N7 Terra

Questo argomento contiene 444 risposte, ha 7 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Meeme 5 anni, 9 mesi fa.

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  • #3423
     Elan 
    Partecipante

    Coralie era talmente curiosa che avrebbe riempito per ore Saorise di domande, ma non avevano altro tempo da perdere, e si ripromise di chiedere altro in seguito, a lei o a tutti gli altri.
    Era un po’ demoralizzante sapere che in tutto quel tempo nessuno di loro aveva ottenuto nulla, ma almeno non c’erano stati altri incidenti o danni in città, e quello era positivo.
    Rise appena alle parole di Paladin, e scrollò le spalle.
    “E’ una sorta di caccia al tesoro, solo che non stiamo cercando un tesoro nascosto, ma una persona un po’ pazza!” esclamò, pensando a quanti libri sulle cacce al tesoro aveva letto. “Almeno non ha causato altri incidenti, anche se forse così lo avreste indivudato più facilmente!”

    Non voleva farsi prendere dallo sconforto, ma aveva parlato troppo presto…
    Ci fu un boato, un’esplosione, la terra parve spaccarsi e poi l’intero obitorio crollò loro addosso.
    Coralie non riuscì nemmeno ad urlare, si raggomitolò su se stessa, chiedendosi come mai non sentisse ancora dolore, quando si accorse che Destroyer aveva fatto da scudo a lei ed Amélie per proteggerle.
    “G… grazie…” sussurrò, terrorizzata.

    Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, fino a che non vide un uomo che assomigliava alla fotografia che il gruppo di soldati aveva mostrato loro. Non erano riusciti a trovare il terrorista, ma lui…
    Lui aveva trovato loro!
    Era incredibile la follia che brillava nei suoi occhi, ma non fece in tempo a guardarlo bene che lui si era già allontanato, seguito a ruota da Shadow e Destroyer.
    Coralie cercò di riprendersi, controllando che né Amélie né nessun altro fosse ferito e, se fosse stato necessario, eseguendo le prime, essenziali medicazioni.
    “Non possono inseguirlo così!” esclamò, stordita, e tossendo per la polvere. “Potrebbe portarli in una trappola!”

    #3424
     Sir Gruumsh 
    Partecipante

    “Se un atto di guerra per voi vuol dire distruggere un pianeta intero, non oso immaginare quali danni possano causare delle battaglie prolungate negli anni…” e si augurava che il terrorista fosse fermato prima di questo Olon, Colin aveva ancora troppe cose da scoprire e di certo non poteva saltare in aria così presto.

    Quando arrivarono all’obitorio ci si rese conto in breve tempo che nessuno di loro era riuscito a trarre delle informazioni valide sul loro nemico e Colin si stava già preparando ad un’altra discussione sul cosa fare o non fare quando l’intero obitorio cadde sopra di loro.
    Credeva di sentire l’impatto di qualche grossa pietra finirgli addosso, ma dopo qualche secondo non gli parve di sentir alcun dolore e aprendo gli occhi si rese conto che Saoirse aveva protetto sia lui che gli americani “per fortuna che ci sono loro…”.
    Si guardò intorno, ancora stordito, per capire cosa fosse successo e vide quella figura slanciata avvicinarsi a loro e inchiodare Paladin al muro per poi scappare inseguita da Shadow e Destroyer: per un attimo pensò di andare con loro ma anche questa volta il suo istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e decise di rimanere con il gruppo.

    Si accertò che tutti gli altri fossero ancora in salute e poi valutò che tentare di liberare Paladin fosse una buona idea e andò in aiuto dell’americano: “è meglio se ci sbrighiamo ad allontanarci da qui, l’espolosione dell’obitorio non passerà di certo inosservata…”

    #3425
     Deoris 
    Partecipante

    L’esplosione nell’obitorio era l’ultima cosa che Celine si sarebbe aspettata. Dopo essersi ripresa dall’impatto controllò velocemente che tutti stessero bene, ma subito dopo la mente vagliò in fretta ciò che era successo. Lui…lui sapeva che ci saremmo visti qui!” si rivolse direttamente a Slayer. ” Lui aveva un piano, sapeva che non avreste avuto danni da questa esplosione, è come se volesse prendersi gioco di voi…ma come ha fatto a sapere?” Si alzò pulendosi la polvere da dosso. ” Andiamo via da qui prima di essere coinvolti! Se fosse una trappola potrebbero essere in pericolo!”

    #3427
     snow 
    Partecipante

    No aspettate, mi volete dire che da voi le donne non partoriscono, ma i bambini vengono realizzati in una sorta di laboratorio e che due genitori preferiscono far allevare i propri figli da qualcun’altro.
    Tutti i momenti importanti della crescita di vostro figlio li perderete quindi.
    Non c’è il rischio che essendo cresciuti tutti allo stesso modo, la vostra civiltà ne esca fuori un po’ troppo omogenea?
    E’ questo il futuro che ci aspetta?
    Cavolo! Quasi, quasi preferisco la terra attuale.

    Peter non aspettò neanche una risposta. Aveva capito dallo sguardo di Valentina che c’era qualcosa che non dovevano sapere e allora decise di non approfondire ulteriormente la discussione.

    Proprio nel momento in cui si avvicinarono all’obitorio un’esplosione rase al suolo la costruzione.
    Peter si ritrovò rivolto a terra con qualche detrito addosso ma quasi completamente illeso grazie alla barriera che Fury aveva utilizzato per proteggerli.

    Cercò di rialzarsi, ma era stordito e le orecchie gli fischiavano molto.
    Quando vide partire Shadow e Destroyer la sua prima reazione fu quella di lanciarsi all’inseguimento dell’attentatore, però poi il suo istinto gli disse che sarebbe stato troppo lento per riuscire a tenere il passo degli altri, quindi fatti una decina di passi, barcollante, si fermo e si assicurò che gli altri non avessero avuto bisogno di aiuto.
    Il nemico aveva fatto la sua mossa e forse era riuscito nell’intento di dividere la squadra.

