco. Si avvicinò anche lui al nuovo arrivato, l’umano che si era presentato come Virion, ed evocò una brezza costante che mantenne per un minuto. Non avrebbe eliminato la puzza ma l’avrebbe perlomeno resa sopportabile “Nessun problema Virion, io sono Gahain, ci ha mandati il Circolo a indagare su questa strana nebbia, sai dirci cosa Sargeras sia successo qui?” gli chiese in tono tranquillo. Poi si rivolse a Urok: “Cosa dici, facciamo una pila e bruciamo i corpi? Così a nessuno verrà in mente di rianimarli di nuovo…” suggerì, dato che l’orco era il capo della spedizione.

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 5 mesi fa da  Ilmarien.
    #4416
     Rilwen 
    Partecipante

    Non Gli rispose. Non disse nulla, non pensò nulla. Lo sapeva, sapeva che stava togliendo loro la volontà, ma erano non morti, la loro volontà era già stata accecata.
    Sto diventando come Lui.
    Questo lo pensò, e sperò che Lui non lo sentisse.
    Perché il passo a farsi completamente avvolgere da quel potere, da quella forza era veramente brevissimo, e rischiava ad ogni secondo di farlo.

    Ma no. No, era solo un inganno, e Lui ingannava, ingannava sempre. Respirò quando lo scontro ebbe fine, e così veloce, in fondo, sì, si erano ben “associati” bene, meglio di quanto avrebbe pensato, tenuto conto che a malapena si conoscevano, e, onestamente, non si sarebbe mai ricordata i nomi di tutti.
    Ma sorrise a Virion quando questi parlò loro.
    “Io sono Daelenn. E’ stato un piacere aiutarti.”, disse dopo che Gahain aveva parlato. “Sì, puoi dirci di più? Come stanno gli altri sopravvissuti? E questi creaturi da dove arrivavano precisamente?”
    Insomma, ogni informazione in più avrebbe saziato il suo desiderio di sapere… e magari avrebbe zittito la Sua voce.

    #4418
     Ba 
    Partecipante

    Lo scontro fu breve. Il nemico sopraffatto.
    Rikr si congratulò con Gungnir schiacciando un pisolino sulla sua spalla.
    Il primo sguardo andò a Zatanja, l’aveva vista lanciare quell’incantesimo e si domandava quanto potesse essere spossata. Era giovane per affrontare tutto quello.
    I ricordi esplorarono i giorni in cui andava a caccia di quelle fetide creature che non avevano trovato la pace che la Madre Terra aveva offerto loro. Scosse la testa liberandola da quei cupi timori.
    Si avvicinò alla pantera nera e si inginocchiò davanti ad essa.
    «Grazie per avermi guardato le spalle. Te le guarderò anche io.» il piccolo spiritello alzò la testa un istante e il possente tauren aggiunse con un sorriso:«E anche Rikr, che è più bravo di me».
    Mentre i suoi compagni si avvicinavano all’uomo cui avevano appena salvato la vita, Gungnir fece qualche passo in mezzo a quel carnaio dall’odore acre e dolciastro della decomposizione per raggiungere la giovane troll.
    Le posò una grossa mano sulla spalla e sottovoce le chiese «Tutto bene?»
    Rikr dormiva sereno, i suoi compagni sembravano essere più abili di lui nell’intrattenersi col loro nuovo ospite. Non vedeva l’utilità nell’intervenire e prese a guardarsi attorno. La Cacciatrice. Certamente stava bene, aveva dimostrato di sapere il fatto suo. La presenza dei non-morti e la strana tensione che albergava in quei luoghi, però, lo rendevano nervoso. Che le fosse successo qualcosa?

