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  • #5911
     Rilwen 
    Partecipante

    Era vivo. Era vivo e stava aspettando lei. Questo riuscì a pensare, ignorando bellamente Alliria e tutto ciò che le era capitato. Una persona ferita era piuttosto inutile, quindi era meglio così, qualunque cosa stesse per succedere. Non sapeva perché, ma non aveva mai creduto troppo alla storia dei Draghi, dI Onyxia e di Nefarian. Troppo concentrata sulla scienza che poteva avere dai libri, quelle che erano probabilmente leggende passavano in secondo piano.

    Certo, magari da nessuna parte c’era scritto che avrebbe dovuto confrontarle. Cercò quindi di ricordarsi il più possibile su Onyxia, ripercorrendo quanto più sapeva. Perché è vero che i draghi sono draghi, ma in qualche modo tutti si possono colpire. E forse i draghi non sanguinano? Sapeva che Onyxia era un drago nero, e probabilmente da qualche parte aveva letto le caratteristiche principali di quella specie di draghi, e una volta sapute le caratteristiche Si sarebbe potuto trovare qualcosa che li colpisse.

    E poii tutto tremò.

    E poi ci fu la voce.

    E poi ci fu la Sua presenza.

    Era ferito? Era sfinito? Cosa gli era successo? Guardò Gahain e annuì, seguendolo velocemente: aveva creato una nube violastra con cui avrebbe cercato di circondare il capo di qualunque cosa si fosse trovato davanti , una nube tossica che doveva, nelle sue idee, quantomeno stordire la creatura. Ma avrebbe aspettato a vedere che cosa li avrebbe veramente attesi.

    #5820
     Rilwen 
    Partecipante

    Sì, le importava poco di quello che stava succedendo. Forse in lontananza sentiva anche le grida, i Borbottii della creatura che parlava di sorelle, dei padroni. Forse li sentiva, tutti quei discorsi, ma era concentrata a far viaggiare i suoi occhi oltre alla pietra, oltre alle grida, oltre a quel momento. Gli occhi si muovevano, si infilavano attraverso le serrature, osservavano sotto le porte, non c’era nessun muro mi fermasse. Ma c’era l’elfo. L’elfo sembrava fluttuare nella stanza centrale, circondato di una strana luce rossa, qualcosa che lei non aveva visto prima di quel momento, qualcosa di spaventoso, di meraviglioso nello stesso tempo. La meraviglia del male. La banalità del bene. Forse era davvero diventata come Lui. Ma c’era qualcos’altro: sembrava che l’elfo avesse vocato una specie di vortice, un vortice pieno di magia, un vortice che avrebbe divorato forse anche tutto ciò che era magico.
    ”che cosa sapete dell’elfo? Chiese di improvviso tutti gli astanti. ”Vola? Quali sono le sue capacità?”
    Probabilmente nessuno avrebbe capito quello che stava dicendo, ma lei non importava.
    ”Risucchia tutta la mia magia, come se fossero biglie in un mare di sabbia.
    Si voltò verso la creatura prigioniera e le andò incontro fissando, fissando i suoi occhi verdi su di lei.
    ”Chi è il tuo padrone? Che cosa vuole da noi, che cosa vuole dalla mia magia? Che cosa vuole fare di tutto ciò che sta strappando al piano materiale? Si nutre delle nostre energia ? Parla, o farai la fine di una di quelle melme, schiacciato da ognuno di noi e pronto marcire là da dove nessuno ti salverà.”

    Sì. Stava diventando davvero come Lui.