    #3430
     Meeme 
    Partecipante

    CÉLINE, COLIN, CORALIE, WILLIAM e PETER
    William riuscì a staccare la rete che tratteneva Paladin e l’uomo lo ringraziò andando a controllare le condizioni di Valentina. La Caposquadra era solo un po’ stordita e guardandosi intorno notò l’assenza di Shadow e Destroyer. “Il bastardo vuole farsi seguire!” esclamò ancora scossa per l’esplosione e tentò di mettersi in contatto con loro senza esito positivo. “Fury, porta al sicuro i civili. Paladin e Slayer con me… Andiamo a prendere quel figlio di puttan*.” ordinò Demolisher cercando di riprendersi dal colpo.

    L’obitorio era completamente distrutto, ma con i detriti e le polveri ormai disperse si resero conto che tutto il quartiere era stato raso al suolo. La devastazione aveva coinvolto le case vicine, uomini e donne in strada che piangevano tenendo tra le braccia il corpo di qualche parente coinvolto nell’esplosione. La puzza di bruciato era così forte da costringere quella gente a ripararsi il viso con dei brandelli di vestiti. “Dobbiamo occuparci dei feriti, Demolisher…” disse Slayer guardando quella devastazione. “La nostra tecnologia di rigenerazione salverà molte vite, ma dobbiamo agire adesso.” continuò nonostante bruciasse per inseguire il terrorista. “Shadow è in pericolo, non possiamo abbandonarla ed io devo inseguire Destroyer altrimenti non oso pensare a quello che potrebbe fare senza controllo…” esclamò Paladin.

    Valentina sembrò indecisa, ma solo per qualche secondo. “Paladin, vai a prendere Shadow e Destroyer. Noi ci occuperemo dei feriti e poi raggiungeremo l’Event Horizon nascosta nella campagna parigina. Sarà il nostro punto di incontro.” John annuì e sorrise. “Se qualcuno vuole venire con me, non dirò di no!” disse cercando di restare allegro. Accese il segnale che tracciava la posizione di Destroyer e si preparò all’inseguimento. “Sono diretti verso l’ospedale!” ammise guardando la mappa di Parigi che si materializzava in aria grazie ad un sistema di strane luci.

    #3808
     Elan 
    Partecipante

    Coralie era troppo sotto shock per rendersi conto veramente della devastazione che si era creato attorno a loro. Non riusciva a capacitarsi come una sola persona fosse in grado di creare un simile disastro e, soprttutto, come potesse non importargli di tutte le persone innocenti che aveva coinvolto.
    E l’unica cosa che riusciva a fare era scuotere la testa, ascoltando quasi distrattamente i discorsi della squadra.
    “Se usate ora la vostra tecnologia…” scosse la testa di nuovo. “Molti sono sotto shock, probabilmente non riusciranno a ricordare nemmeno cosa è successo. Potrebbe essere il momento migliore, e potreste salvare tanta gente…”
    Parlava con voce atona, guardandosi attorno sconvolta.

    Niente di ciò che aveva letto avrebbe mai potuto prepararla a tutto quello.

    Poi sentì Paladin chiedere chi voleva andare con lui, e istintivamente alzò la testa.
    “Vengo io!” esclamò, sorprendendo anche se stessa.
    Poi guardò Amélie.
    “Riesci ad occuparti dei feriti qui? le domandò, anche se immaginava quanto potesse essere sotto shock a sua volta.
    “Se quel pazzo causerà altre esplosioni come questa potrebbero restare coinvolte altre persone! Un intervento immediato potrebbe salvare tantissime vite!” spiegò al resto della squadra, cercando di motivare la sua decisione anche se con tono forse non troppo convinto.

    #3874
     Gundigo’ot 
    Partecipante

    William rimase sbigottito alla vista di quello che era successo: era stato in guerra, aveva visto molti uomini feriti in modo orribile, ma era la prima volta che vedeva qualcosa del genere in una città. Per quanto fosse terribile, in un campo di battaglia tutti sapevano che sarebbe potuto toccare a loro in qualsiasi momento, e c’era una sorta di rassegnazione nell’accettare quel fatto. Ma in città no, i civili non erano minimamente preparati, né avrebbero dovuto esserlo, e quindi questo rendeva l’atto ancora più terribile. E se un fatto del genere fosse capitato per una qualche disgrazia, sarebbe stato possibile, in un certo modo, accettare la cosa: vederlo come realizzazione di un piano volontario e assolutamente volto ad ottenere esattamente quell’effetto, invece, era raccapricciante. Come poteva un uomo, qualsiasi fossero le sue idee e le sue motivazioni, arrivare a considerare una cosa del genere come un metodo lecito di sostenere le sue tesi?

    Quell’uomo andava fermato, ora ne era assolutamente convinto.

    Ma inseguirlo alla cieca, in mezzo ad una città, per finire quasi di sicuro dentro una trappola, non gli sembrava per nulla un’idea geniale. Aveva visto tante volte plotoni interi spazzati via in un’imboscata solo perché gli ufficiali erano troppo presi dall’inseguire i loro sogni di gloria per fermarsi un attimo e valutare la situazione.

    “No, inseguirlo non credo sia una grande idea… Cerca di recuperare Shadow e Destroyer, ma riportali qui… Questo attacco non ha senso: se avesse voluto, avrebbe potuto pianificarlo in modo di essere sicuro di eliminarci… invece ha fatto un disastro, ma noi siamo tutti qui, e soprattutto si è fatto vedere: questa è chiaramente un’esca, vuole portarci da qualche parte dove ha preparato un caldo benvenuto, e al quale non saremo preparati! Secondo me la cosa migliore, ora, è di riorganizzarci: andare alla nave, equipaggiarci, e poi partire alla caccia con metodo… qualcosa mi dice che ora non se ne starà più così nascosto come prima: ora si sente invulnerabile e superiore, quindi uscirà allo scoperto per far mostra della sua forza. E’ in quel momento che dovremo essere pronti a colpirlo duramente!”

    Si guardò intorno, cercando soprattutto lo sguardo di Valentina: alla fine era pur sempre lei al comando, ma sperava di aver interpretato anche il suo pensiero con quelle parole.

    #3877
     Deoris 
    Partecipante

    Celine non era mai stata in guerra, ma era così che se la immaginava.
    Fuoco, fumo, cadaveri, le grida… quelle grida… le stavano togliendo il fiato… tutta quella povera gente!
    Sentì il panico che le saliva lungo le gambe e le stingeva la gola.. io suoi occhi si riempirono di lacrime… si porto una mano al petto come a cercare di fermare i battiti impazziti del suo cuore.
    Poi respirò.
    *Così, ecco… un respiro alla volta Celine, ce la puoi fare*
    Non doveva cedere alla paura, troppa gente era ancora in pericolo.
    Ricacciò dentro le emozioni e cercò di ragionare.