    • Questa risposta è stata modificata 7 anni, 5 mesi fa da  Ba.
    #4428
     Elan 
    Partecipante

    – DAELENN, GAHAIN e GUNGNIR –
    Virion fece un sorriso a tutta quella mole di domande, e Daellen ebbe il sospetto che fosse un po’ a disagio. Conosceva quel tipo di sorrisi, erano di circostanza, utili a mascherare qualcosa che non si voleva mostrare ad altri.
    Anche Alliria doveva averlo notato, però, e appena ebbe finito di curare la ferita dell’umano sbottò affrontando gli altri.
    “Ma insomma! Volete almeno lasciargli il tempo di riprendersi??” scosse la testa e poi guardò Virion con fare dolce. “Devi perdonarli…” iniziò.
    Ma lui fece una risata, massaggiandosi il braccio che era stato appena curato.
    “Non c’è problema, è giusto così. I profughi hanno la priorità in questo momento!” sorrise a sua volta all’Elfa della Notte, quindi guardò gli altri, un’espressione molto seria sul volto.
    “I profughi… non stanno bene. Molti di quelli che sono fuggiti hanno tracce di questa strana malattia della pietra… non saprei come altro chiamarla.”
    Scosse la testa, come se non volesse andare avanti, ma Urok gli fece cenno di procedere.
    “E’ qualcosa che procede… lentamente. Quando eravamo vicino al lago gli effetti erano più veloci, ora sembrano rallentati, ma non sembrano destinati ad arrestarsi. Giusto ieri una ragazza che aveva appena una macchia su un braccio ne ha perso completamente l’uso, perché si è trasformato in pietra.”

    Calò il silenzio a quell’affermazione. Urok aveva creduto che una volta allontanati dal lago le cose potessero andare meglio.
    “Questa nebbia contamina l’essenza delle persone…” commentò sconcertato.
    Ma, di nuovo, Virion scosse la testa.
    “Non è la nebbia.” esclamò. “Quella sembra essere un… accellerante, ecco! Ma è l’acqua il vero problema. La gente si è ammalata dopo che l’ha bevuta, o l’ha usata per lavarsi… chi è stato distante dal lago non ha subito danni, per ora.”
    Urok stava assimilando tutte quelle notizie con attenzione, e ringraziò il nuovo arrivato. Sembrava avesse bisogno di tempo per rifletterci, e nel mentre chiese aiuto a Gahain per creare una pira dove eliminare i resti dei murloc. Grazie al loro richiamo della natura non ci avrebbero impiegato molto.
    Nel mentre che i due si occupavano di quel gravoso compito, Virion si avvicinò a Daellen.
    “I murloc sembrano essere arrivati insieme alla nebbia. In questa forma, almeno. Prima se ne vedevano alcuni, certo, ma erano normali, e si trovavano per lo più nel loro rifugio a nord del lago. Non si erano mai avventurati tanto a sud.”

    Gungnir aveva sentito tutto quello che veniva detto, ma distante dagli altri non prendeva parte ai discorsi. Anche la grossa pantera nera era rimasta in disparte, e quando il Tauren gli si avvicinò per un attimo arretrò, scoprendo le zanne. Ma al suo ringraziamento si calmò istantaneamente, sedendosi e chinando il capo come in un gesto di ringraziamento.
    Quindi il suo corpo venne avvolto da una luce arcana, e in breve assunse di nuovo l’aspetto dell’Elfo della Notte.
    “Ti ringrazio Tauren.” disse. La sua voce era dura, ma Rikr spiegò al guerriero che non era cattivo. Aveva solo il carattere delle bestie di cui assumeva l’aspetto!
    “Tra la tua gente ci sono molti grandi druidi. Accetto il tuo aiuto, e combatterò volentieri insieme a te.”
    Sembrava quasi una promessa, e Rikr fece un piccolo balletto sulla spalla del suo amico per dimostrare la sua allegria a quelle parole.
    Zatanja, da parte sua, sembrava essersi piuttosto indebolita per quegli incantesimi. Respirava affannosamente, ed era rimasta in disparte dagli altri per riprendere fiato. Quando lo vide avvicinarsi però gli fece un piccolo sorriso stanco.
    “Non sono abiutata a questi… incantesimi…” disse un po’ a fatica.
    Prese un lunghissimo respiro e cercò con uno sforzo di tornare in sé.
    “Quelle creature… non è una non morte normale comunque…” scosse la testa e fece un sorriso stanco, rendendosi conto di aver detto una cosa strana.
    “La non morte creata dal Re dei Lich era una maledizione, annullava la volontà delle creature che toccava. Questo è diverso… Il loro corpo è morto, ma la loro mente appartiene a loro…”
    Scosse la testa stanca, non sapendo come altro spiegarsi.