    #5811
     Rilwen 
    Partecipante

    Aveva fatto sesso nella sua vita l’aveva fatto più e più volte, aveva fatto del sesso il suo mestiere, la sua missione, la sua stessa vita. Aveva fatto sesso con uomini di ogni età, di ogni condizione sociale, di ogni aspetto fisico .
    Ma non aveva mai fatto l’amore. Non aveva mai baciato come stava baciando lui. Non aveva mai preso tra le sue braccia qualcuno desiderando per una volta di essere felice, e non di essere ricca e famosa. Eppure era arrivato questo uomo da lontano, da un futuro che nemmeno potevo associare, era arrivato con la forza del tuono, con l’impeto del fulmine, con la presenza degli antichi dei. Il suo Achille. Achille le aveva strappato la maschera, l’aveva spogliata della sua corazza di velluto e di ceramica, Achille la stava desiderando. Ed era giusto così. Pentesilea non avrebbe ceduto, non avrebbe Temuto la morte. Avrebbe abbracciato Achille dagli occhi Che parlavano un’altra lingua e che raccontavano gli altri mondi e di altri spazi e di altri tempi. Pentesilea era viva nelle braccia di Achille. Pentesilea aveva avuto la vittoria che da sempre cercata, aveva avuto la vita. Nel futuro, quel futuro Che ormai sembrava passato, che ormai era presente, Pentesilea era viva e rideva tra le braccia di Achille, del suo Achille, mentre gli sfiorava il corpo con baci rovente, e non c’era nulla della cortigiana in quel momento: non c’era la libidine, non c’era la falsità, non c’è sesso . C’era amore, c’era verità, c’era speranza. Pentesilea osava sperare, mentre abbandonava le sue braccia e rideva tra le braccia di Marcos, rideva di felicità. Perché era vero, perché era libera, perché era quella che doveva essere da sempre.
    “Portami nel tuo regno. Fammi vedere il cielo.”

    #5799
     Rilwen 
    Partecipante

    Lui non c’era. Era l’unica cosa che riusciva a pensare in quell’istante. Lui non c’era. Era vero, la battagliaaveva avuto una pausa, c’erano feriti e forse avrebbe dovuto quantomeno provare a curarli. Ma lei non era una curatrice. Era soltanto una maga, che traeva i suoi poteri da colui che avrebbe dovuto disprezzare, e lui non c’era. Poteva anche provare a guardarsi intorno, poteva anche provare ad essere d’aiuto nei confronti degli altri ma era un’altra la verità. Per quanto la nebbia si stesse dissipando, per quanto ci fosse qualcosa che effettivamente era cambiato, lei era chiusa a cercare di capire come mai lui non le rispondesse. Dov’era andato? Perché quel dolore? Perché quella pena? Non avrebbe dovuto sentirlo, non avrebbe dovuto sentire nessuna pietà per colui che aveva ucciso il fratello, ma la verità era che senza di lui lei non si sentiva nulla. Si sentiva fuori… Si sentiva lontano. Forse non esisteva nessuna lei senza di lui. Sospirò, guardandosi intorno e cercando di concentrarsi maggiormente su quello che sta succedendo. Strinse le dita delle mani, e strinse forte, quasi a fare sanguinare. Ma lui non c’era.
    “La nebbia si è dissipata. Sta iniziando a dissiparsi.” La sua voce era molto lontana. La gente piangeva in tornasse la gente gridava, la gente provava a curare, la gente provava a sostenersi ma la verità era che a lei non importava. Forse stava davvero diventando come lui. Forse non c’era più ritorno. Forse la magia aveva fatto il suo dovere, aveva causato l’inizio della fine. Forse lei era tornata come tutti gli altri, come quelli che comandava, come quelli che dovevano obbedire . E non le importava. Provò a concentrare il suo potere magico, a mandare i suoi occhi demoniaci lontano, ad esplorare quello che era rimasto nel luogo, a cercare di inseguire la nebbia in qualche modo, come se cercasse di trovare una fine. Ho forse la sua fine. Cercò di esplorare la magia che è contenuto in quel nuovo, cercò di interrogarla. Cercò negli anfratti, nelle porte, le pietre. Seguivano nebbia, seguiva la magia forse. Perché doveva trovare lui. O almeno una risposta.

    #5741
     Rilwen 
    Partecipante

    Lasciò che fosse Astrid a parlare per lui, a spiegare chiaramente come funzionava la cosa, come ogni Corporazione aveva deciso più o meno apertamente di schierarsi. Lui non era fatto per la politica, e se ne accorgeva molto chiaramente. Non era quello il suo mondo, il suo mondo era fatto di sangue, di polvere, di buio.
    Buio per far trionfare la Luce, ma sempre buio rimaneva.
    Ne approfittò per guardare bene Wellesley e il Custode, come a cercar di capire bene che cosa passasse per le loro teste, che cosa pensassero, che cosa avessero in mente. Certo, il Custode dava un sacco di ordini e stava smuovendo un sacco di persone, ma Wellesley sembrava nello stesso tempo una trottola che andava di qua e di là e molto preoccupato.
    Luna non era la sua casa. Ma era la casa di sua sorella, e non voleva che qualcosa succedesse, che rendesse la vita a lei difficile.
    “Evitatelo, il bagno di sangue. A tutti i costi. Ne siete in grado. Dovete solo volerlo.”