    “Sono diretti all’ospedale???? Non possiamo permettergli di arrivare lì, insomma guardate in questa zona cosa ha fatto… ed è una delle meno popolose della città. Se succedesse anche lì ci sarebbe un ECATOMBE! Coralie immagino che tu sei quella che consce meglio l’area. C’è una scorciatoia? Dobbiamo arrivare lì prima di lui!”

    #3881
     Sir Gruumsh 
    Partecipante

    Giusto qualche attimo prima stava parlando della follia di certi individui a distruggere città o pianeti interi e ora Colin stava assistendo ad un assaggio reale di quei discorsi che comunque gli sembravano un po’ lontani.
    Non se ne era accorto subito di cosa avesse realmente combinato quella esplosione, come probabilmente nessuno dei suoi compagni, ma ora che si guardava intorno aveva decisamente molto più chiara in testa cosa volesse dire la pazzia…umana o aliena che fosse.

    Colin cercava di non farsi distrarre dalle urla di dolore e dai corpi senza vita intorno a sè e cercò di ragionare con gli altri sul da farsi: “William ha ragione, potremmo rischiare di finire in una trappola ben più grossa di questa e magari ci sta attirando verso l’ospedale proprio per spingerci a non fare fuoco…quello che possiamo fare è rimanere qui e dare supporto a questa gente per quanto sia possibile e dopo bisognerà studiare una nuova strategia quando ci ritroveremo di nuovo tutti insieme”

    #3884
     Meeme 
    Partecipante

    PENTESILEA
    Una stella rossa era comparsa nel cielo di Parigi la notte del 9 novembre ed aveva lasciato una scia di morte attraversando la città per schiantarsi nella campagna parigina. Contadini, infermiere e poliziotti erano periti a causa del calore emesso dalla stella ed i pochi sopravvissuti non volevano parlare di quel orrore.
    I giornali più all’avanguardia parlavano di avvelenamento da radiazioni, la cronaca mondana cercava qualche spiegazione in una punizione divina, mentre ne Le Figaro era apparso l’articolo di un sopravvissuto al disastro che raccontava di aver visto strani automi assassini e stranieri dotati di poteri mentali. Il giornalista, un tale Monsieur Verdier, era stato bollato come un pazzo, ma quando era stato trovato morto con il cuore divorato le sue parole avevano acquistato un fondamento di verità almeno per gli amanti dei misteri.

    Alla maison non si parlava d’altro che di quel delitto e del circo di due fratelli americani con i loro strani fenomeni da baraccone. Le ragazze nuove avevano disobbedito agli ordini della maîtresse per assistere allo spettacolo rimpiangendo poi di averlo fatto perché ne erano rimaste terrorizzate. Avevano raccontato di un uomo elefante, di una tiratrice scelta e di una donna con le lame al posto delle braccia in grado di sbudellare un vitello semplicemente spostando l’aria. La loro punizione era stata severa, ma continuavano a cinguettare lo stesso in preda ad una febbre non ancora passata. Pentesilea era superiore a quelle chiacchiere da ragazzine, lei non aveva bisogno del brivido del proibito per sentirsi viva, era perfetta e la sua maschera esaltava la perfezione celandone i tratti del viso in un gioco misterioso ed eccitante. Le altre ragazze potevano anche interessarsi ai semplici pettegolezzi, lei preferiva conversazioni più raffinate e gioielli per glorificare la sua figura armoniosa.

    Le altre perdevano tempo con il circo mentre lei ascoltava voci preoccupanti su prostitute scomparse dalle strade. Il coro di quelle anime derelitte e malate sembrava un muto mistero finché una sera non giunse un uomo alla maison dove esercitava, all’apparenza un uomo di chiesa, e la sua voce rapiva le ragazze costringendole ad ubbidirgli come ad un Dio. Parlava loro di un mondo nuovo, migliore e libero; prometteva una nuova vita, era generoso e le trattava come delle Regine, ma qualcosa nei suoi modi lo rendeva artificiale e pericoloso. Pentesilea non si fidava di lui, poteva ingannare le altre, ma lei non era una sognatrice, conosceva il prezzo di ogni sorriso ed i suoi sospetti non erano mai privi di fondamento.

    Parigi, 16 novembre 1905
    Quella sera lo straniero era tornato ed aveva parlato alle ragazze con la voce dolce. “Seguitemi, mie degne Regine…” aveva sussurrato con quella tonalità musicale che lo caratterizzava. “Il tempo è giunto e voi siete pronte a guadagnarvi la libertà. Unitevi alle vostre sorelle ed insieme fonderemo un mondo più giusto.” Pentesilea e poche altre ragazze sembravano immuni a quella malia, ma quando condusse la maggioranza delle donne verso il quartiere dell’obitorio lei e le altre non se la sentirono di lasciarle da sole. Lì la cortigiana riconobbe le prostitute scomparse, erano guarite dalle loro malattie, sembravano serene e pattugliavano la zona come cani fedeli. L’uomo era in mezzo a loro sorridendo e quel sorriso fu l’ultima cosa che videro prima dell’esplosione…

    Pentesilea aprì gli occhi e vide solo devastazione e morte. Le ragazze vicine all’obitorio erano ormai solo corpi scomposti e deformati, quelle che come lei si trovavano vicino erano ancora vive, ma bloccate da pezzi di macerie che le avevano spezzato le gambe e forse la schiena. Lei era stata fortunata, un cancello di metallo l’aveva protetta dallo schiacciamento, ma la sua gamba destra non si muoveva più per l’impatto ed accanto a lei sentiva piangere una delle sue compagne perché il metallo le aveva perforato lo sterno inchiodandola al suolo.