    – LA CACCIATRICE –
    Il Draenei rimase in silenzio, osservandola quietamente durante quel suo sfogo di rabbia. Non mosse un muscolo, non tentò di fermarla, e la sua espressione era indecifrabile, pacata come l’acqua di un ruscello.
    Non c’era odio nei suoi occhi, né disprezzo o divertimento: solo una profonda tristezza.
    Ma quando lei ebbe finito, scosse la testa.
    “Non cerco nessuna conferma da voi.” spiegò con calma. “Né desidero il vostro annientamento. E’ vero, la vostra gente ha fatto del male al mio popolo, e il vostro Principe ha rischiato di distruggere una terra già sull’orlo dell’abisso con le sue azioni. Ma lo ha fatto per cercare una soluzione alla dannazione che vi aveva colpito. Una soluzione sbagliata, forse. Ma forse l’unica a cui è riuscito a pensare.”
    Fece un sorriso triste. L’Elfa del Sangue conosceva poco la storia dei Draenei, ma aveva saputo che gli Orchi avevano sterminato quella razza ben prima che la sua gente invadesse ciò che rimaneva di Draenor. Probabilmente il suo dolore affondava in ricordi molto precedenti…

    “Per quanto riguarda l’odio e il disprezzo…” scosse la testa tranquillamente. “Quelli sono solo frutto della paura. Si teme ciò che non si conosce, e la vostra gente non conosceva ciò che noi eravamo. Ma voi, se non ho visto male, non avete disprezzato quei piccoli, né avete cercato di far loro del male.” guardò alle sue spalle, come se cercasse ancora la sagoma dei due bambini, che ormai si era persa tra il resto dei rifugiati. “E sono queste piccole cose ad essere realmente importanti.”
    Non sembrava essere per nulla sconvolto dalla scenata che aveva fatto.
    “Non è possibile giudicare una singola persona da voci che si sono sentite, o da cose che hanno fatto altri della sua razza. Anche la persona più buona del mondo può commettere azioni crudeli, a volte, così come la persona più crudele può compiere azioni buone.”
    La gemma della sua arma si illuminò nuovamente, di una luce pacata e rilassante, per poi spegnersi pochi istanti dopo.
    “So che su Azeroth esistono molti ordini paladinici che dedicano la loro vita a giudicare gli altri, cercando di insegnare alla gente cosa sia giusto fare e come sia gisuto comportarsi. Personalmente, per quanto combattiamo per una causa comune, non condivido il loro pensiero. Non è possibile ridurre una persona a buono o cattivo. Solo la Luce potrà giudicare la nostra vita, quando la nostra storia su questo pianeta sarà conclusa.”

    Chinò un poco la testa.
    “In ogni caso, non voglio infastidirvi ulteriormente. Se la mia presenza vi è stata di peso vi prego di perdonarmi. Non era mia intenzione giudicarvi, né pretendere qualcosa da voi.”

    #4429
     Meeme 
    Partecipante

    La Cacciatrice rimase sorpresa dal comportamento del draenei perché lui restò calmo, impassibile nonostante la rabbia furiosa con cui si era scontrato. Come riusciva a mantenere quella tranquillità? L’elfa provò un moto di disgusto per se stessa e per lo spettacolo che aveva dato. Scosse il viso ed abbassò le spalle stancamente. “Scusami… non dovevo aggredirti in questo modo…” mormorò tra i denti. Lei era pura furia, puro istinto animale, rabbia e ferocia non l’avevano mai abbandonata e le martellavano la mente come la peggiore delle malattie. Humar si era mosso mettendosi tra l’elfa ed il draenei come se temesse che lei volesse attaccare l’alieno preda della rabbia. La Cacciatrice intese il comportamento del suo compagno di caccia e fece un gesto con la mano per tranquillizzarlo.