    Uscì dalla stanza dopo aver salutato tutti quanti, in modo formale e appropriato ai ranghi vari ed eventuali, e sorrise, vedendo l’entusiasmo di Astrid. Era davvero… esuberante.
    “Beh. Visto che ho scioccato il maggiordomo con il mio outfit poco elegante e il sangue dovunque… potremmo prima andarci a cambiare e trovarci al ristorante. Scegli tu, ma offro io, e non si discute.”
    Cercò di prenderle la mano, per darle un lieve bacio, galante ma nello stesso tempo piuttosto ammiccante.

    #5716
     Rilwen 
    Partecipante

    Un gruppo senza un ordine ben preciso può essere devastante. In se stesso e anche fuori da se sesso. Non gli piaceva l’idea che questi Guardiani non avessero ben identificato una gerarchia, fatta eccezione per i soliti noti. Ma era qualcosa su cui Max non aveva e non avrebbe avuto modo né motivo di interferire. Forse la sua missione era finita lì, forse era tutto concluso, almeno su Luna.
    Certo, non con Astrid, per lo meno non era nelle sue intenzioni.
    E quando la vide ingozzarsi di cioccolatini rise debolmente:
    “Ehi, non ingozzarti, che poi domani sera non hai fame.”
    Oh, non aveva mica dimenticato, tutt’altro.

    E ora bisognava parlare con tutti. E con “tutti” intendeva Wellesley, certo. Ma anche Romanov. Giusto perché così era tutto molto più semplice. Sospirò, e scosse la testa, dopo averlo salutato in maniera militare.
    “L’idea comune di tutte le corporazioni è stata quella di evitare spargimenti di sangue. Si vuole arrivare ad un accordo, signori, e un accordo è l’unico modo in cui ci si distingue dagli Eretici. Trovate il modo di aiutare questi accordi, perché solo così la Fratellanza avrà veramente la meglio.”

    #5705
     Rilwen 
    Partecipante

    Eh, tutti quei libri. Appunto. Piangeva il cuore anche a lei, anche perché finalmente aveva trovato una biblioteca… e niente. Non poteva nemmeno gustarsela.
    Almeno l’avrebbe distratta dal fatto che non sentiva più la Sua voce.

    Ed era completamente persa. E vagamente incazzata. Per cui godette come una riccia quando la melma si prosciugò, e avrebbe volentieri continuato così, se non avessero dovuto andarsene, per ovvi motivi. Teneva stretta la Creatura che parlava un semi-quasi comune, lo faceva con la magia, ovviamente, mentre si trascinavano via, cercando di sfuggire anche alle melme.

    “… no, i libri…”

    Aveva fatto bene, Gahain, MA insomma… i libri non si bruciano. E’ sbagliato brucia…

    “Eh? Sì.”, rispose a Gahain mentre quasi si occupava di Alliria. A lei non è che fregasse poi più di tanto di lei,ma era un ostacolo e quindi…
    “Chi è il Padrone?”, si rivolse quindi alla creatura. “Posso fare molto più male di così, se non rispondi”.

    Era un po’ incazzata.

    #5704
     Rilwen 
    Partecipante

    Era difficile, ancora, credere a tutto quanto. Osservava impietrita e un po’ distante tutto quanto, anche una volta che Marcos entrò nell’Arca per curarsi, perché parte di lei non ci credeva.
    Non credeva che proprio a lei, la Cortigiana Mascherata, fosse concesso tutto quello.
    Non credeva di aver potuto vedere il mondo sotto un’altra faccia.
    Non credeva di aver toccato con mano qualcosa che nemmeno nei suoi più lontani sogni aveva una qualche possibilità di esistere.

    Doveva metabolizzare, e non era proprio evidente.

    Si cambiò, si sistemò, e fu mentre si guardava ad uno specchio, la maschera di nuovo sul viso, che Marcos le parlò.
    Si alzò, lo guardò negli occhi.
    “Ho un solo coraggio, Achille. Toglimi l’elmo e portami nella tua terra.”
    Non aveva nulla per cui lottare lì, in quel momento, in quel tempo, in quel luogo.
    “Sarò la tua regina delle Amazzoni. E tu sarai il mio Principe. Amore e guerra… forse l’umanità si può davvero riassumere in queste due parole.”
    E gli baciò le labbra con candore.
    Perché per lui poteva essere la Sposa Vergine.