    #3885
     Meeme 
    Partecipante

    POST di SNOW
    Peter fece una rapida conta dei suoi compagni e sembrava stessero tutti bene, poi si guardò intorno e si accorse di quello che poco prima, forse troppo frastornato dall’esplosione non aveva notato. Non solo l’obitorio ma anche l’intero quartiere che lo circondava era stato completamente raso al suolo.
    Intorno si potevano udire i lamenti strazianti dei moribondi, le urla impaurite dei feriti e il pianto disperato dei sopravvissuti.
    Sembrava di essere piombati improvvisamente in un teatro di guerra.
    Ascoltò i suoi compagni e convenne con il fratello che forse la strategia migliore sarebbe stata quella di cercare di organizzarsi meglio.
    Era proprio come diceva sempre il maggiore Carter, Peter non avrebbe mai potuto aspirare alle alte cariche perché troppo impulsivo, era il fratello William quello che aveva la stoffa per comandare.

    “Secondo voi, perché qui? Perché proprio ora qui all’obitorio? Cosa c’era qui che avrebbe potuto tradirlo? William ha ragione, perché non ha attaccato noi? Valentina, voi lo conoscete sicuramente meglio. Hai per caso in mente qualcosa?”

    #3887
     Rilwen 
    Partecipante

    Un tempo sognava. Succedeva quando era ancora una puttanella di strada, quando ancora piangeva ad ogni atto, quando ancora c’era un’anima forse buona, forse innocente in lei. Ma era da quando quel medico l’aveva presa e le aveva detto quelle parole, da quando quella maschera era stata posta sul suo volto, da quando la puttanella era diventata cortigiana, che non sognava più. Aveva visto molte ragazze in quegli anni, le aveva viste sognare, le aveva viste amare. Ma lei non era una di loro, non lo era mai stata, alta e sprezzante nei suoi vestiti ricercati e nelle sue maschere sempre coordinate. Aveva visto molte ragazze odiare quello che facevano, le aveva viste rimpiangere un’innocenza perduta, le aveva viste cercare di fuggire da quell’ambiente. Ma lei non voleva fuggire dal nulla. Era questo che faceva delle altre delle misere puttane, e di lei la grande Pentesilea, la maîtresse dagli occhi azzurri, dalla maschera scura, dal volto celato, dal passato che tutto poteva essere, e poteva essere nulla. Non era la cortigiana pentita, non era la Traviata. Non aveva mai amato, né avrebbe voluto farlo: la maschera, l’elmo della guerriera, sarebbe rimasto al suo posto per sempre. La sua idea di cortigiana era quella delle etere del tempo antico, di quelle donne che si intrattenevano con i vari Pericle, con Socrate il filosofo, forse anche con i grandi condottieri di un tempo. Era una cortigiana che amava le lettere, la musica, amava intrattenersi con i suoi clienti, E non fare soltanto sesso. Lei non faceva sesso, faceva l’amore, faceva l’amore con quelli di cui percepiva un valore: non tutti potevano entrare nel suo letto, e non tutti potevano uscirne. Era per questo che tutta quella storia di comete rosse, di apocalissi forse, di esseri straordinari venuti da chissà dove e che andavano chissà perché sul loro mondo non la toccavano. Non credeva più alle fate, non credeva più alle fiabe di una volta. Venire dallo spazio, venire dal mare, venire dal fuoco: lei veniva dall’acqua, era una ninfa di un tempo andato, ultimo ricettacolo di una razza di eroi ormai spenta, che non potevano trovare posto in questo mondo fatto di tecnologia, invenzioni, e non di anima. Era anche per questo che continuava parlare nella lingua dei greci, nella lingua morta, quella che solo rimane stampata sui fogli: era la sua lingua, la lingua del posto a cui apparteneva davvero, del tempo di cui era figlia, e nessuno, né uomo né donna, né prete né santo, né condottiero né inventore poteva capire il suo vero linguaggio, quello che riservava soltanto a sé nella sua stanza, e che avrebbe mostrato solo, forse, al suo Achille, colui che avrebbe tolto l’elmo e si sarebbe davvero innamorato di lei. E a quel punto lei sarebbe morta.

    Indossava uno dei sui completi da giorno, con un bustino ben stretto sulla vita un nastro che le adornava i fianchi, tutto di una bella stoffa blu scura, e la maschera che portava in volto uscendo dalla maison era anch’essa blu, con decorazioni argentee di fiori e di foglie e di rami, che facevano spiccare quegli occhi chiari sotto tutta la ceramica. Era uscita per seguire quelle povere dementi che sognavano ancora, lei che non sognava più, le aveva seguite laddove andavano, dopo che, febbrili per la visita al circo con l’uomo elefante e tutte quelle stupidate, non smettevano di parlare, come ammaliate da qualcosa che non ci poteva essere, e che forse loro desideravano con tutte loro stesse. Volevano l’impossibile, perché il possibile era troppo brutto. Le raggiunse, insieme a poche altre che erano rimaste immuni da quell’uomo che prometteva la salvezza, la santità, la pulizia da tutti peccati. Era un bell’uomo, ne aveva assaggiato i tratti, lo aveva osservato mentre parlava con le altre. Parole che ogni puttana vuole sentirsi dire, ma che a Pentesilea la cortigiana non facevano né caldo né freddo: lei non voleva la salvezza, perché era già stata salvata. O forse perché lei non ci credeva, alla salvezza. Da cosa doveva essere salvata? Lei stessa aveva scelto quella professione, lei stessa aveva fatto di quella professione un’arte, lei stessa era la creatrice e la fautrice di se stessa. Avrebbe potuto smettere quando voleva, aveva abbastanza soldi per poter sopravvivere di rendita, avrebbe potuto anche sposarsi, produrre figli, il suo ventre era fertile, ne aveva avuto la prova tanto tempo prima, forse in un tempo in cui lei non era ancora lei, forse nella vita di un altro, forse in un’altra epoca. Ma no, lei restava Pentesilea, la cortigiana di Venezia, la donna mascherata che parla in greco: era per questo che le parole del prete non avevano avuto effetto su di lei. Cinica? No. Realistica. Perché le altre sognavano, e a volte c’è bisogno di qualcuno che ti svegli, prima che sogno diventi un incubo.