    “Ciò che hanno fatto gli Elfi del Sangue ed il loro Principe non è giustificabile, esistono sempre altre vie, strade diverse da percorrere…” Parlava della sua razza come se non ne facesse più parte ed era così perché lei non era più niente. Osservava quello strano alieno dalla pelle violaceo-blu e non riusciva a capire come potesse essere così in pace con quel mondo che aveva dilaniato la sua razza. Era di mente debole, oppure la fede lo rendeva cieco ad ogni dolore?
    “La paura è solo la scusa dei colpevoli.” disse con una smorfia. “E non parlare come se mi conoscessi. Tu non sai niente di me e non saprai mai niente.” specificò secca digrignando i denti. “Dovevo accanirmi con dei cuccioli perché era quello che ti aspettavi da una come me?” domandò con un sorriso inquieto.
    Parlava di assoluti come tutti i difensori della fede, bravi solo a dividere il mondo in buoni e crudeli. Persino le sfumature di cui parlava non erano altro che assoluti mascherati da altri assoluti. “Credi quello che vuoi, non mi importa.” Voleva renderla accondiscendente e forse calmarla, ma lei sentiva il sangue andarle alla testa. “Da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro.” mormorò con voce roca, forte della maschera che le nascondeva il volto impedendo al draenei di guardarla negli occhi.

    E quando lui nominò i paladini un’espressione di repulsione le comparve sulle labbra perché non esisteva nulla che disprezzasse di più. “Stai lontano dai Paladini, sacerdote…” calcò lo sdegno sulla parola “paladini” non avendo intenzione di nascondere il ribrezzo che provava. “Cava loro gli occhi e non cambierà nulla perché sono già ciechi.” Non aveva mai conosciuto fanatici peggiori ed aveva viaggiato così tanto. “I tuoi assoluti dettati dalla fede non mi competono, sacerdote. Io non faccio più parte di questo mondo e nemmeno di altri mondi. La Luce è sbagliata in me.” disse misteriosa e sbuffò seccata. “Mi hai già disturbata e giudicata. Ti manca solo di pretendere qualcosa da me.” scosse il viso chiaramente seccata. “Torna dagli altri e sarai più fortunato nel fare conversazione. Io vado a caccia e dubito riusciresti a stare al mio passo.” Recuperò il suo possente arco da caccia dalla groppa di Humar e controllò lo stato delle frecce. “Continua pure a parlare di Luce. Io preferisco il cibo.” concluse senza specificare che la caccia e la ricerca di verdure commestibili sarebbero servite sia ai rifugiati sia al viaggio.

    #4443
     Elan 
    Partecipante

    – LA CACCIATRICE –
    Il Draenei sorrise, e scosse la testa alle sue parole.
    “Non dovete chiedermi scusa. Non mi avete ferito, fisicamente o verbalmente che sia… quindi direi che va tutto bene.”
    La sua voce era sempre gentile, ma quando lei per prima accusò Kael’Thas lui annuì.
    Il suo volto era molto serio: d’altronde, stavano parlando di fatti che avevano portato un pianeta sull’orlo della distruzione, ed entrambi lo sapevano.
    “Avete ragione. Esistono sempre altre vie, altre strade. Ma a volte la paura ci rende ciechi ad esse.” le spiegò paziente. “E non si tratta di scuse. E’… umano, avere paura, temere il proprio futuro, l’ignoto, l’estizione… sono cose che a volte ci impediscono di ragionare, e ci spingono a scegliere le vie più semplici per cercare di salvarci.”
    Sorrise di nuovo, ma era il sorriso più triste che la cacciatrice avesse mai visto.