    #5688
     Rilwen 
    Partecipante

    Rimaneva ad ascoltare Astrid con molta attenzione, perché voleva capire tutte le varie sfumature e perché di lei si fidava sufficientemente da considerare degne di attenzioni le sue opinioni. Annuì. Certo, il problema non si era ancora presentato, ma avrebbe potuto farlo, e sarebbe stato pericoloso, molto pericoloso.
    “Che cosa consigli per riuscire a tenere sotto controllo questa cosa? Non so come siano esattamente organizzati i Guardiani, c’è un consiglio, c’è un comando?”
    Sarà stato all’antica, ma qui c’era bisogno di cose serie, non di tanti idealisti messi lì un po’ per caso.
    “Non ho detto di non credere. Ho detto che non sono un idealista. Le cose sono diveerse.”
    A volte faceva fatica a ricordarsi l’origine del tutto, facea fatica a ricordarsi come tutto era iniziato.

    In quanto al proprio vestito, se ne preoccupò zero meno, e, anzi, sorrise al maggiordomo come se fosse stato fatto assolutamente apposta, e senza problemi alcuni. Certo. Come no. In realtà non ci aveva nemmeno pensato, ma questo lo sapeva solo lui.
    Fece però un cenno con la testa e un lieve inchino col corpo a Wellesley quando entrò, rimanendo sull’attenti e non azzardando un qualunque movimento che fosse a suo agio.
    “Le presento, appunto, la signorina MacMahon. Avrà presto il mio rapporto dettagliato, ma la situazione è questa. I Guardiani non sono parte dell’Oscura Simmetria, anzi. Sono stati, sotto la guida di Pryce, al fianco delle Corporazioni e della Fratellanza quando l’Oscura Simmetria si è mostrata. Questo certo non vuol dire che siano necessariamente dalla parte del bene o necessariamente dalla parte del male, ma una cosa è certa. Il quartiere si è sentito abbandonato dalle Corporazioni.”
    Parlava lentamente, fissando Wellesley e dando l’idea di essere completamente a proprio agio e tranquillo, nonsotante la situazione.
    “Non facciamo finire il tutto in un bagno di sangue. La popolazione non merita questo. Se si arrivasse a dei compromessi, se si riuscisse, con le altre Corporazioni, a chiarire bene i vari punti del loro manifesto… se si evitasse che altra gente morisse sarebbe la situazione ideale. No.”/, fece una pausa e alzò la mano. “Non posso garantire che sarà tutto rosa e fiori, e non posso garantire che Pryce sia la persona giusta. Ma ho sentito le loro ragioni. E ho visto la Fiamma cercare di distruggere quanto di buono si era stato fatto. Evitate bagni di sangue, è questa l’unica cosa importante.”
    Poi, se avesse voluto avere più specifiche, magari gliele avrebbe date, ma al momento gli premeva arrivare al punto.

    #5668
     Rilwen 
    Partecipante

    Tutto sarebbe andato molto bene, SE.
    Proprio, SE.
    Tipo le melme, che stavano raggiungendo lei e anche Alliria.
    Ma soprattutto lei, scusate l’egoismo.

    E quei libri… Sigh.

    Ma sentì le parole di Gahain, e annuì, andando verso Alliria per farle da scudo, mentre faceva sorgere una grande cupola di energia violastra, che li avrebbe dovuto proteggere, più o meno almeno, dalle melme.

    Certo, nel mentre cercava di capire se ci capiva qualcosa, se riusciva a comprendere che cosa fossero, con che cosa si potessero combattere… e pensò.
    Le melme erano composte parzialmente di acqua, almeno quelle normali, no?
    Cercò quindi di colpirle con un incantesimo che drenasse in qualche modo qualunque liquido da cui fossero composte. Certo, era un po’ un andare alla cieca, ma…

    #5667
     Rilwen 
    Partecipante

    Era vero, Marcos non era messo benissimo, ma era vivo. Era vivo, e Pentesilea si sentiva il cuore libero e felice e rilassato come raramente nella sua vita.

    Forse non era vero.