    Le seguì fino all’obitorio di Parigi, uno strano luogo cui recarsi, ma fu la vista delle prostitute che erano state rapite, forse, o comunque erano scomparse, che la fece fermare a pochi passi da loro. Stavano bene, almeno fisicamente: le varie malattie di cui le cortigiane e le puttane soffrono non erano visibili sul loro corpo, non mostravano i segni della sifilide, e tutti i colpi che avevano ricevuto da questo o quel cliente erano scomparsi dai loro volti e dalle loro braccia. Ma non erano loro. Sembravano dei cani da guardia, marionette di uno spettacolo che non era loro. Non avevano un’anima: l’avevano già persa, è vero, ma questo era diverso, era come se fossero in irretite, come se fossero controllate da qualcuno. Forse quello stesso qualcuno, quel prete, che ora si incamminava tra di loro. Lei non credeva alla magia, ma credeva nel potere carismatico delle persone. Lo aveva visto in alcuni clienti, li aveva visti esercitare su quelle povere ragazze un potere che nemmeno loro comprendevano. Disse alle altre di stare un poco indietro, di stare attente perché quella situazione non era bella e non era naturale. E poi successe. Successe in un batter d’occhio, in un’esplosione di fuoco, fiamme, mattoni e ferro. Si trova scagliata per terra quasi senza fiato, non comprendendo quello che stava succedendo, come non comprendevano nemmeno le altre quelle che… erano accanto a lei. Erano morenti, morte, moriture. Qualcosa era esploso, qualche ordigno forse: forse era stato lo stesso prete a farlo esplodere, come aveva letto che già era successo nella guerra, nel mondo, forse anche nella solitudine degli uomini, per follia, per disegno, per ordine. Non sapeva chi era il prete, non sapeva il suo scopo, ma aveva attirato tutte le ragazze, la aveva fatto riunire in un solo posto, e poi le aveva eliminato quel posto, come se fosse un grande cancellatore del peccato, un grande curatore. Un crociato forse, che prendeva il peccato e lo stritolava tra le mani, come se nulla fosse, come se non si trattasse di donne che, a volte, non avevano avuto scelta. Come non aveva avuto scelta lei, anni fa, come non aveva avuto scelta quella donna che ora gridava e piangeva con lo sterno schiacciato dall’esplosione. Provò a muoversi, ci provo ma la gamba era come immobile, non riusciva a spostarla, forse trattenuta dalla cancellata, forse spezzata in più punti, ma non importava. Lei non stava morendo, l’altra ragazza sì. Provò a sforzarsi con tutta se stessa per trascinarsi da lei, cercando di capire il vero motivo per cui la gamba non si muoveva: se fosse stata una cancellata, la cancellata che l’aveva salvata, avrebbe cercato in tutti modi di alzarla, di eliminarla. E sarebbe strisciata tessuto su strada, pelle su strada, corpo su pietra. Cercò quindi in tutti modi di arrivare all’altra ragazza mentre si guardava intorno controllando anche che la maschera fosse lì al suo posto. Si guardò intorno per cercare se c’era ancora il prete, o se qualcuno si sarebbe fermato ad aiutare delle puttane. Perché questo ora sarebbe stato scritto sui giornali. Esplosione all’obitorio fa strage di puttane. Perché i giornali non conoscono la differenza, e forse allora non importa nemmeno.

    #3897
     Meeme 
    Partecipante

    CÉLINE e CORALIE
    “Mi occuperò dei feriti! Coralie, devi trovare il direttore dell’ospedale e convincerlo ad evacuarlo!” Disse Amélie alla sua amica e spiegò una strada da prendere come scorciatoia a Céline. “Paladin, recupera quei due disadattati e portali all’Event Horizon. Se Destroyer dovesse dare di matto sai cosa fare…” continuò Demolisher ed il suo secondo rispose in modo affermativo seppur di malavoglia.

    Si allontanarono dagli altri e requisirono un’automobile per spostarsi più velocemente. Paladin si mise alla guida come riflesso incondizionato e cercò di mettere in moto l’auto a modo suo. “Accensione motori!” esclamò parlando alla macchina e non ottenendo risposta. “Veicolo… Movimento! Motori, avviare accelerazione! Automobile, attivare!” Ed ancora niente. Si passò una mano dietro la nuca e guardò le due ragazze. “Ehm… questo è piuttosto imbarazzante lo ammetto…” Sospirò e trovò posto sul lato passeggero. Céline mise in moto senza fatica e schiacciò l’acceleratore seguendo le indicazioni per l’ospedale Saint Louis datele da Amélie. “Ah… quindi è così che funziona! Bella figuraccia che ho fatto! Ehm… resterà il nostro piccolo, sporco segreto, vero?” commentò allegro facendosi una risata e godendosi la guida di Céline.

    Le strade erano libere e la giornalista riuscì a raggiungere il quartiere del’ospedale senza problemi, ma da lì avrebbero dovuto proseguire a piedi perché le strade erano distrutte segno del passaggio del terrorista. Prima di scendere dal veicolo arrivò una comunicazione a Paladin da parte di Shadow dove spiegava che aveva perso di vista il bersaglio e Destroyer.
    La situazione davanti all’ospedale non sembrava rosea: c’erano detriti ovunque e feriti per le strade, ma l’ospedale era ancora in piedi segno che il terrorista non era riuscito a farlo esplodere. “Occupiamoci delle persone dentro l’ospedale. Facciamoli evacuare.” disse Paladin alle ragazze e poi attivò lo scudo ed imbracciò la pistola pesante.
    In quel momento ci fu un’altra esplosione poco distante, ma contenuta e non sembrava aver provocato altri danni. “Destroyer ha trovato il terrorista. Dovrebbe resistere il tempo di riuscire ad evacuare questa gente, almeno spero. Coralie, tu vai ad avvertire il direttore dell’ospedale. Io e mademoiselle Renoir ci occuperemo dei feriti più gravi.” Non gli piaceva abbandonare un compagno d’armi, ma aiutarlo significava lasciare senza protezione tutti i civili.

    COLIN, WILLIAM e PETER
    “Mi occuperò dei feriti! Coralie, devi trovare il direttore dell’ospedale e convincerlo ad evacuarlo!” Disse Amélie alla sua amica e spiegò una strada da prendere come scorciatoia a Céline. “Paladin, recupera quei due disadattati e portali all’Event Horizon. Se Destroyer dovesse dare di matto sai cosa fare…” continuò Demolisher ed il suo secondo rispose in modo affermativo seppur di malavoglia.
    “Non ha attaccato noi perché sta giocando. Vuole dimostrarci che è in grado di ucciderci in qualsiasi momento. È un sadico bastardo…” mormorò a denti stretti Demolisher.