    Tuttavia, alle sue parole parve sorpreso, e scosse la testa con una piccola risata, calda e gentile.
    “Non pretendo di conoscervi. Ho detto solo quello che ho visto. Non avete attaccato quei piccoli, e questo vi rende diversa da molti della vostra razza. Il fatto che voi siate un’Elfa del Sangue non vi obbliga a comportarvi in maniera identica a quella di tutti i vostri consanguinei. Siamo tutti persone diverse, pur appartenendo alla stessa razza. Generalizzare è… sbagliato.”
    Sembrò infine sorpreso dalle sue ultime parole, e la guardò incuriosito.
    “Odiate a tal punto i paladini?” domandò con genuina curiosità. “A cosa attribuite la loro cecità? Perdonatemi se ve lo chiedo, ma è una prospettiva… interessante.”
    Sembrava sinceramente interessato al suo punto di vista, ma alla fine scosse la testa.
    “Attenderò l’arrivo degli altri all’accampamento dei profughi. Fare la strada due volte sarebbe inutile, e utilizzerò sicuramente meglio il mio tempo fornendo loro un po’ d’aiuto.”

    #4444
     Meeme 
    Partecipante

    La Cacciatrice rimase sorpresa e perplessa da tutta quella calma. Il sacerdote era la quintessenza della tranquillità, sembrava scivolargli via di dosso ogni problema come pioggia e non provava sentimenti di rabbia o indignazione. Era in pace, anche se la tristezza gli offuscava gli occhi brillanti, quella pace che lei non avrebbe mai trovato nella vita e nella morte. Scosse il viso e sospirò stancamente. Il passato non era un’eco lontana, ciò che era accaduto su quel pianeta lei lo ricordava bene, ogni dolore, ogni morte, ogni oscurità ed ogni luce. Le persone reagivano in maniera diversa di fronte alle tragedie, il sacerdote sembrava aver scelto la pace, lei la vendetta e la furia.

    Avrebbe voluto chiedergli se temesse il futuro, l’ignoto e l’estinzione, ma preferì non farlo perché sarebbero state domande troppo personali con risposte che non era certa di voler scoprire.
    “Non difenderò gli Elfi del Sangue ed il loro Principe, non provo pietà per loro e nemmeno odio. Non provo nulla perché la mia razza, come la chiami tu, non è più la mia razza.” Disse sincera alzando le spalle come se non le importasse della loro sorte. Forse si aspettava che lei fosse empatica con la sua gente come lui lo era con la sua, ma sbagliava… Lei era la Cacciatrice, un tempo elfa del sangue ed ora più nulla. “E per quanto possa sconvolgerti non mi piace uccidere dei cuccioli.” continuò seccata ed il rimorso le tormentava l’anima perché non aveva ucciso, ma non aveva impedito che altri uccidessero. Colpevole, mille volte colpevole proprio come Erenion.

    E quando sembrò sinceramente incuriosito dai suoi discorsi sui paladini, l’elfa fece un gesto di stizza ed una smorfia disgustata. “Non odio i paladini, li disprezzo e non c’è niente di interessante in questo.” si insospettì, ma non aveva nulla da nascondere ed a differenza di altri non le importava di risultare sgradevole. “Tu forse non disprezzi nulla, ma io non sono come te e non ho intenzione di spiegarti il motivo del mio disappunto nei confronti di quei fanatici del Bene Superiore o della Luce Superiore o di qualsiasi altra cosa Superiore.” commentò osservando con più attenzione la sua reazione. Voleva stuzzicarlo, forse offenderlo per scoprire il vero motivo di quel improvviso interesse.

    “Fai quello che vuoi, non sono la tua custode.” rispose secca e toccò Humar sulla schiena per dargli un ordine. Fece un cenno ed il leone nero si avvicinò al draenei, un altro cenno della Cacciatrice e la fiera iniziò ad annusare l’alieno come se cercasse di studiare il suo odore. L’elfa schioccò la lingua ed Humar tornò al suo fianco. “Ora troverà il tuo odore tra tutti gli altri odori. Meriti una lezione per tutta questa curiosità nei miei confronti e non temere… So già come punirti…” sorrise, un sorriso inquietante di creatura selvaggia, misteriosa e pericolosa.

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