    Vi immaginate? Magari era tutto un sogno. Magari era tutto un grande spettacolo creato dalla sua mente per sfuggire dalla realtà.
    E dire che non l’aveva mai disprezzata, quella realtà, anzi, l’aveva abbracciata.
    Ma ora le cose erano diverse.
    Ora era tutto diverso.

    Forse.

    Lo vedeva, vedeva un mondo che lei ancora non conosceva, che forse non avrebbe dovuto e potuto conoscere, e si mise un po’ da parte: una cortigiana sa bene come farlo. Sa bene *quando* farlo. Una cortigiana sa esattamente dove essere e quando, non c’è errore.

    E forse quello non era il mondo in cui aveva il diritto di essere.

    Perciò sorrise e basta, e si mise, appunto, da parte, osservando tutto con sguardo un po’ assente.

    Forse non aveva diritto a nulla di quello.

    #5652
     Rilwen 
    Partecipante

    Sorrise, a quelle parole, annuendo. Era stata una giornata lunga, forse parte di lui era stanca, forse stava cercando di capirci qualcosa, qualcosa dentro di sé e fuori di sé anche, ma non era evidente. Insomma, una cosa è la giustizia, un’altra cosa è la legge. Cose diametralmente opposte, in certi casi.
    “Mi dovrai fare da guida, da quando sono a Luna non è che sia uscito poi tanto spesso.”
    Sperava *davvero* che tutto rimanesse fermo e non saltasse per aria. Sarebbe stato molto brutto il contrario.
    Ma rimaneva comunque ad ascoltarla, mentre si avvicinavano sempre di più a Wellesley, e annuiva, ogni tanto.
    “E’ che temo le teste calde, Astrid.”, confessò. “Temo che per ogni Miguel e ogni Astrid ci siano dei fanatici che distruggano tutto ciò di cui siete portatori, cose potenzialmente giuste, ma anche potenzialmente molto pericolose.”
    Parlava con calma, tranquillo, la voce piuttosto monotona.
    “A volte i capi possono essere le persone più giuste della terra, ma basta un manipolo di scriteriati a far crollare tutto. E’ questo ciò di cui ho paura. E’ questo il motivo per cui sono scettico. Mi dirai che tutte le rivoluzioni maggiori sono nate perché c’è stata gente che, a differenza di me, ha creduto.”
    Fece una pausa, e sorrise amaramente.
    “Forse il problema è che non sono abbastanza idealista, a differenza di te, e nessuno mi ha mai emozionato coi suoi discorsi.”
    Lui uccideva. Lui si nascondeva ed uccideva. E non aveva rimorsi, e non aveva rimpianti.
    “Ma va bene. Intercederò per evitare un bagno di sangue, questo te lo posso promettere.”
    Da qui a schierarsi pro c’era un abisso, ma, almeno, era qualcosa.

    #5624
     Rilwen 
    Partecipante

    Tutto quello era oltre le Corporazioni. Richard aveva ragione, mostrando la sua neutralità, perché la Fratellanza quello avrebbe dovuto fare. Certo, non gli piaceva che Astrid invece appoggiasse i Guardiani, ma c’era un po’ da aspettarselo. D’altra parte, lei era lì che aveva vissuto, lei era lì che aveva consumato l’ultimo periodo della sua vita.
    Ascoltò le parole di Pryce, quell’uomo continuava a non piacergli troppo, aveva il proverbiale senso del ragno che gli serpeggiava sulla schiena, e non gli piaceva avere questo proverbiale senso del ragno. Non gli piaceva perché c’era comunque una specie di disordine che gli veniva comunicato, e il disordine non era qualcosa che tollerava.
    “Devo avvisare, sì.”
    Fece una pausa.
    “Ma puoi convincermi a metterci più tempo del previsto. Spiegami, ti prego. Spiegami il tuo punto di vista. Voglio conoscerlo.”
    Parlava ad Astrid, mentre si allontanavamo. Si fidava di lei, ma voleva capire. Anzi, *quindi* voleva capire.
    “Dubito che avremo tempo adesso.”, sospirò con un sorriso un po’ lontano.
    “Ma domani a cena sei libera, vero?”
    Ovviamente si stava dirigendo da Wellesley, ma voleva capire, prima di tutto.