    Si separarono dagli altri, Valentina andò con i due americani, Fury con Colin e Slayer con Amélie in modo da coprire più possibile quella devastazione. Mentre si occupavano dei feriti arrivò una comunicazione di Liu. “Qui Shadow, ho perso di vista il bastardo e Destroyer. Sto tornando indietro.” Quella notizia fece sospirare di sollievo Valentina anche se il problema restava Destroyer. “Prima di riorganizzarsi verso la nostra astronave sarà meglio che recuperiate le vostre famiglie in modo da metterle al sicuro. Ha visto che ci avete aiutati e le ucciderà per divertimento.” spiegò la donna coi capelli rossi. “So di chiedervi molto, ma sapete combattere e con gli giusti armamenti sarete d’aiuto a tutti noi.”
    Erano intenti a portare al sicuro alcuni sopravvissuti che Valentina stava guarendo grazie ad una misteriosa tecnologia simile ad un raggio arancione quando comparve Shadow. “Ritengo sia inutile continuare a nascondergli la verità. Hai visto cosa è in grado di fare e non si fermerà. Ha usato delle prostitute come bombe viventi per fare questo…” La donna sembrava stanca dei misteri. “Raggiungiamo l’astronave e racconterò la verità a tutti loro.” concluse Valentina sconsolata.

    Colin e Fury si stavano occupando di alcuni feriti, la ragazza aveva con sé uno strano strumenti di vetro arancione che analizzava le ferite e le rimarginava come per magia. Quello spettacolo la rendeva chiaramente triste e preoccupata. “Tutto questo è stata colpa nostra…” sussurrò mentre aiutava alcuni civili sotto shock. “Cercava noi ed ha ammazzato tutte quelle persone per farci vedere che ne era in grado. Non ha mai voluto nascondersi…” Sembrava la più provata da quella situazione. “Mi dispiace… io mi sento responsabile come se avessi ucciso queste persone!” sembrava sul punto di crollare, era la sua prima missione e si sentiva male al pensiero di altre morti come quelle a cui aveva assistito. “Non volevo che accadesse questo!”

    PENTESILEA
    La coscia era stata lacerata da un detrito ed era quello il motivo del dolore e della difficoltà ad alzarsi in piedi. La giovane accanto a lei era presa peggio era disperata ed il suo sangue macchiava il terreno in modo preoccupante. Le polveri create dai detriti entravano nei polmoni e facevano tossire le sopravvissute, quando si diradarono Pentesilea si rese conto che la situazione sembrava disperata… Poco oltre la ragazza morente grossi detriti imprigionavano altre ragazze e parte di un palazzo stava cedendo sopra di loro.
    Nessuna traccia del prete, ma Pentesilea scorse tre figure allontanarsi dall’obitorio senza un graffio anche se non fu in grado di distinguere alcun tratto.
    Stava strisciando verso la morente quando tra loro arrivò un uomo ed indossava una strana armatura di acciaio nero ed un elmo. Era alto, muscoloso ed avvolto da una strana luminescenza violaceo-bluastra che lo faceva muovere ad una velocità impossibile per un essere umano. L’uomo si chinò sulla ragazza morente ed estrasse la barra di metallo come fosse una piuma. Attivò un piccolo raggio arancione e rigenerò la ferita della giovane. La prese in braccio e scomparve in una nuvola di fumo violaceo-blu per poi riapparire allo stesso modo accanto alle donne intrappolate tra le macerie.

    Si occupò prima del palazzo e la luminescenza che lo avvolgeva circondò i muri pericolanti come una seconda pelle. L’uomo aveva i muscoli tesi per la concentrazione e quella magia sciolse il palazzo rendendolo simile a metallo liquido eliminando la minaccia. Scomparve di nuovo e riapparve sollevano le macerie che tenevano prigioniere quelle ragazze. Recuperò anche loro e le portò al sicuro. Si avvicinò a Pentesilea, doveva aver stimato le sue condizioni ritenendola meno in pericolo rispetto alle altre, riattivò il raggio arancione sulla lacerazione che aveva sulla gamba ed il calore provocato da quello strano congegno le ricucì la ferita guarendola completamente. La sollevò come se fosse fatta d’aria e scattò attraversando lo spazio in un secondo portandola distante dalle macerie. La fece accomodare accanto ad altre giovani ferite, un’infermiera si stava occupando dei danni meno gravi, e poi sparì di nuovo per tornare con altre ragazze. Portate al sicuro tutte quelle che poteva parlò ad una specie di radio integrata con la tuta. “Qui Slayer, mi sono occupato dei feriti in questa zona. Fury, Demolisher, avete bisogno di aiuto?” Aveva una voce baritonale e poderosa, ma parlava in un inglese dall’accento misterioso che Pentesilea non aveva mai sentito prima.

    #3898
     Elan 
    Partecipante

    Coralie annuì all’amica, prendendo un lungo respiro prima di allontanarsi con Cèline e Paladin. Quella situazione non le piaceva per nulla, ma almeno il direttore avrebbe avuto più possibilità di ascoltarla.
    Se non avessero evacuato quelle persone al più presto possibile sarebbe stata una strage!

    Però quando entrarono in macchina e Paladin provò ad accenderla parlandole, non riuscì a trattenere una piccola risata. Era una scena troppo buffa per lasciare che lo sconforto la oscurasse, e quando si sedette nel posto di dietro guardò con curiosità il soldato.
    “Nel vostro mondo le automobili riesco a capirvi?” domandò. La sua curiosità continuava ad essere troppo grande nonostante tutto.
    “Comunque resterà il nostro segreto, promesso!!” esclamò ridendo ancora, impressionata da come un uomo di un pianeta tanto lontano potesse essere messo in difficoltà da cose tanto semplici.

    Ma bastò arrivare in ospedale perché tutta l’ilarità passasse i secondo piano. Il terrorista aveva già colpito anche quella zona, e i danni avrebbero potuto essere incontenibili se non si fossero sbrigati.
    “Dobbiamo raggiungere il direttore dell’ospedale!” spiegò con voce un poco tremante. “Sono certa che mi ascolterà se gli spiegherò la situazione, e così potremo andare più in fretta ad aiutare Destroyer!!”
    Esitò un istante. Per quanto fosse burbero e spaventoso, il terrorista era una persona estremamente pericolosa, e anche lui avrebbe potuto essere in pericolo.
    “Sei sicuro che possa farcela da solo?” domandò quindi. “Il terrorista potrebbe approfittare del fatto che è da solo! Se vuoi raggiungerlo… posso provare a raggiungere da sola il direttore!”

    #3899
     Rilwen 
    Partecipante

    Pentesilea aveva studiato abbastanza per sapere che non stava morendo, al massimo era debole, al momento, e non era molto efficiente. La gamba era ferita, sentiva molto dolore, ma, di nuovo, non era in pericolo di vita, e questo solo importava. E lei era abbastanza pratica, nella vita in generale, per considerare la propria vita come essenziale. No, non sarebbe mai morta per amore, anzi. Era per quello che teneva sempre la maschera sul viso, perché era l’unica cosa che la fermasse dalla morte: perché nomen est omen, e Pentesilea è colei che porta sciagure, ed è colei che muore solo nell’amore.

    E non sarebbe morta oggi, lo sapeva, lo capiva. Stava trascinandosi verso la sua compagna, e con un solo scopo: voleva ucciderla, e non per un qualche tornaconto personale, quanto per un mero sentimento di pietà, perché era meglio essere uccisa guardando chi conosci, piuttosto che agonizzare per giorni e giorni senza nessuno. Ma successe, di nuovo, qualcosa.

    Un uomo con una strana armatura nera, un’armatura che non aveva mai visto e che probabilmente veniva da qualche… posto?… magari esotico? Il Giappone forse? Sì, doveva essere il Giappone, o il profondo Oriente, o qualche luogo del genere, perché chi ancora usa le armature, se non i samurai e cose del genere? Certo, non l’aveva mai vista così, ma…

    Ma non sapeva che i samurai avessero quei poteri. Aveva letto che si basavano sulla forza interiore, sulla propria energia spirituale, e forse era questo… Sì, era questo, doveva esserlo, ma… Ma curavano gli altri? Era così forte il loro potere che curavano gli altri e aumentavano la loro velocità in modo terrificante? Certo, doveva essere così, doveva esserci una spiegazione razionale, perché Pentesilea non credeva alle favole, e non credeva che alla realtà. E quella era realtà, perché la vedeva coi propri occhi azzurri, e solo qualcuno di reale può trasportarti in braccio, no? Doveva esserlo, doveva assolutamente esserlo, anche se quell’uomo o quello che era aveva curato anche lei dalle sue ferite, e la stava trasportando via, lontano, tra i feriti.

    E allora cercò di alzarsi, per fare la conta delle vittime, regina delle Amazzoni qual era, concentrarsi sull’ora, sul momento, su quello di cui era sicura. Certo, avrebbe voluto correre da quell’uomo e chiedergli qualcosa, e cercò di guardarlo con i suoi grandi occhi azzurri che vedevano più di tutti gli altri. Lo guardò, ma tornò alle sue ragazze, per cercare di calmarle, di aver quantomeno la situazione sotto controllo.

    #3901
     Meeme 
    Partecipante

    PENTESILEA
    Le ragazze erano spaventate, avevano paura e sembravano vivere in un incubo perenne causato dall’oppio. L’uomo in armatura nera si accorse dello sguardo di Pentesilea forse incuriosito dalla maschera, seguì i suoi movimenti e poi le rivolse parola. “Sedetevi, Mademoiselle… rischiate uno svenimento a causa dello shock subito.” Il suo francese anche era strano, ma parlava in modo cortese. Fece un cenno alla giovane infermiera e le consegnò degli strani cubetti.
    “Distribuiteli alle ragazze più deboli faranno tornare loro le energie più in fretta rispetto al vostro cibo.” La ragazza annuì e fece quanto detto. “Mi chiamo Amélie Moreau e sono un’infermiera.” Si presentò con timidezza, porse una parte di quel cubetto anche a Pentesilea e sembrava una cosa strana da mangiare. Le ragazze iniziavano a stare meglio e si stavano riprendendo, l’uomo in armatura fece cenno all’infermiera di allontanarsi perché ormai avevano fatto il possibile. Le giovani erano così sconvolte che non si stavano rendendo conto di nulla. L’uomo in armatura nera e la giovane infermiera ai loro occhi apparivano come fantasmi lontani e le loro menti preferivano dimenticare ogni cosa..

    “La situazione è sotto controllo. Demolisher e Fury si sono occupate del resto dei feriti e Shadow è tornata all’ovile.” Disse l’uomo all’infermiera e lei sospirò anche se c’era preoccupazione nel suo sguardo. “Io non capisco come possa essere successo.” mormorò triste.
    “Ha usato quelle ragazze come bombe viventi. Ha piazzato l’esplosivo nei loro corpi e poi le ha mandate a morire. Voleva darci una lezione e mostrare il suo potere. Non succederà di nuovo.” Rispose con orgoglio e si tolse l’elmo.
    Pentesilea scoprì che non poteva essere un giapponese: aveva la pelle scura, capelli dreads, una cicatrice a lacrima sulla guancia e barba con pizzetto intrecciato; erano però gli occhi ad essere la cosa più esotica del suo aspetto: erano azzurri, brillanti e luminosi da sembrare artificiali.
    “Sposteremo il combattimento in una zona poco popolosa in modo da ridurre il numero delle vittime.” concluse l’uomo dagli occhi brillanti.

    #3902
     Rilwen 
    Partecipante

    Prese uno di quei cubetti dalle mani di Amelie, ringraziandola con lo sguardo e con un sorriso: non era una di quelle spocchiosissime cortigiane che si credono divinità. Perché lei si considerava una divinità, e le divinità che vengono ricordate sono quelle che hanno pietà sulle persone più basse, come l’infermerina. Era quindi gentile con i servitori, gentile con le domestiche, gentile con i cocchieri. Era per questo che veniva anche relativamente apprezzata da tutte queste categorie.

    Osservò quella cosa con lo sguardo curioso da ninfa dei tempi andati e lo mandò giù, rapidamente. Forse, di nuovo, una strana medicina giapponese. Sì, il sapore era dolciastro, e forse aveva sentito qualcosa del genere in qualche frutto esotico. Quindi, Giappone. Era davvero giapponese. In ogni caso, aveva ragione, si sedette per riprendersi meglio, e cercar di osservare meglio quello che succedeva.