    #5614
     Rilwen 
    Partecipante

    Quella situazione l’agitava sempre di più. Doveva andarsene. Quelle du parole, Twisting Nether, la fece rabbrividire e non si era mai sentita così. Perché il rapporto che avevano era strano, improponibile, era insano e non avrebbe dovuto nemmeno cominciarlo. Eppure. Respirò molto più veloce, non poteva minimamente dirlo a Gahain, era troppo difficile da capire, era troppo lungo e probabilmente non avrebbe mai capito. Ma dovevano andarsi. Più il tempo passava, più il legame si faceva sottile. E lei non poteva tollerarlo. Lei doveva salvarlo.

    Aveva ucciso suo fratello, e sì, doveva salvarlo.

    Intorno a sé c’erano molti libri. Di alcuni non riusciva nemmeno a capire l’alfabeto o la lingua, ma sembrava di capire una cosa: c’erano degli esperimenti, esperimenti per creare altre creature, creature più mostruose, più inquietanti, più… innaturali.
    Allora cercò di creare una specie di forza che, violacea e nebbiosa, bloccasse le braccia della creatura e la sua bocca. Voleva renderla completamente inabile… e poi colpire in caso. O, quantomeno, capire.

    #5584
     Rilwen 
    Partecipante

    Obbediva, come forse non aveva mai obbedito in vita sua, alle parole di Demolisher e di Paladin. Faceva quello che doveva fare, colpiva i droidi che bisognava colpire, e ignorava soprattutto il dolore alla schiena causato dalle granate. Tutte quelle esplosioni non le facevano bene, si cominciava a sentire fluttuare, era stanca, ferita e senza più molte forze, ma doveva continuare a sparare e sparare e sparare. Non sapeva cosa fossero i droidi riparatori, ma dal nome probabilmente erano qualcosa che curava quelle macchine, e, sì, era abbastanza sensato che si dovessero colpire prima loro che qualunque altro… essere.
    E poi ci fu un’esplosione.
    Un’esplosione che coinvolgeva Everton, apparentemente, e che le fece battere forte il cuore.
    Perché non penso, e corse verso Marcos, per assicurarsi che stesse bene, che non avesse ferite gravi.
    “… è finita?”, gli sussurrò, ignorando che anche Coralie stava facendo la stessa domanda a Fury.
    “Siete stati così eroici…”
    Gli sorrise, e gli baciò lievemente le labbra.

    #5570
     Rilwen 
    Partecipante

    Lui era un uomo di spada e di pistola. La politica l’aveva sempre lasciata ad altri, e si era fatto nell’ombra perché la luce della Fratellanza brillasse. E ora aveva da decidere cose, e capire più politica di quanto non avesse fatto in tutti gli scorsi anni della sua vita.
    Lui, appunto, era l’ultimo degli ultimi, non aveva alcunissimo potere decisionale, e preferiva che così rimanesse. Così era più semplice, molto più semplice. Non necessariamente più nobile, ma uno che lavora nel buio e nell’ombra e nell’oscurità non è di luce che si adorna.
    “Come detto dalla Signorina, noi non siamo nessuno per decidere se appoggiare o meno la cosa.”
    Parlava dell’ex tenente, appunto.
    Le parole di Abel sembravano avere un senso, ma lui non lo conosceva minimamente, non sapeva nulla di lui, si erano a malapena visti durante lo scontro.
    “La cosa più importante è evitare appunti bagni di sangue.”
    Un po’ quello che dicevano tutti, insomma.
    “E riuscire ad essere più super partes possibile. I civili non hanno fatto nessun male a nessuno. E’ a loro che va il nostro pensiero, non alla politica, al momento. Non siamo i più adatti.”
    Anche se la questione dell’ospedale era qualcosa che aveva a cuore, lavorandoci sua sorella… ma non era il momento.
    “Andiamo velocemente. E facciamo presto.”
    Non aveva forse mai disperso della folla, ma pazienza.

    #5554
     Rilwen 
    Partecipante

    Se non altro era buffo. Sì, l’impressione era questa: che fosse *buffo*. Si sa, Daellen aveva uno strano senso dell’umorismo, che non stava né in cielo né in terra, ma quella creatura stava smadonnando esattamente come lei nei primi tempi, in mezzo ad una magia che non sempre funzionava come avrebbe voluto. Era il bello della magia, appunto, era la bellezza dell’imparare, dello sbagliare, del…

    Sobbalzò, però, mentre l’ampolla cadeva, e cercò di capire se quella cosa che ora girava intorno al calderone era qualcosa di conosciuto, di noto, o anche solo di comprensibile. Le sembrava parecchio strano che la creatura non li avesse notati, perciò mandò di nuovo i suoi occhi a cercare, appunto, qualcosa che potesse indicare loro di che cosa si trattava la sbobba che veniva preparata.

    Ma poi.

    *Dove sei? E’ la nebbia? Ho bisogno di te. Ti vengo a prendere.*
    Provava a parlarGli, ma era terrorizzata dal Suo terrore: in fondo era un demone, non era mica una fatica. E la cosa non andava bene.
    Guardò Gahain e gli fece cenno del “dopo”, ma era sicuramente una sensazione orrenda.

    Che cavolo.

    #5553
     Rilwen 
    Partecipante

    Non disse nulla, non gemette nemmeno quando sentì le granate colpirla, mentre il sangue colava sulla sua schiena. Provava dolore, tanto, nonostante la tuta: lei non era una donna di guerra, nonostante il nome, e il dolore era abituata a sentirlo, ma non si trattava di granate conficcate nella schiena. Proprio per niente. Ma non importava. Non importava perché era esattamente dove doveva e voleva essere, né più né meno. Con il suo Achille, il principe di un mondo distante nel tempo e nello spazio, un Achille che non l’avrebbe uccisa ma che l’avrebbe portata lontana, a Ftia popolata di cavalli.
    “Torna da me.”, gli sussurrò quando lui la prese in braccio e la portò, in mezzo al campo nemico, in una posizione dove potesse essere protetta.
    “Sono una donna molto possessiva. Non mi fare scherzi.”

    *Où thnèske.
    Non morire.

    Cercava in qualunque modo di dare “fuoco di copertura”, con qualunque cosa avesse alla mano, anche se la schiena le faceva male e sentiva il sangue scorrerle sulla pelle. Si girò velocemente, però, quando Coralie arrivò. Era viva. E non era sola. Le annuì, cercando la posizione più comoda perché le ferite alla schiena non le facessero male, e, nello stesso tempo, per non smettere di colpire il nemico, i droidi, con qualunque cosa ci fosse a disposizione, fossero anche state pietre.

    #5548
     Rilwen 
    Partecipante

    Quando la cupola andò in frantumi non esultò, non sorrise nemmeno: era occupato a cercare di fare sue le ombre, di mascherarsi, di non farsi vedere, silenzioso e letale come gli avevano sempre insegnato ad essere. Questo implicava che la maggior parte della gloria andasse ad altri, e che lui fosse destinato ad essere quello nascosto. E andava bene così.

    Non erano nascoste le sue armi, però, quelle che trapassarono più volte il Curatore, duro a morire come pochi, che dovette essere colpito da quattro colpi prima di esplodere. Fece un cenno a Seishin quando questo gli salvò la pelle, e cercò di mirare anche lui uno degli Eretici, possibilmente non lo stesso di Abel, per farlo fuori definitivamente: per assicurarsi questo, attirò la polvere che probabilmente riempiva tutto quanto e cercò di lanciargliela negli occhi, prima di sparare una scarica sul cuore. Doveva dare tempo a Leumann ora come ora.

    #5520
     Rilwen 
    Partecipante

    La scelta era fatta, e lei era tranquilla. Tutto andava bene, tutto sarebbe funzionato. Qualunque luogo, qualunque tempo, lei aveva trovato Achille, e Achille non l’avrebbe uccisa. Era giusto così, la maschera era stata calata e tutto sarebbe andato molto meglio.

    Certo, se non ci fossero stati spari, e un Everton a caso che compariva, spariva, droidi, la malora. Era nuova di quel mondo. Era nuova, e non lo conosceva abbastanza per capire come doveva agire, cosa doveva fare. Era nuova, ed era una donna, una donna che aveva fatto “la donna” tutta la sua vita, e quindi non era certamente ferrata nell’arte della guerra, nonostante il nome che portava.

    Ma certo non si aspettava quello che successe dopo.
    Liu che cadeva.
    William che faceva esplodere.
    Everton che parlava del Principe.

    Non se lo aspettava, minimamente. Ma sapeva dove doveva essere. Tra Marcos e chiunque o qualunque cosa volesse ferirlo. Lo abbracciò, per parare colpi o esplosioni, e mentre lo faceva lo guardò negli occhi.
    “Portami a Ftia dai bei cavalli, e fammi tua sposa.”
    E poi gli occhi li chiuse.

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