    “Vi ringrazio molto, monsieur, del vostro operato. Siete stato veramente cortese.”, disse a quell’uomo in armatura nera, che, effettivamente, le aveva salvate. “Posso sdebitarmi con voi, monsieur? Anche solo aiutandovi qui?” Era una donna veramente pratica, amava il lusso sopra ogni cosa, ma sapeva mettersi a terra a terra, quando c’era bisogno.
    E si rivolse anche ad Amelie: “Se posso far qualcosa, mademoiselle, ditemelo, sarò lieta di farlo.”
    Voleva rendersi utile, e, soprattutto, vedeva che i due erano quasi limitati, allontanati dal resto. Non sapeva che cosa sarebbe successo, non sapeva cosa succedeva, ma sapeva che voleva far qualcosa di utile, perché lei non era una di quelle che piangevano. Davvero no. E sentì quei discorsi, e vide quel volto.

    D’accordo, forse non è giapponese…. O magari sì, e lei conosceva molto poco del Giappone, anche se non era proprio convinta di questa cosa. Aveva degli occhi incredibili, che quasi spiccavano sulla sua pelle scura, com’era scuro tutto di lui. Lo osservava con i grandi occhi azzurri sgranati, non per paura, ma per curiosità, una curiosità quasi infantile. E siccome, ogni tanto, era un po’ infantile a prescindere…
    “Scusatemi, monsieudame… Posso aiutare in qualche modo? Ho visto le ragazze venire qui, le ho viste agire, ho visto cos’è successo. E forse… forse posso aiutare?”
    Figuriamoci. Ma si poteva tentare.

    #3903
     Meeme 
    Partecipante

    PENTESILEA
    “Potreste sdebitarvi conducendo queste ragazze alle loro famiglie.” rispose l’uomo. “Molte di queste ragazze non hanno famiglia, Monsieur Vela. Sono delle prostitute.” gli spiegò l’infermiera, ma lo disse con innocenza senza alcun disprezzo. Sembrava una ragazza molto dolce e molto buona e mentre diceva quella parola arrossì. L’uomo sembrò sorpreso e Pentesilea si rese conto che non sapeva cosa fossero delle prostitute…
    “Mademoiselle Moreau, incaricate le ragazze meno agitate di condurre le altre in un rifugio che possa accudirle e sfamarle. Non possiamo fare altro per loro adesso.” disse allora pacato, Amélie annuì ed iniziò a dare istruzioni.

    Lui guardò poi Pentesilea con quegli occhi così strani.
    “Avete un nome ed una famiglia, mademoiselle?” le domandò. “Le ragazze non erano che strumenti… è un uomo che cerco e deve essersi infiltrato in questa città rubando la pelle di un altro.” le disse anche se quel discorso sembrava assurdo.
    Era sorpreso che non avesse paura di lui o che non lo disprezzasse a causa del colore della sua pelle. “Ha circuito quelle ragazze affinché gli obbedissero e poi le ha usate come arma. Qualsiasi informazione su colui che chiamiamo Gabriel Everton sarà gradita.”

    #3907
     Rilwen 
    Partecipante

    Stava per rispondere al fatto che quelle ragazze, se andava bene, erano state schiavizzate dai propri genitori, oppure i loro genitori li avevano vendute, ma l’infermiera rispose per lei. L’uomo si chiamava Vela. Un nome quasi italiano, e *difficilmente* giapponese.
    Al solo pensiero di lui che in realtà si chiamava “VeRa” e che non riuscisse a dirlo le venne da ridere, un pochino. Un solo, briciolo sorriso, ma comunque.
    “Monsieur Vela…” – con l’accento giusto, sulla E – “Quelle ragazze sono state prese proprio perché non avevano nessuno, perché erano state vendute per il piacere degli uomini. Non hanno famiglia, non hanno nessuno. E’ per questo che sono vittime ideali di chiunque: nessuno le piangerà. Nessuno ne sentirà la mancanza. Siamo solo prostitute, e vendiamo il corpo per ogni possibile centesimo.”

    Cinica? No, realistica, di nuovo. L’altro, non sapeva perché, non sapeva cos’erano le prostitute, forse era un po’ folle, forse un po’ spostato, chi lo sa.
    “Il mio nome è Pentesilea Marega. E so chi è il vostro uomo. Si spacciava da prete, un bellissimo uomo.
    Glielo descrisse nei minimi dettagli, lei grande osservatrice dell’umanità sotto quella maschera di ceramica e velluto.
    “Parlava di libertà, di trovare un mondo migliore… sono parole che chi ha perduto tutto desidera come un naufrago l’acqua. Non so se potete capire.”

    #3909
     Meeme 
    Partecipante

    PENTESILEA MAREGA
    L’uomo dagli occhi brillanti sembrò colpito dalla condizione di quelle ragazze e si fece pensieroso.
    “Da dove vengo io non esistono questi ‘preti’. Sono figure di comando nella vostra società?” domandò incuriosito.

    Qualcosa però lo preoccupava, aveva un’aria minacciosa e camminava con una postura fiera da cacciatore spietato.
    “Mademoiselle Moreau, raggiungete il resto della Squadra e mettetevi al sicuro…” la giovane infermiera annuì anche se sembrò sorpresa. “Non… verrete con noi?” L’uomo sfoderò una lama corta e ne strinse l’impugnatura con forza. “Devo prima raggiungere l’ospedale Saint Louis. È giù successo in passato, potrebbe accadere di nuovo ed io devo evitarlo. Demolisher capirà le mie ragioni.” Disse lui determinato ed Amélie sospirò. “Il punto di raccolta è l’Event Horizon, ci vedremo lì quando avrò finito.” continuò lui e la ragazza sembrò accettare la situazione tornando ad occuparsi delle ferite prima di allontanarsi.

    L’uomo indossò nuovamente l’elmo, ripose la lama e poi scaldò le articolazioni delle spalle per prepararsi a correre.
    “Mademoiselle Marega, se volete sdebitarvi indicatemi la via per raggiungere l’ospedale e poi trovate un posto sicuro dove nascondervi.” Le disse con gentilezza nonostante sembrasse pronto a combattere ed uccidere.

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